Poesia del nostro tempo presenta l’Archivio virtuale de L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie.

Alberto Masala, sardo, vive a Bologna. Poeta, da anni sperimenta in concerto con musicisti di varie provenienze, in contesto nazionale ed internazionale. Nella scrittura usa diverse lingue ed è importante la componente dell’oralità. Ha pubblicato in Italia, USA, Francia. È in molte raccolte, antologie e testi critici (Italia, Francia, Spagna, Germania, Ungheria, Russia, Albania, Bosnia, USA, Iraq). Ha tradotto Jack Kerouac, Judith Malina, Lawrence Ferlinghetti, Serge Pey, Peppinu Mereu. Ha diretto progetti d’arte in Europa (Berlino, Amsterdam, Salonicco, Bologna, Asuni…). Nel suo percorso anche performance, teatro, cinema, radio (su RAI Radio3, per Storyville, ha curato le serie su Tom Waits e Allen Ginsberg. Le sue più recenti pubblicazioni sono: Mediterranea, con le foto di Massimo Golfieri (Il Maestrale, Nuoro, 2000; Proveniamo da estremi (libro+CD) con Fabiola Ledda e Antonio Are (Erosha/ETL, Bologna, 2002); TALIBAN, i trentadue precetti per le donne (ETL, Bologna, 2001); Geometrie di libertà, con Luca Panzavolta e Antonio Barocci. (ZONA, Arezzo, 2004); Alfabeto di strade (ed altre vite) (il Maestrale, Nuoro, 2009).

a la torramus a iscrier sa limba sarda?
La torramus a iscrier sa limba sarda
chin maigàntas peraulas noàles?
Barrìadu nos amus chentu males
chi sìccana sa zente che pilarda.
Su chi fit muntonalzu o’est nucleare
e-i s’alga cheret battijada iscòria,
cun sas bases nos an’ fattu s’istoria
de custa terra e finas de su mare.
Si primma su perigulu fit runza
como est tumore, com’est leucemía,
falat s’irrustragliada a chie si sìat…
Bessída nos el vona cust’incunza!
Non chilchedas a chie ch’ettare gulpa:
cust’est su jogu, chi siat feu o bellu.
Semus da-e sempre che pett’e masellu
ma non b’at pius ite nd‘ogare pulpa.
E crétas sa Sardigna iscalmentada?
Macché! “Sos males nos los mandat Deus…”
Mancari chi l’iscudan’ mal’e peus
parat sa barra pro s’istuturrada.
Sardigna pesa, ischída Sardigna,
move como, e ponebi s’afficcu
lassa sa cotilèsa a su burriccu
e mústra chi ses zente balu digna.

[su 6 de triulas de su 2009 – a istérridas]

Vogliamo riscriverla la lingua sarda/ con tante parole nuove?/ Ci siamo messi in spalla cento mali/ che disseccano la gente come si seccano i pomodori o la frutta. / Ciò che era immondezzaio oggi è nucleare/ e la spazzatura bisogna ribattezzarla scoria, / con le basi hanno scritto la storia/ di questa terra e perfino del mare. / Se prima il pericolo era rogna/ oggi è tumore, oggi è leucemia,/ la falce può scendere su chiunque …/ Abbiamo fatto proprio un bel
raccolto! / Non cercate su chi gettare colpe:/ è questo il gioco, sia brutto o bello./ Siamo da sempre carne da macello/ ma non c’è più polpa da cavare. / E crederesti che la Sardegna sia scottata?/ Macché! “I mali ce li manda Dio…”/ Anche se la bastoni malamente/ offre la guancia per il ceffone. / Sardegna sollevati, svegliati Sardegna,/ muoviti subito, e usa il cervello/ lascia l’ottusità all’asinello/ e mostra che sei un popolo che ha ancora dignità.
[6 luglio2009]

Questionario 
La preghiamo di indicarci i modelli di riferimento (italiani, della sua lingua, stranieri) della sua poesia, dove questi studi e letture l’hanno portata all’individuazione del suo stile.
Sono sardo di lingua Logudorese, che, insieme al ceppo Barbaricino è presente nella fascia centrale dell’isola. In Sardegna è considerata la lingua letteraria, quella in cui già si esprimevano, quando non usavano il castigliano, tutti i poeti ed i letterati fin dal ‘500. Posso parlare perfettamente due dialetti di questa lingua, quello di mia madre (Pattadese) e quello della cittadina dove sono cresciuto con notevoli differenze di pronuncia (Ozierese), e mimetizzarmi abbastanza agevolmente in quasi tutti gli altri. Inoltre, tranne il Tabarkino, capisco molto bene (ma pronuncio male) il resto delle lingue parlate in Sardegna: Turritano (che era la lingua di mio padre) e Gallurese, Campidanese nelle sue numerose varianti, Catalano. Al primo posto, dall’infanzia, metto la tradizione orale del canto poetico che è sempre stata presente e viva soprattutto se posta in parallelo alla mia classica formazione scolastica. In seguito l’incontro con i Beat. che, sorprendentemente per me, nel fare poesia presentavano alcune caratteristiche identiche, sebbene amplificate da un’utenza enorme, tematiche contemporanee, e una cultura che non mi era per nulla estranea: rendere conto al pubblico, rappresentare una gente, un popolo, una comunità, testimoniare… Non faccio paragoni insostenibili, ma l’attitudine è davvero identica: dal locale al globale. Le prime importanti suggestioni esterne mi sono venute dalla scrittura di William S. Burroughs. In quello stesso periodo in Italia avevo una forte frequentazione, data anche dalla conoscenza personale, della poesia ‘sperimentale’ di Corrado Costa, Franco Beltrametti, Adriano Spatola e tutto il clima internazionale legato a Fluxus, i Lettristi, i Situazionisti… la cosiddetta “avanguardia” del tempo… Intanto avevo un rapporto quasi quotidiano con Patrizia Vicinelli. A 33 anni cominciai a frequentare di persona i Beat e Gregory Corso venne a stare per un po’ a casa mia. Ho raccontato molto di questo periodo nell’articolo scritto per la sua morte e nella nota alla mia traduzione degli inediti di Jack Kerouac. Tutto si è allargato in seguito, ma avevo ormai maturato uno stile, sebbene in evoluzione) grazie ai miei rapporti con poeti di tutto il mondo. Cito quelli con cui ho avuto uno scambio ed una collaborazione intensa e costante: Jack Hirschman (che ha tradotto due miei libri negli USA e sta lavorando al terzo), Serge Pey (francese), Lance Henson (cheyenne), Hawad (tuareg), Izet Sarajlic (bosniaco) e molti altri meno presenti, ma importanti. Intanto lavoravo da sempre con performers ed artisti visivi (moltissime le collaborazioni con Fabiola Ledda) ed in concerto con innumerevoli musicisti, che sono stati altrettanto importanti per la formazione del mio stile. Fra tutti: Antonio Are, fondamentale per la tradizione sarda e la sua evoluzione contemporanea, su Cuncordu Bolothanesu (che interpreta ‘a tenore’ i miei testi). E Gianni Gebbia, Miriam Palma, Lullo Mosso, Riccardo Pittau, Gavino Murgia, Paolo Angeli (con cui ho inciso varie volte), Stranos Elementos (per il rap)… e tantissimi altri.
Ci sono differenze significative tra la sua produzione di poesia in “dialetto” o nella sua lingua, e quella in italiano (se presente)?
Quasi sempre il mio comporre in sardo è stato finalizzato al canto ed utilizzato per questo. Perciò, dovendomi adattare alle strutture, uso le metriche necessarie. In tutta la Sardegna abbiamo, mi pare, circa 270 modi di interpretare nel canto la poesia. Io ne posso utilizzare molto bene una decina e, se mi applico a tavolino, posso arrivare anche a 20. Ho sempre considerato molto utile sapersi calare nelle “gabbie” metriche e ritmiche mentre, allo stesso tempo, posso avere rapporti e frequentazione della poesia più “contemporanea”. Lo slancio è maggiore e non si resta intimiditi né affascinati dalla struttura formale: si lavora sul senso. Rispetto alla mia poesia devo aggiungere che la lingua italiana non è il mio veicolo portante. Nella scrittura tendo a mescolare diverse altre lingue in funzione etica, estetica, ritmica e comunicativa. Uso agevolmente il francese, l’inglese, il castigliano… Per esempio: ho una produzione ‘francese’ non secondaria che nei miei testi dialoga indifferentemente con l’italiano o il sardo.
Con quali poeti contemporanei (della sua area linguistica, italiani, stranieri) intrattiene un dibattito costruttivo? Con quali ha semplicemente condiviso un percorso di gruppo (blog, riviste, associazioni) o di scambio di opere letterarie? Quali poeti l’hanno colpita di più?
In Italia sono piuttosto solo, anche se ho scambi amichevoli e rapporti rispettosi con molti poeti. Ma non somiglio ai poeti italiani né per formazione, né per percorsi. Ho molte più coincidenze con alcuni poeti nel mondo e preferisco rapportarmi piuttosto con artisti in senso esteso.
Quale l’immaginario o le immagini più diffuse, nella sua opera dialettale o nella sua lingua? Ci sono differenze tra l’immaginario che usa nella sua lingua e quello delle sue opere in italiano o in prosa (se presenti)?
In sardo parlo in concreto delle questioni di oggi. Ma, essendo una lingua ricca di espressioni metaforiche, queste discendono facilmente anche nel mio linguaggio. In italiano? Dicono che io resti evidentemente sardo anche quando scrivo in italiano.
Quali teorie (estetiche, politiche, etiche, critiche, etc…) sono presenti all’interno della sua poetica? Il suo modo di lavorare a un’opera di poesia (il processo formativo che ha usato) è stato influenzato da queste teorie? Se sì, può descrivere anche le modificazioni della sua scrittura/operatività in poesia, nella sua lingua o “dialetto”, nel corso degli anni?
Qui il discorso si complica e non vorrei banalizzarlo: ho scritto un intero libro sulla questione, che sta per uscire ampliato in terza edizione. L’uso della poesia come strumento per coltivare e testimoniare tensioni di liberazione, bellezza, ecc… partendo dalla critica dei meccanismi di controllo sociale… troppo complesso parlarne qui. Forse posso dare un leggero indizio con la nota all’introduzione dell’ultima raccolta: “Senza zappa sui piedi: ho serena consapevolezza che la scrittura, almeno la mia, sia una propaggine, un sunto di esistenza… di esistenze, che velocemente sa distaccarsi dalle miserie del corpo che l’ha provocata. Non ne soffro: sono fermamente convinto che l’unica cosa buona sia quella che ancora non ho scritto. E cerco di conservare questa tensione che forse mi permetterà di continuare a cercare finché vivo. Non rinnego niente, ma sono già oltre da subito: la santificazione appartiene a coloro che fanno della poesia una forma di realizzazione o di rappresentazione. Io ne faccio necessità e strumento per praticare autonomia interiore, coltivarne la tensione, poterla testimoniare, e non essere punito per questo. Penso che le fasi della poesia siano quattro, e non abbiano necessariamente una corrispondenza anagrafica: l’infanzia, in cui ci entusiasmiamo ricopiandone i colori; l’adolescenza, in cui dobbiamo affermare l’essere siglando le nostre tags sull’anima; la maturità, in cui la forma ci incanta. La più pericolosa, quella che agita lo spettro della fama… e sappiamo bene che la fama è un cecchino che tira sul narciso, un terreno dove i più cadono e ne muoiono annoiandoci con la loro morte; e finalmente l’oltre, l’età della scrittura senza età, quella che non può parlare in nostro nome. È a questa che ci rivolgiamo, in questa possiamo celebrare la festa dell’alleggerimento dall’io, dove i poeti che ci hanno preceduti ci stanno già osservando.”
Il suo modo di scrivere nella sua lingua è rappresentativo del parlato della sua area di appartenenza (paese, città, provincia, regione)? Quali le differenze con il parlato?
È totalmente coincidente.
Ha introdotto altre lingue/linguaggi/codici/segni nella sua opera in dialetto o lingua?
Uso abitualmente il mistilinguismo.
Ha recuperato espressioni linguistiche arcaiche?
No, ma possiedo un lessico molto ricco ed esteso che può attingere alla lingua classica e colta.
In percentuale, quante persone pensa parlino in dialetto/lingua nella sua area di appartenenza (paese, città, provincia, regione)?
Non saprei. Probabilmente fra il 50% ed il 70%.
La sua regione presenta leggi di tutela del suo dialetto/lingua o supporta le pubblicazioni con qualche legge? E’ in grado di illustrare queste leggi (o dare i loro riferimenti)? Quale il dibattito culturale e politico a proposito?
Di seguito, dalla pagina del sito della Regione.
La Regione Autonoma della Sardegna ha approvato una legge cornice sulla cultura in Sardegna all’interno della quale è prevista anche la tutela della lingua sarda. Si tratta della legge 15 ottobre 1997, 26: “Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna”, Strumenti giuridici per la promozione della lingua sarda. Oggi per la tutela della lingua sarda si fa ricorso a una sorta di “combinato-disposto” tra la legge statale 482/99, che si occupa soprattutto di Pubblica Amministrazione, e la legge regionale 26, che si occupa in massima parte di progetti culturali. Progetti di istruzione scolastica. Si possono realizzare progetti sperimentali di istruzione scolastica in lingua sarda (o in altre lingue o dialetti o idiomi della Sardegna) sia attingendo alle possibilità della legge regionale 26/97, sia alla legge statale 482/99. Progetti sui mass media: l’articolo 14 della legge regionale 26/97 finanzia progetti di comunicazione sui mass media in lingua sarda. In particolare la Regione contribuisce finanziariamente alla produzione e alla diffusione di programmi radiofonici e televisivi. Progetti nella Pubblica Amministrazione: a partire dall’anno 2002 si è registrato nell’isola un fiorire del fenomeno dell’apertura dei cosiddetti Sportelli Linguistici che in sardo sono stati ribattezzati “Ufìtziu de sa Limba Sarda”. Progetti culturali: la legge regionale 26/97 si occupa soprattutto degli aspetti culturali della diffusione della cultura e della lingua sarda. In questo senso si è provveduto a intervenire in modo particolare a favore di enti locali, università, associazioni e anche singoli studiosi.
Capitolo a parte è la legislazione sulla “Limba sarda comuna”. Un’operazione che artificialmente cerca di proporre una koiné burocratica con la formulazione di uno standard linguistico. Ecco qui i riferimenti istituzionali:
La Regione adotta Sa limba sarda comuna: l’amministrazione regionale ha, dal 18 aprile 2006, una propria lingua sarda. Una varietà parlata nelle aree centrali, con aperture al logudorese e al campidanese, che sarà usata dalla Regione in alcuni suoi atti. Chiunque può scrivere all’amministrazione nella propria varietà.
La prima delibera regionale in lingua sarda: per la prima volta nella storia dell’Autonomia, la Regione ha adottato una delibera scritta in sardo (28 aprile 2006). Dando seguito all’approvazione delle norme di riferimento per una Limba Sarda Comuna, la giunta regionale ha reso pubblico il testo della prima deliberazione ufficiale scritta in sardo della storia dell’Autonomia.
Lo Statuto speciale e la Legge 26 in Limba Sarda Comuna: con la stessa delibera che il 18 aprile del 2006 aveva approvato le norme della Limba sarda comuna, il governo regionale aveva previsto la traduzione dello Statuto Speciale della Sardegna e della legge 26 del 1997 che regola il sostegno delle iniziative in lingua sarda.
Una ricerca sociolinguistica Il 5 maggio 2007: sono stati presentati a Paulilatino i risultati dell’indagine con dati, cifre e opinioni della popolazione sarda sulle questioni linguistiche che interessano l’isola.
Limba sarda comuna, una lingua realmente esistente: Sa Limba sarda comuna è naturale per il 92,8 per cento, è in posizione mediana rispetto a tutti i dialetti del sardo e può ancora essere migliorata per farla diventare la lingua ufficiale dei sardi.
La Legge Statutaria del 7 marzo 2007 ha una sua versione in lingua sarda. Il 7 marzo del 2007 il Consiglio regionale della Sardegna ha approvato a grande maggioranza la Legge Statutaria. Si è trattato di un momento solenne perché il Consiglio regionale ha ratificato la legge più importante che governa la politica della Regione.
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