In questo scritto desidererei dare alcune indicazioni su come non si compone una poesia haiku, in altre parole è mia intenzione fornire una sorta di vademecum pratico che abbia come scopo quello di aiutare il lettore a evitare gli errori o le imprecisioni più comuni quando si prova a scrivere una poesia haiku. Questo articolo, quindi, si propone di dare dello haiku una sorta di approccio in negativo: ho notato che in rete e anche in molti siti dedicati alla poesia haiku si parla sempre di come si fa a scrivere uno haiku, quasi mai si dice, però, cos’è bene cercare di evitare o non si sottolinea abbastanza che cos’è opportuno non fare durante la sua stesura.

In questo articolo, dunque, prenderò prima in esame gli errori più comuni per quanto riguarda gli aspetti formali di una poesia haiku, cercando di fornire anche degli esempi appropriati. Successivamente passerò ad analizzare gli sbagli che con maggior frequenza si commettono negli aspetti contenutistici e lessicali di una poesia haiku: spero che questa breve guida su come non si scrive una poesia haiku possa essere d’aiuto soprattutto ai neofiti e a coloro che si sono avvicinati a questo genere poetico da poco tempo.

Partiamo dal metro: come sappiamo una poesia haiku in lingua italiana è costituita da 5/7/5 sillabe per ciascuno dei tre versi rispettivamente. Ebbene un errore che sovente si commette è quello di mischiare i due diversi tipi di conteggio sillabico entrambi possibili nel computo delle sillabe in uno haiku: mi riferisco al conteggio ortografico o quello metrico. Secondo le direttive dell’ex Associazione Italiana Haiku entrambi questi conteggi sono leciti, ma non bisognerebbe mai mischiarli fra loro: se si parte col conteggio metrico, ad esempio, bisogna continuare con questo e la stessa cosa vale per il conteggio ortografico. Mai mischiare, in uno stesso componimento, conteggio ortografico e metrico: quindi lo haijin è chiamato a scegliere o l’uno o l’altro.

Altro errore che spesso si ritrova è quello di inserire il «piccolo kigo» o «il kigo misuralis» ossia rispettivamente un momento preciso della giornata o un luogo concreto al posto del kigo (termine stagionale) o del kidai (tema stagionale) in uno haiku. Il piccolo kigo e il kigo misuralis non hanno nessun presupposto storico o ragion di essere per lo haiku classico. C’è, inoltre, una categoria a parte di haiku, chiamati «muki», i quali non presentano il riferimento stagionale o il tema stagionale (kigo e kidai) e sarebbe un errore scrivere solo haiku privi di kigo perché, come sappiamo, il riferimento stagionale costituisce il fulcro e il cuore di una poesia haiku. Questo perché emozioni e sentimenti dello haijin vengono mediati e filtrati proprio dall’uso del kigo / kidai: non inserirli sistematicamente porterebbe a un’amputazione di quel sentire tipico del genere poetico dello haiku.

Comunque la cosa peggiore che si possa fare quando ci si avvicina a questo genere letterario è quella di dare tre immagini distinte nei tre versi: ogni verso, cioè, presenta una immagine a sé stante, come questo esempio da non seguire:

notte di luna
cicale rumorose
prato di stelle

Fare una cosa del genere significherebbe, il più delle volte, pregiudicare la scorrevolezza dello scritto. Questa modalità compositiva è una tecnica particolare molto avanzata e non tutti i poeti di haiku la utilizzano se non in casi rari. Un altro errore formale è quello di non costruire una buona e ben congeniata giustapposizione d’immagini (toriawase): in altre parole bisognerebbe, nella maggior parte dei casi, collegare / giustapporre due immagini distinte in qualche modo fra esse (toriawase), come in questo esempio:

usignolo di fiume:
sui petali di pruno pulisce
le zampe infangate

(Kobayashi Issa)

Per giustapporre correttamente le due immagini è di primaria importanza sapere dove e come posizionare lo stacco (kireji), come possiamo notare dall’esempio testé citato esso va inserito al cambio d’immagine o al primo ku (verso, momento poetico) o al secondo ku o, caso più raro e particolare, all’interno di uno dei tre versi (chukangire). Lo stacco non deve essere presente dove non c’è toriawase, dove si sviluppa una sola immagine in un componimento haiku (tecnica meno frequente dell’ichibutsujitate).

Per ciò che concerne gli aspetti contenutistici bisogna anzitutto dire che bisogna prediligere immagini concrete a immagini astratte: immagini concrete che siano ambientate e calate nel qui-e-ora perché il tempo con il quale lo haiku si esprime è il tempo presente. È preferibile evitare di voler spiegare tutto e, quindi, di non lasciar spazio al non-detto: questo è un altro errore frequente nella stesura di uno haiku. Bisogna privilegiare l’eloquenza del non-detto e il suggerire al lettore piuttosto che il mostrare esplicitamente; al tempo stesso non bisognerebbe banalizzare, ossia descrivere meramente una scena bensì occorrerebbe giustappore bene le immagini.

L’Io dovrebbe non essere in primo piano, si parla, a tal proposito, di annullamento dell’Io o destrutturazione dell’Io poetante in una poesia haiku: questo, però, non significa eliminare necessariamente ogni forma di richiamo alla persona dello haijin quanto, piuttosto, evitare che derive personalistiche possano deformare il significato dello haiku. Uno haiku non dovrebbe essere autoreferenziale perché, in caso contrario, si può privarlo di quella rivelazione universale che è sua prerogativa.

Tutte le considerazioni fin qui fatte portano, come diretta conseguenza, a delle scelte e ad accorgimenti grammaticali e lessicali che devono essere evitati: in primis l’identificazione soggettiva e l’utilizzo dei pronomi personali; l’uso troppo frequente di avverbi e aggettivi; l’adozione di un registro linguistico astratto e aulico e, infine, l’esagerazione nel repertorio espressivo-immaginifico.

Altro punto da chiarire è la differenza sussistente fra l’approccio così detto «shasei» e quello che prevede una mera descrizione in una poesia haiku: col termine shasei si vuole indicare una modalità compositiva particolare, proposta dal Maestro Shiki (1867-1902), che prevede il «ritrarre la vita» così come appare agli occhi del poeta di haiku. Un esempio di haiku che segue questo approccio compositivo può essere il seguente:

notte di luna:
sulla ferrovia volano
le oche selvatiche

(Masaoka Shiki)

Eppure esiste un’importante differenza fra uno haiku composto seguendo la modalità shasei e uno haiku che essenzialmente descrive una data situazione: il primo modo cristallizza un particolare significativo, una scena pregnante in maniera oggettiva quasi come se il poeta stesse dipingendo sul foglio un quadro, usando per colori le parole e per pennello la propria penna; il secondo modo è meramente descrittivo e riporta in modo asettico una scena usuale avulsa dallo spirito che caratterizza questo genere poetico.

Sappiamo, inoltre, che in uno haiku non troveremo mai un titolo per non indirizzare il lettore verso un’interpretazione propria dello haijin, così come non troveremo mai nessun impianto rimico affinché i suoni non distraggano dal significato del componimento e questo non perda di spontaneità e immediatezza. Similmente un dato componimento non inizierà con la lettera maiuscola né finirà con il punto perché una poesia haiku è e resterà un componimento aperto in cui «chiudere il cerchio» è compito del lettore.

Siamo quindi giunti alla fine di questo vademecum su come non si scrive una poesia haiku. Abbiamo analizzato gli errori più comuni e le imprecisioni che più spesso accadono, ma ci si potrebbe chiedere a questo punto: «Sì, ma come si compone allora un buon haiku?» Ebbene la risposta non è scritta in nessun libro! Ognuno deve trovare la propria via e il proprio metodo compositivo: è un cammino di crescita al contempo personale e artistico che ogni poeta di haiku si trova ad affrontare (la via del furyu). Certamente un buon haiku non può non essere intriso di quel particolare e caratteristico spirito che anima questo genere poetico; lo scrittore di haiku è chiamato a un continuo e costante miglioramento del proprio stile di scrittura (kaizen) che si riflette in un affinamento progressivo delle sue capacità. Come si compone allora un buon haiku? Iniziando a studiare i Maestri e a stare a stretto contatto con la Natura mi verrebbe, in primo luogo, da suggerire.

 

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