Inauguriamo questa rubrica con una haijin (scrittrice di haiku) italiana di spessore internazionale.

Maria Laura Valente è nata a Campobasso nel 1976. E’ stata annoverata tra i 100 compositori di haiku più creativi d’Europa (Haiku Euro Top) nel 2016, 2017, 2018. Nel 2018 pubblica la sua prima silloge haiku intitolata La carezza del vento (LunaNera Edizioni). Il suo percorso poetico continua nel 2019 con la pubblicazione di una nuova silloge di componimenti haiku chiamata Hatsuyume (La Ruota Edizioni) composta da 100 haiku tradotti in cinque lingue. Oltre ad essere membro di varie associazioni haiku internazionali (British Haiku Society e The World Haiku Association), i suoi componimenti appaiono regolarmente su riviste e rubriche di settore in vari Paesi, quali ad esempio: “Le Lumachine” in Italia, sui più importanti quotidiani nazionali giapponesi “The Mainichi” e “Asahi Haikuist Network”, in Austria sulla rivista “Chysanthemum”, in Gran Bretagna su “Blithe Spirit” e “Presence”, negli USA su “The Haiku Foundation”, “Otata”, “Modern haiku”; in Russia su “Ershiki” e “Utlika” e in Africa su “The Mamba”. Approfondisce lo studio della Joryū nikki bungaku (la letteratura diaristica delle dame di corte) di periodo Heian (794-1185) e pubblica alcuni saggi sul tema per il blog letterario Cinquesettecinque. Inoltre è stata giurato della sezione haiku del Premio Letterario Gustavo Pece negli anni 2017 e 2018 ed è Presidente di Giuria del Concorso Letterario di Poesia Haiku Giappone Svelato, patrocinato dall’Ambasciata del Giappone e sostenuto dalla giapponese World Haiku Association.

La freschezza e l’evocatività dei componimenti haiku della Valente costituiscono un chiaro timbro del suo stile poetico che l’hanno, giustamente, resa una haijin di respiro internazionale. Ciò che colpisce, al di là dell’aspetto formale e dei requisiti di carattere sostanziale e contenutistico dei suoi haiku, è che questa haijin incarna perfettamente, nei suoi componimenti, lo spirito del genere haiku. Per creare un buon haiku, infatti, non è solo sufficiente rispettare la forma e il metro costituito da tre versi di 5/7/5 sillabe rispettivamente, non è nemmeno sufficiente la presenza di un riferimento stagionale (kigo e/o kidai) ma è necessario calarsi completamente nell’essenza di questo genere poetico. In questo la Valente ci riesce magistralmente come, ad esempio, in questo componimento:

lampo notturno –
nel buio all’improvviso
i primi fiori

(Haiku tra meridiani e paralleli, Fusibilia Edizioni 2018)

Come avviene nella maggior parte degli haiku, anche in quest’ultimo appena citato la Valente ha giustapposto due immagini distinte all’interno dello stesso componimento (toriawase): l’immagine del lampo notturno al primo ku (kamigo); lo stacco, la cesura alla fine di esso (espresso in questo caso dal segno interpuntivo del trattino) che introduce la seconda immagine al secondo e terzo ku (shichinaka e shimogo). Questa tecnica compositiva di giustapporre due immagini è una caratteristica essenziale che ritroviamo in molti haiku, anche se non in tutti. Inoltre, tali immagini proposte possono, come in questo caso, armonizzarsi fra loro creando una toriawase del sottotipo della torhayasi o entrare in aperto contrasto, scontrandosi fra esse, dando così vita ad una toriawase conosciuta come “nibutsu shōgeki” come, ad esempio, avviene in quest’altro pregnante haiku della Valente:

notte d’inverno –
caldo e dolce il respiro
di mia figlia

(Hatsuyume, La Ruota Edizioni 2019)

E ancora l’autrice dà prova della propria padronanza delle tecniche di composizione degli haiku cimentandosi anche, in vari casi, con la modalità compositiva chiamata “ichibutsujitate”, tecnica ancora più difficile rispetto alla toriawase perché gli haiku, redatti secondo questa tecnica, presentano al lettore lo sviluppo di una sola immagine senza la presenza dello stacco (kire, 切れ) nel componimento haiku:

magnolia in fiore
riverberi di luce
tra foglia e foglia

(La carezza del vento, LunaNera Edizioni 2018)

C’è da dire, inoltre, che i componimenti della Valente sono caratterizzati da un’attenzione particolare rispetto ai canoni estetici tipici del genere haiku e, quindi, della letteratura giapponese. Fra l’altro il Maestro Shiki (1867-1902), uno dei quattro grandi Maestri di haiku classici, ribadì come l’arte deve essere governata da principi estetici e la letteratura, in quanto forma d’arte, non può esimersi da adottare tali principi: lo haiku, in quanto genere poetico, essendo parte della letteratura deve far propri questi principi.
Tra le tre coppie di valori estetici sui quali si basa l’arte giapponese, troviamo, ad esempio, il canone estetico del sabi (寂) ovvero la bellezza sobria e decisamente non artificiosa che è espressione del fascino solitario e melanconico di ciò che è esposto allo scorrere del tempo, con riferimento all’impermanenza delle cose del mondo e alla condizione umana. Contrapposto al sabi troviamo la hanayaka (華やか) che è invece la bellezza appariscente delle cose mondane. Un buono esempio del valore estetico del sabi ce lo fornisce la Valente in questo suo componimento caratterizzato da un registro linguistico sobrio che si estrinseca in immagine vivide e pulite:

panchine vuote –
un guscio di cicala
pieno di vento

(Hatsuyume, La Ruota Edizioni 2019)

Ma non solo, la haijin dà prova di padroneggiare anche i corollari estetici che nascono dalle tre coppie di opposti testé citati fra i quali il mono no aware (哀れ), il senso di profondità e mistero dello yūgen (幽玄), il fascino che irradiano i versi dello shiori (しをり), il wabi (侘) e il karumi (軽み). Proprio del karumi, ossia la delicatezza e la levità insita nelle cose del mondo, la Valente fornisce una magistrale interpretazione in questo raffinato ed elegante componimento:

orfanotrofio –
la carezza del vento
sulle ginestre

(La carezza del vento, LunaNera Edizioni 2018)

Stessa attenzione la Valente pone al suo repertorio espressivo-immaginifico soprattutto per quel che riguarda la scelta del riferimento stagionale (kigo/kidai) il quale, lungi da essere uno sterile simbolo stagionale, rappresenta la linfa vitale, l’epicentro e il fulcro di un componimento haiku al di là delle ragioni storiche che pure lo giustificano. Questo perché in poesia haiku ad ogni kigo è collegato uno specifico hon’i (“sentimento originale”) grazie al quale si supera l’immagine naturale espressa per arrivare alle emozioni che dipendono da tali immagini naturali evocate. Molto di rado, infatti, lo haijin esprime sentimenti ed emozioni in maniera diretta in uno haiku ma bensì esse sono veicolate dal kigo e dallo hon’i ad esso associato.

Esempio:

senza più forza
per chiedermi che vale –
la pioggia estiva

(Maria Laura Valente, inedito)

In questo haiku troviamo il kigo diretto al terzo ku (shimogo), il quale è perfettamente coerente con quanto espresso al primo e secondo ku: la pioggia estiva, infatti, di solito è calma, fine e languida. Qui lo hon’i di questo specifico kigo (la pioggia estiva) ha un attributo essenziale in sintonia con il sentire della haijin e con quanto espresso nei primi due versi.
Nella poetica della Valente possiamo osservare come la sua sostanza lirica ponga in essere suggestioni originali dove significante e significato coincidono, dove l’evento poetico in sé riveste un ruolo centrale, il quale si origina dal silenzio e nel silenzio ritorna in un moto di comprensione poetica circolare e semanticamente centripeto come in questo magnifico haiku della haijin:

luna crescente –
sto plasmando il futuro
nel mio grembo

(La carezza del vento, LunaNera Edizioni 2018)

In ultima analisi, lo stile lirico dalla Valente, quindi, mira a cogliere l’essenza di una impressione: dai suoi versi traspare la capacità, non comune, di calarsi interamente nell’atmosfera evocata attraverso immagini vivide e dinamiche. Così facendo la haijin fa cadere la barriera fra soggetto percipiente e oggetto percepito, immedesimandosi talmente tanto nella scena naturalistica da diventare egli stessa l’oggetto preso in esame. Si può affermare che lo haiku italiano trova nella Valente piena espressione in tutte le sue sfaccettature e, come dicevo all’inizio di questo articolo, l’Autrice ha avuto, ed ha, il grande merito di aver assorbito in pieno lo spirito di questo genere poetico sia nella forma che nei contenuti e sotto il punto di vista sostanziale: anche grazie ad haijin come la Valente, lo haiku italiano ha assunto un posto di rilievo nell’ambito della comunità poetica internazionale.

spengo le luci…
i passi nella neve
vengono? vanno?

(Maria Laura Valente, inedito)

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