Poesia del Nostro Tempo pubblica una breve nota di lettura e un testo lungo tratto dalla raccolta inedita Cantare del deserto, di Elvio Ceci. Il libro è risultato finalista nel concorso Luce a Sud Est – concorso di scrittura sociale promosso da Pietre Vive Editore in collaborazione con le associazioni Pietre Vive e Il Tre Ruote Ebbro.

Cantare del deserto è un libro importante, che colpisce per la sua dimensione antropologica e allo stesso tempo per l’impianto narrativo che ha lo scopo di denunciare, fare sapere, testimoniare… anche in forma di poesia. I versi raccontano in prima persona, con voce femminile, del viaggio terribilmente drammatico, faticoso e spaventoso che molte donne, bambini, uomini stanno compiendo in questi mesi, in questi anni dall’Africa Sub Sahariana per arrivare in Europa.
Il tema è dunque delicato, attualissimo e riguarda la trasformazione geo-storica e sociale di cui in modo approssimato e superficiale ci si rende conto, nonostante la sua urgenza. In questi versi è determinante il rapporto con la natura, in contrasto con la presenza dell’uomo quasi sempre causa di dolore.
Elvio Ceci mette in versi un decisivo dramma della contemporaneità, con un costante lavoro di ricerca, cesellatura, limatura, rima, assonanza, che costantemente emerge e impreziosisce l’opera. Cantare il deserto, a partire dal titolo già così evocativo, è un concentrato di sensazioni ed emozioni, che travolge il lettore e lo immerge in questo viaggio tristemente dantesco.
La scrittura di Elvio Ceci è poesia che si fa racconto denso di dolore, di strazio, di disumanità, ma anche di punti di luce, speranza, vita e rinascita: un’opera interessante, urgente e decisamente coraggiosa. Afferma in proposito il poeta: «L’opera che presento parla del viaggio di una donna dall’Africa sub-sahariana fin nelle mie terre. La migrazione per necessità, la diversità come ricchezza, l’integrazione e il garantire i diritti universali ad ogni uomo sono tematiche che sempre dovrebbero essere vive in una società. A maggior ragione in questo periodo in cui sono unite alla mancanza di un ragionamento serio sull’identità di una nazione, di un popolo, in relazione ai propri confini, alla propria geografia. In Italia si sta tentando quotidianamente di nascondere un dibattito serio su queste tematiche con un rumore acritico. Forse una narrazione potrebbe essere più incisiva.»

dalla sezione Arrivo

Conclusione

Seguo le pupille di questo ragazzo,
mi accarezzano le guance, sfiorano
delicati e voluttuosi ogni svolazzo
dei miei capelli e del collo; deflorano
i seni grandi,
diviene anche paonazzo.

Occhi desiderosi di baciarmi
e spogliarmi.
Mi sento viva.

Ho raccontato
tutto senza fermarmi
agli occhi suoi per una intervista.
È in cerca di vittoria.
Ha voluto parlarmi

per qualche premio: sono solo una goccia.
Solo per questo ci cercano. Lo vedo andare via.
Camminando di spalle, una chioccia
calpesta, scrocchiandola. Una frenesia
cresce in me,
fermo il ragazzo,
prima che mi nuoccia:

“Un tempo i migranti partivano
per bisogno di mangiare.
Mutava lo sfondo in cui s’inserivano
con la sua selvaggina da cacciare
e predatori da cui fuggivano.

Il clima essiccava territori
e le prede morivano di sete.
Vennero dall’Est gli antichi mori,
portaron la spada e presero la rete,
divenendo vitivinicoltori.

Crearono tutte le lingue europee,
vasi di porcellana e alfabeti,
giochi taurini e mosse cicisbee,
Stati democratici e ciliegeti,
astronavi e libere idee.

Un tempo si fuggiva dalla guerra
e dalla morte; un tempo ritmato
dallo scoppio dei fiori e della terra,
si cercava un posto di pacato lavoro,
tra un pascolo e una serra.

Si mettevano i bimbi sul carretto,
con abiti nuovi e oggetti utili.
Quelli con maggior carica d’affetto
li abbandoni come ozi inutili
sotto ciò che è stato il tuo tetto.

La speranza è ciò su cui appoggi
il dolore vivo dell’abbandono.
Stai attento a tutti i segni che sfoggi:
la tua identità non sembra un dono.
Ti riplasmi.
Una volta.
Come oggi.”

 

Elvio Ceci è nato a Roma nel 1987, ha vissuto a Terracina, ha frequentato l’Università a Bologna. Ha lavorato in centri di ricerca come il Glocal University Network e il Ce. A. S. – Centro Alti Studi per la lotta al terrorismo e alla violenza politica-. Lavora nei Balcani insegnando italiano, sociolinguistica e analizzando il linguaggio delle organizzazioni mafiose. È attivo nell’associazione Libero De Libero di Fondi, con cui organizza il premio Solstizio Opera prima, e nelle scuole. Oltra ed articoli scientifici sul linguaggio, ha pubblicato Pareidolia – vedere ciò che non c’è (Pietre Vive 2016) , raccolta di poesia e immagini realizzata con la pittrice Alessandra Romagna, e Officina della poesia (Pietre Vive 2018), piccolo studio sulla poesia insegnata a stranieri, scritto a quattro mani con Simona Salierno.

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