Dalla quarta di copertina

Questa seconda antologia di Affluenti (30 autori) prosegue il percorso nato dalla necessità di dare voce alla Firenze poetica di oggi, specchio di una realtà sociale e culturale sempre più cosmopolita. Caratteristica di questa raccolta è infatti la presenza di poeti e poete legati/e alla città di Firenze (e dintorni) per motivi di studio, lavoro, migrazione ed esistenza, ma nati/e in contesti diversi da quello del capoluogo toscano. Le loro vicende e le loro poetiche si incontrano – e spesso si mischiano – da un lato con la storia di Firenze stessa e dall’altro con le più interessanti voci del vivaio locale attuale. Pubblicare questo libro significa credere che un contesto come quello fiorentino abbia bisogno di aprirsi, tanto a poetiche locali non riconducibili al mainstream, più o meno controculturale, quanto ai fondamentali apporti che gli possono arrivare dal potenziale umano “di acquisizione”.

Dall’introduzione di Marco Incardona

A più di tre anni dalla prima, e aggiungerei “fortunata”, uscita dell’antologia di nuova poesia fiorentina Affluenti, chi scrive e l’altro curatore dell’Antologia, Edoardo Olmi, hanno sentito il bisogno di continuare questo percorso di crescita pubblicando una nuova antologia di Affluenti per così dire Atto II. Con nuovi poeti e nuove poetesse rispetto alla prima edizione, ma mantenendo la stessa logica aggregativa che aveva portato alla prima pubblicazione. […] Nel mio blog «Il tempo di Dioniso», scrivendo un articolo di presentazione della prima Antologia nel 2016, avevo avuto modo di scrivere, tra l’altro: «Questa vuole essere soprattutto la vostra antologia, aperta a tutti – tappa di un percorso, piuttosto che traguardo – coinvolgente e aggregativa, piuttosto che chiusa e limitata al già fatto del già detto. Questa Antologia di Affluenti vuole quindi costruire ponti di comunicazione, tracciare varchi di nuova socialità e vuole soprattutto farlo partendo dal basso, dalla vita di uomini e donne che vivono in questa città con tutte le sue contraddizioni. Circolarità tra vita e parola, tra emozione ed espressione poetica non sono solo la cifra di questa antologia, ma sono anche il varco profondo che questo progetto vuole donare alla città e al suo futuro culturale».
La scommessa principale che abbiamo voluto mettere in rilievo è proprio quella di partire “dialetticamente” da ciò che effettivamente la decantata globalizzazione ha prodotto come dato irreversibile, piuttosto che muovendo dalle griglie interpretative e dalle categorie culturali ormai passate e prodotte da un contesto storico-sociale superato. Alla costruzione identitaria cittadina basata sulla dialettica storico-culturale che ha costruito l’Italia come Nazione dei mille campanili, delle città gelose della propria storia, e delle proprie particolarità, abbiamo preferito la proposta della sociologa americana Saskia Sassen che legge la globalizzazione come un fenomeno capace di “destrutturare” in maniera irreversibile le logiche e le dinamiche dei “vecchi” stati nazionali e canalizzarsi piuttosto in vere e proprie città globali assolutamente mondiali e transnazionali, specializzate in ambiti economici e culturali di portata globale. Città, dunque, abitate da persone la cui logica è propria della globalizzazione. Scrivevo, sempre nello stesso articolo, «Se è vero certamente che la cultura italiana e fiorentina rischiano davvero di affievolirsi poco a poco e inesorabilmente nelle strettoie inarrestabili della globalizzazione e dell’omogeneizzazione del pensiero unico oggi imperanti, è anche vero il contrario, ovvero che proprio i figli della globalizzazione e di una Firenze multietnica, rappresenteranno non solo il futuro sociale della città, ma anche quello culturale. La loro complessità culturale non solo non distruggerà l’autentica singolarità di questa città, ma la rafforzerà aprendola a nuovi stimoli e a nuovi slanci». In questa ambivalenza ottica nella quale Firenze sembra uscire faticosamente dalla visione di se stessa come coda della propria gloriosa storia passata, e il fatto che proprio questa storia gloriosa la renda, quasi naturalmente, una città della globalizzazione, un luogo di attrazione “potenziale” per artisti e scrittori del mondo intero, si gioca, a mio avviso, l’espace littéraire – per dirla con le parole di Maurice Blanchot – nel quale provare a suscitare un gruppo poetico capace di criticare la globalizzazione a partire da quello che essa ha prodotto come dato irreversibile e non basandosi su categorie residuali. E soprattutto individuare le potenzialità “globali” che la Firenze liberata dalle sue mura può finalmente produrre. Avere chiaro questo compito significa accettare l’inevitabile ibridazione di linguaggi e l’eterogeneità delle forme espressive di molti dei protagonisti del gruppo, mantenendo però fermo il tentativo di costituire uno spazio che si insinui e si incunei potentemente proprio nelle contraddizioni si sono appena finite di delineare. […]

da Affluenti Volume Secondo  di AA.VV. (Edizioni Ensemble 2020) a cura di Edoardo Olmi e Marco Incardona

nulla e sembra facile disfarsi
neri i chiodi, più neri dell’ieri.
nulla, tranne la morte, gesto del voluto
non futuro, l’unica vera bocca
che cuce
addobba, e a niente che corrisponda.
per questo vivo senza futuro,
per quel battito spento nel mare
– “mare del
cimitero dell’umanità”,
lontane le tuniche dell’Africa.
prendo in prestito
le parole, il foglio,
e i lunghi graffi del mattino.

[Mikica Pindžo]

*

(Firenze)

parcheggio e spengo i fari
sopra le case ristagna il solito
buio sporco non vedo gli uccelli
migratori tacciono l’orizzonte
per le troppe onde per i flash e fulmini
pubblicitari il platano dice: “esci
di giorno, non privare la pelle della
fotosintesi” e Dante era già lontano
quando scrisse del cadere e salire
delle stelle, qui all’angolo con via
Centostelle è nata Margherita Hack
e in collina dall’altra parte del fiume
studiavano da sempre gli astri senza
quegli intralci luminosi di oggi
noi siamo abituate al firmamento
disastrato, al nostro disastro interno
e lo neghiamo, speriamo
che si faccia cielo all’improvviso
e l’Arno è qui, vicino, e ci acquieta

[Barbara Pumhösel]

*

Florence and The Machine of my Mind

Ho le stesse pieghe
dei tuoi larghi colli
Il glauco negli occhi
dei tuoi strati di monti
L’antico impettito
dei tuoi vivi palazzi
la mente su in volo
coi tuoi colombacci
dal becco appuntito.
Ho la rabbia fugace
delle tue inondazioni
La calma assonnata
dei tuoi cieli di maggio
E siamo la stessa
vecchia città
che rinasce col sole
Da un ponte all’altro
Col bruciore di chi
Non tocca l’asfalto
E non sa tramontare.
Stesso tarlo io e te
nei turisti perduti
fra le tue strade,
fra i miei tessuti
neuronali. Ali
Siamo solo ali
Inquinate dall’uomo
la stessa persona
vestita dal tuono
Di un amore egocentrico.
Firenze
Tu sei cresciuta nei miei occhi
Io nelle tue confidenze
Di madre.

[Chiara Luna]

*

Vietato uso di cuscino
(da City)

in questa piazza cittadina
È TASSATIVAMENTE VIETATO
stare comodamente seduto
(a tal scopo abbiamo provveduto
a rimuovere con articolato rigore
ogni reperto di panchina provvista
di schienale in quanto potrebbe
dar adito ad una rilassata
promiscuità d’uso)

inoltre per ovviare all’eventuale
abuso di spazio pubblico
abbiamo con pare rigore bandito
ripari di ogni natura (tipo
tela o tettoia o peggio ancora
alberi di fusto alto o anche meno
nel caso aveste a pensare
ivi di trovare
un pur minimo angolo d’ombra)

siate pure avvisati
di prendere nota come
le suddette panchine
(di pietra, articolatamente)
sono distribuite ai margini
della piazza onde evitare
ove possibile eccessi
del sociale tipo conversazioni
tra individui in numero che superi
uno

[Brenda Porster]

*

Via del Ronco

Eine Seitenstraße der Via Romana,
Einbahnstraße
bei den Giardini Annalena,
dem Haus von Dallapiccola, brüchige Fassaden.
Stille.
Eine kleine Landschaft in der Stadt.
Manchmal komme ich,
um mich zuhause zu fühlen.
*
Una traversa di via Romana,
strada senza uscita,
vicino ai Giardini Annalena,
Casa Dallapiccola, affacci fatiscenti.
Silenzio.
Una piccola campagna in città.
Vengo a volte per sentirmi a casa.

[Eva Taylor]

 

Edoardo Olmi è nato a Firenze nel 1984. È curatore, assieme a Marco Incardona, della collana editoriale di Affluenti per Ensemble. Con la stessa casa editrice ha pubblicato Il porcospino in pegaso (2017) e R: exist-stance (2017, Premio Nabokov). Ha vinto numerosi premi e la sua poesia è stata tradotta in inglese e spagnolo. È stato inserito nel censimento dei poeti italiani tra i 20 e i 40 anni realizzato da “pordenonelegge.it”.

Marco Incardona nasce a Vittoria nel 1978 e vive a Firenze. È curatore, assieme a Edoardo Olmi, della collana editoriale di Affluenti per Ensemble. Con la stessa casa editrice ha pubblicato la raccolta poetica Nulla caduco (2017) e il romanzo Qualcosa era successo a Sant’Ambrogio (2019).

 

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