Esce nel 2016, per la casa Editrice L’arcolaio, Il tempo del consistere, una raccolta di prose, prose poetiche, frammenti e aforismi scritta da Gianfranco Fabbri. Un libro difficile da inquadrare, benché appartenga alla collana Prose è ricco di poesia, di musica, di ritmo, di immagini e visioni, di cinema e fotografia… il tutto filtrato da un dettato acuto e pungente.

Un libro rifinito con tocchi da cesellatore, che non lascia al caso la minima sfumatura, poiché  questo richiede il materiale prezioso di un vissuto, il tesoro della memoria che non si vuole in alcun modo lasciare scivolare via, sbiadire o perdere.

In queste pagine c’è qualcosa che va oltre la fragilità del tempo che scorre inesorabile. Qualcosa che si incardina su persone, luoghi situazioni… ciò su cui costruiamo le nostre convinzioni, le ragioni, la direzione della nostra permanenza terrena, e il senso del tutto. Qualcosa di consistente e incancellabile, seppure molto delicato e non semplice da afferrare e ancora più difficile da metter su pagina. Ma Gianfranco Fabbri ci prova, con estrema naturalezza e onestà, umana e intellettuale. Con gli interrogativi e le esclamazioni, le deduzioni e i dubbi che ogni accadimento del quotidiano ci pone, quando si vive cercando di dare spessore agli echi del passato, alle suggestioni del presente, con uno sguardo attento a ciò che è più caro.
Il tempo del consistere è una raccolta di riflessioni, considerazioni, pensieri e divagazioni nate sulla soglia di un secolo a cui l’autore è decisamente attaccato: tempo della sua nascita, giovinezza, di memorabili vicende familiari, affettive, culturali.

Gli scritti di questo libro risalgono agli ultimi quattro anni del Novecento – ci spiega in modo diligente Fabbri – ma ne abbracciano il suo dispiegarsi dagli anni Cinquanta al nuovo Millennio. Ci sono pagine che raccontano momenti ambientati in un tempo persino anteriore alla nascita dell’autore, esposti in frammenti ricercati e ricreati in un passato solo immaginato o ricostruito.

Del Novecento si tracciano percorsi fatti di musica, immagini cinematografiche, libri, personaggi, angeli. Tutto ciò su cui Gianfranco Fabbri ha riflettuto, dando la sua personale interpretazione e una lettura puntualmente imperniata sulla storia, sulla filosofia, sulla filologia di questo tempo. E qui si gioca la grande capacità del poeta, che sa fondere con fascino e sagacia la storia Universale con quella Personale.

Un piccolo zibaldone pulito e necessario, che diverse volte cita proprio Giacomo Leopardi, insieme ad altri grandissimi nel campo musicale, come Chopin, Stravinsky, Mozart… coloro che illuminano un secolo di cui si percepiscono solide le basi da cui si è sviluppato; ma nessuna certezza si avverte sul futuro.

Il tempo del consistere è un album in bianco e nero a cui è facile affezionarsi, perché molte generazioni qui si possono riconoscere, e altre possono sognare, sfogliando le pagine con affetto e familiarità. È un’opera delicata, a tratti incandescente su una fase di profonda trasformazione del nostro tempo storico. Ma nessuna pagina è resa pesante, anzi in quella prosa poetica che a tratti sconfina in poesia, emerge una natura ironica, autoironica, con qualche venatura tragica, sempre senza veli.
Un libro coraggioso e illuminante, in questa prima parte di nuovo Secolo e nuovo Millennio, in cui a volte ben poco – per chi si guarda indietro – sembra consistere.

 

da Echi del passato

Non uccidermi.
Vorrei vedere la fine del millennio.
Io, nato a ridosso di questa scadenza, non voglio privarmi del rinnovamento universale.
Credo di avere amato questo mio secolo. Molto amato. Penso all’attrice Paola Borboni, nata a Parma il Primo Gennaio 1900 e morta l’anno scorso, alla veneranda età di 96 anni. Ricordo di lei un fatto minimale, che pure è rappresentativo di questo mio amore per il ‘900.

*

da L’occulto sguardo del presente

Ascoltami.
Può darsi che io mi sia sbagliato, ma credo che tu viva.
Forse oltre gli oceani: forse in un altro pianeta.
Non penso a un caso mio di demenza, né penso all’ostinazione: vado piuttosto evocando il concetto di fratello integrale.
Puoi parlami via radio, oppure da un qualsiasi tormento di campane.
Io verrò verso la tua voce.
Per dirti cosa è difficile saperlo: ma verrò.

*

da Frammenti e Aforismi

La notte punge con la sua acutezza.
Sarà per difetto di luce, o forse per un’ascendenza luetica a contrarre infezioni. La notte, anche, andrebbe definita come prova di acume. Lo sanno i felini, che con i loro occhi colgono di essa angoli a noi sconosciuti. La notte è furba: è un buon commerciante di lucciole barattate col miele di fiori rinnovati. C’è sempre qualche tipo originale che dice possibile svitare di notte gli steli di questi fiori per riavvitarli poi in abitacoli lontani.

 

Gianfranco Fabbri è senese di nascita, ma romagnolo di adozione. Ha esordito nell’ambiente letterario nel 1980 con la raccolta di poesie intitolata I pantaloni del Po (Nuovo Ruolo), alla quale ha fatto seguito, nel 1989, I ragazzi del Settanta, silloge pubblicata da Campanotto di Udine. Per la stessa casa editrice sono usciti, rispettivamente nel 1993 e nel 2002, altre due raccolte poetiche: Davanzale di travertino e Album italiano. Nel 2006 esce Stato di vigilanza (Manni) e nel 2016 Il tempo del consistere (L’arcolaio). In prosa, nel 1995, ha dato alle stampe Jennifer. Segretario del Premio Aldo Spallicci, nel 2008 tenta l’esperienza dell’editoria e fonda la casa editrice L’arcolaio, di cui è ancora oggi direttore editoriale. Gestisce il blog “La costruzione del verso & altre cose”.

*La foto dell’autore è di Daniele Ferroni.

 

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