Dalla prefazione di Giovanna Rosadini Salom

La malattia ci precipita in una condizione paradossale: «In principio verbum non erat», recita un verso di Sandro Pecchiari in Giorno uno, sezione di apertura di una raccolta che si annuncia da subito come un diario di viaggio dentro una sofferta ospedalizzazione, protagonista la malattia del secolo. Che, se la lezione di Susan Sontag ci insegna a maneggiare fuor di metafora, come un evento naturale, si presta in ogni caso a riflessioni e considerazioni che hanno per soggetto il mero accadere, e il relativo sentirsi vivere, con sorpresa e spaesamento («tu quoque fili mi»), dentro la nuova realtà sopravvenuta.
[…]
Ecco dunque allora il ribaltamento della citazione biblica succitata operato dall’autore, a testimonianza, laddove “Deus erat verbum”, del percepirsi, nell’irrompere della malattia, in una condizione di abbandono, di privazione del sostegno divino («Lemà sabactàni»), ma non solo: della malattia come perdita di integrità, secondo quanto lascia intendere il titolo della raccolta. Desunt Nonnulla, “manca qualcosa”, ulteriormente alleggerito, nella sua ironica levità, dal sottotitolo: piccole omissioni.
[…]
Il pensiero degli amici e delle persone care, epitomi di caratteri umani universali, anima la solitudine del letto d’ospedale, insieme a squarci intermittenti della realtà circostante, fino al ritrovarsi del corpo nella consapevolezza del cambiamento intervenuto («salvo / svuotato // ora le mura si sperdono senza porte. / andranno chiamate con un altro nome.»), e al suo ricongiungimento col tempo: «ci sarà stato già un giorno così / in cui hai pensato / guarda! c’è già stato un giorno così / chissà quanto tempo fa, proprio eguale, eguale / con questo stesso viluppo d’aria, / la nitidezza dell’andare.»

 

da Desunt Nonnulla (Arcipelago Itaca 2020)

 

da mezzanotte niente acqua o cibo!
è un mantra scarnito di calmanti
tiranno se ci estingue nell’attesa
se offre la maternità tremenda
del cavallo di Troia eviscerato

pronto il palanchino di metallo
i flabelli di tachipirina
un buon passo liscio di eparina
le ciabatte offerte come offa
cinque dita di saluto intorpidite

andrà bene
che sia un buon lupo
che sia un bel viaggio
che stiamo in bocca
a un qualsiasi dio.

*

la verità è un lapsus che dispiega
[da dire nel secondo prima che si spezzi
la relazione forte tra gli oggetti
e le persone attorno]

la divisione tra il restare fermi
e osservare gli armadi e i letti –
sostegni imbelli al nostro andare

è una frazione prima che scompigli
e sganci i guinzagli che ci diamo
e sganci questo nostro sempre fare
dentro un luogo che si fa ricordi

spezzati e sciolti.

*

non c’è posto alcuno tra le spine
niente canto estremo nelle trafitture
siamo nello straniero di due corpi
senza trovarci né almeno perderci
padrefiglio disciolti dalle lontananze

tu sei l’allarme e l’espulsione
io la spinta del sangue in diacronia.

siamo solo custodi incompatibili

Sandro Pecchiari vive a Trieste. Ha pubblicato quattro raccolte per la casa Editrice Samuele Editore: Verdi Anni (2012), Le Svelte Radici (2013), L’Imperfezione del Diluvio – An Unrehearsed Flood (2015) e il lavoro antologico Scripta Non Manent (2018).
La raccolta Le Svelte Radici, con il titolo Despojando Raíces, è stata pubblicata anche dalla casa editrice colombiana Uniediciones (2019).
Desunt Nonnulla (Arcipelago Itaca 2020) è il suo ultimo libro.

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