Dalla prefazione di Alessandro Rivali

In poesia sono rari gli esordi giovanissimi e folgoranti, alla Rimbaud del Battello ebbro (scritto quando aveva 17 anni), per intenderci, o, venendo ai nostri giorni, alle Somiglianze di Milo De Angelis, pubblicato nel 1976 da Guanda quando l’autore era venticinquenne. La poesia richiede vocazione e illuminazione, certo, ma soprattutto tempo, dedizione e labor limae. Ed è quanto accade con A perdersi, splendida e toccante raccolta d’esordio di Lorenzo Rapisarda: un viaggio portato a termine dopo lunga gestazione che mette a fuoco i temi della grande poesia: l’amore, il dolore, la nostalgia di quell’Eden perduto che a brevi intermittenze riverbera nel nostro quotidiano. […]

Dalla nota di Daniele Mencarelli 

La poesia è la terra in cui nasce. In questo caso. Vulcanica. Isolana e insieme materna. Lorenzo Rapisarda canta un amore vecchio di millenni, attraverso una voce che accade qui e ora, presente. Ogni poeta, in fondo, spera di essere degno di una tradizione, e Lorenzo dimostra di esserne assolutamente consapevole. La prova è il suo verso, sempre teso, sempre sul punto di lacerarsi, nella voce dei tuoi occhi… nell’alfabeto dello sguardo, ma altrettanto in un’acuta osservazione degli anni che ci sono dati da vivere, con i piccoli, grandi, a volte terribili, avvenimenti: le Torri gemelle le vedo ancora… oppure… gli anni ottanta ridono papaveri, sui miei prati del già ieri. Ieri. Oggi. E la nostalgia di ogni altro tempo. Ha una singolare concentrazione di astri, sempre accesi negli occhi, chi poeta nasce senza chiederlo. Ed è questo che è capitato a Rapisarda. […]

da A perdersi (Giuliano Ladolfi Editore 2022)

Non accanirti,
vedi come si dimena il ricordo
che ritorna in scroscio di doccia
vedi come punge il sonno col suo
ritmo che ancora
non mi abbandona.

Ora lascia perdere la foschia
che veste i palazzi o le gocce
immolate
tra cielo e terra, lascia
che danzino oltre una preghiera
che mai si rassegna.

Non è lapide la parola fine.

*

Le tredici in punto, martedì. Cento
voci a rincorrersi
su piastrelle sorridenti,
spensieratezza di anni
che non torneranno più.

Una palla, tre pozzanghere per chi
salta oltre, piccioni rubano resti
di un’allegria che ignorano ancora,
la maglia numero sette
della Juve, mentre attorno le foglie
danzano al vento l’ultimo momento
di gloria. Poi quei visetti lì, vivi
in mezzo al cortile tra smorfie
e sorrisi in punti interrogativi

un miracolo a ricordarti ancora
chi sei.

*

Metti un giorno qualsiasi. Sorrisi
in un paio di sneakers
vuote si spargono su una manciata
di sabbia
ed il mare bacia una lingua
di fiume mentre si inseguono i figli
sul bagnasciuga in cerca di conchiglie.

Noi a godere del sole tra fossili
arenati restiamo in ciò che ancora
ci appartiene.
Certo, si vive per ciò che si muore
ogni giorno.

E tu sorridi adesso a piedi nudi.

*

Spiaci o mari chi voi
a stamatina,
e iddu ca so paci
ti ciatia u so ciauru
ca ta riorda cu si,
di unni veni, e chi voi.

Chiedi al mare cosa desideri
questa mattina,
e lui con la sua pace
ti alita il suo profumo
che ti ricorda chi sei,
da dove vieni, e cosa desideri.

 

Lorenzo Rapisarda (Catania, 1982), lavora a Catania presso l’Istituto Francesco Ventorino ed è tra i soci fondatori dell’omonima fondazione. I suoi interessi riguardano la poesia italiana del Novecento e in particolare Cesare Pavese. Collabora con il Centro di Poesia Contemporanea di Catania, con cui organizza laboratori, incontri e letture. A perdersi è la sua raccolta d’esordio.

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