Fotografia di Dino Ignani

 

 

Brown sugar – strade di polvere (poesie sull’eroina) è un libro di poesie di Antonio Veneziani uscito nel 1978. A quarant’anni di distanza la casa editrice Hacca ne propone una nuova edizione contenente oltre alle poesie anche la prefazione di Dario Bellezza all’edizione originale, alcune note di Nicola Lagioia e Renzo Paris e un’intervista di Gabriele Galloni. 

 

 

Questa notte, dopo mesi, ho sognato:
ero in una città sconosciuta, credo.
Una luna cruda invadeva la via,
mentre seguivo le tasche di un sogno.
La vena nuda respirava forte.
D’improvviso un fiato caldo
mi ha cinto spalle e petto.
All’alba affaticato come dopo
un delitto d’amore, mi sono toccato
lungamente il callo delle pere.
Mi sono alzato esausto. Il sole
travestito e sospettoso scantonava a nord.

 

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Ricordo la libertà
del mare e delle mani,
nella stanza impregnata
di istanti incandescenti.
Rammenta il nostro bacio,
servirà ad appiccare nuovi incendi;
si è sempre inesperti della vita,
e l’amore è un esilio,
ininterrotto,
caro amico.

 

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Scadeva oggi il mio contratto
con la sopportabilità del vivere.
Ma non è solo questa la ragione che mi
porterà in un angolo di nebbia,
dove giovanotti sciupati eseguono
baci intimi e, per pochi spiccioli,
elargiscono divini segreti. Nella tazzina
discuto con dio, senza soggezione alcuna,
non è un miraggio. Tanto ho perso
l’ultimo tram e non ho una lira,
tutto dissipato in roba farlocca.
Si smaglia la mia rabbia
e truffaldina sale brown.
In un pallido squarcio,
fra le stracche nubi, rinasce il mondo.

 

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Clandestino clown, tredicesimo invitato
guado la notte, inevitabilmente,
alla ricerca di calore,
meglio se a buon mercato.
A Roma o a Berlino, a Parigi o a New York,
ad Amsterdam o a Tangeri, leggo,
rabbino, i tempi della diffidenza.
E so che la vita
non si può arrotondare.
Ascolto indifferentemente
Syd Barrety o Bach
i Velvet Underground o Billie Holiday,
Chet Baker o i Pearl Jam
e mi rischiaro. Ma la vena nuda
resta screzio d’infanzia
per prendere presagi.
Affinato a cogliere mutati,
fievoli aliti freddi provo
a schedare cazzi, educazioni sentimentali,
palpebre forti che scolorano
al semplice contatto.
Nel risucchio del sangue
dentro la siringa
si suturano intanto
snaturandosi i palmi delle mani.
Il bianco dell’alba
fa smottare le ere
e l’esistenza rimbalza
come eco.

 

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Congedo

è appena giugno, ma il caldo
ha sciolto la maschera
di cera sulla scrivania.
Fra cumuli di polvere:
carte inutili, lettere senza indirizzo
una siringa sbucciata e una bustina,
stranamente intatta.
Le formiche in fila visitano
il biglietto dell’addio.
I giornali accatastati
raccontano le tragedie di ieri,
ormai annegate nell’oggi,
immobile e vitreo.
Da quando nessuno viene a trovarmi
sono costretto a ricordare.
Non c’è più nulla qui
che mi sia caro. Nulla
che mi trattenga ancora.
Al tramonto disperderò
la mia agenda. Andrò
ebreo ebbro e smarrito,
cantando un kaddish solitario,
alla ricerca di fonemi e nomi
cui appogiarmi.
Ritornerò per Sukkoth
a nuovo vino. Forse.

 

 

 

 

Antonio Veneziani (Piacenza 1952) è tra gli autori della cosiddetta “Scuola Romana di poesia”, che va da Pier Paolo Pasolini a Dario Bellezza, da Amelia Rosselli a Renzo Paris. Oltre che poeta, saggista, traduttore, Veneziani ha dato vita a svariate iniziative culturali. Tra i suoi libri ricordiamo: Brown Sugar, Fototessere del delirio urbano (Hacca, 2009), Cronista della solitudine (Hacca, 2007), Vespasiani (con foto di Riccardo Bergamini, Edizioni del Giano, 2003), D’amore e di libertà (con appunti coreografici di Maria Borgese, Diamond Editrice, 2011), I mignotti (con Riccardo Reim, Castelvecchi, 1997), La gaia vecchiaia (Coniglio, 2006). Per il cinema ha scritto Clodia Fragmenta (regia di Franco Bròcani), La philosophie dans le boudoir (regia di Tinto Brass) e il documentario Nessuno è perfetto! (regia di Fabiomassimo Lozzi).

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