Dalla prefazione di Enrico Marià

L’angelo/demone che dice che tutto è “un richiamo d’amore”. Un cammino, una corsa irreversibile di non fine mai anche nella sua fine. Elisa Longo parla la scrittura con il tatto degli occhi chiusi. Longo parla di amore. La sfida massima. Ciò che ci rende campo di battaglia, corpi felici, creature veramente compiute, esseri eternamente monchi. Tre sezioni per dare respiro a una raccolta armonica di coerenza e strappi.  Per un cammino dolce-impervio di vette concettuali ed espressive. La posta in gioco in ogni poesia è altissima, è vertigine consapevole della caduta e della vetta. È un guardarsi dentro come solo modo per vedere il reale fuori. Il sentire come animale guida a indicare, scavare, trovare, scoperchiare sentieri e strade. Una scrittura fisica e metafisica, carnale e spirituale di dolorose carneficine, di medicamenti e guarigioni. “L’amore solo o solitudini d’amore, l’amore presente ma che ferisce”. Da qui si parte, mollando gli ormeggi.  […]  Siamo dentro un viaggio iniziatico di espiatoria redenzione, di spasmi, sudore nel nome del sentimento dei sentimenti: “… Sono uscita per la sopravvivenza del branco, cerco il suo erede.” Dice il poeta che sa a cosa vuole andare incontro, cosciente che, chimera, possa non esistere. E questa nobiltà batte il tempo di ogni verso in uno scandirsi umano e artistico. Si va dal leggero quasi etereo al “prima di incontrarsi”; dall’illusione alle attese. Sino al “disvelamento”, al capire lo sbagliato e il continuo tentare, nonostante e grazie al “mi si è rotto il mare” che apre un nuovo tutto orizzontale e verticale. L’amore-frutto che ci matura guarendoci dall’invisibile […].”

Da Ho sbagliato tutto perché lo vedevo con i miei occhi (I Quaderni del Bardo Edizioni 2020)

La solitudine

La solitudine s’inventa le cose:
fa spuntare uomini invisibili,
mette battiti cardiaci,
costruisce i “noi” senza fondamenta;
può farti credere che un fiammifero spento
sia il fuoco,
può farti credere
che oggi sarà l’ultimo giorno
in cui ti sentirai sola.

*

Al di là della riga

Forse dovremmo parlare meno,
fare lunghe pause mute,
poi dirci solo parole piene.
Invece ci diamo sillabe secche,
spremute senz’aria.
Boccheggiamo a pelo d’acqua,
e la vita lì, stesa al sole,
a due passi da noi.
Rimaniamo al sicuro,
all’ombra, al di là della riga
che ci siamo tracciati.
Ci ascoltiamo per ore la voce.
E se per caso sfuggono,
dalla catasta di lettere,
lallazioni solide di significato:
«Scusa, non ho sentito, cosa hai detto?»
Le lasciamo cadere con un tonfo sordo nella sabbia,
al di là della riga.

*

Case popolari

Te lo sei mai chiesta
cosa ci torni a fare qui alle case popolari?
Guardi la luna.
Il biglietto per lo spettacolo ha lo stesso prezzo per tutti.
La prendi anche dai tuoi palazzi cinque stelle,
senza abbonamento, la luna.

Cosa ci torni a fare qui
nei sobborghi lavoratori?
A guardare i miei occhi assonnati,
la pelle bruciata di gelo,
le mani tagliate.

Cosa ci torni a fare qui?
Dove la malinconia sonnecchia sul divano
e l’apatia si è mangiata ogni passo deciso.
Una macchina su quattro mattoni
ha i vetri appannati:
è una spiaggia e fuoco sul mare.

Lasciami sdraiata qui
con le mani sporche di calce
e cemento mangiato dal sole.
Lasciami sdraiata qui
con gli operai che escono per il turno di notte.
Lasciami riposare nel nero afoso.
Anzi no, torna qui
e senza chiedere dammi un bacio.
Cosa ci vengo a fare io con te?

E i tuoi pensieri dimenticano i miei.
E il tuo tormento pacifica il mio.
E forse il cuore torna a battere in petto a entrambe.

*

Beati quelli che non si fanno
prendere dalla frenesia
degli acquisti, ma dalla frenesia
delle conquiste

«Cosa ti disturba? Dimmi.»
La malasorte aspirata con il vischio,
l’agonia nei passi?
Lì davanti alla vetrina tentenni:
«Un pacchetto rosso o blu?»

Il mio dono,
potessi fartelo,
sarebbe il coraggio di fuggire dal negozio,
cominciare una vita
senza strade e pali della luce,
crocifiggerti al bagliore del fuoco,
risorgere su una ferrata in salita,
per poi arrampicarti su di me,
senza rete di protezione,
e cercare di conquistarmi
senza pacchetto rosso o blu.

*

Poesia

Alla poesia non serve una chitarra,
è il suono di chi non ha parole.
Se le metterete il velo da sposa,
s’imbriglierà nella veste.
Buttate la poesia tra le gambe di una donna che passeggia,
ondeggia,
senza musica.
Spalanca tutte le bocche.
Parla tutte le lingue.

*

Può bastare così

Può bastare così
la vita,
se la vuoi depilata,
smussata,
senza buchi in cui inciampare.
Invece,
se osi avventurarti
oltre il ruvido dei bordi,
da quei pertugi scuri,
si aprono vuoti d’aria
fatti per rovesciarti lo stomaco,
appenderti per i piedi
o prenderti alla gola.
Sentirsi vivi
è spesso,
soffocare?

Elisa Longo nasce a Tradate (VA) il 14 maggio 1974 da genitori pugliesi. Si laurea in lingue e letterature straniere all’Università Cattolica di Milano. Scrittrice di racconti e poesie, partecipa alla prima lettura pubblica a novembre 2017. Il pubblico si incuriosisce e comincia a interessarsi alla sua poetica che sembra emergere dal nulla. A maggio 2018 vince il “No Lunch Poetry Slam” dell’edizione del Festival Internazionale di Poesia di Milano e comincia la sua collaborazione con alcuni poeti della scena milanese. Pubblica Buttate la poesia tra le gambe di una donna che passeggia, curata da Stefano Donno de I Quaderni del Bardo Edizioni, ad agosto 2018, in vendita in versione e-book. Pubblica, sempre con I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, Come se qualcuno vi vedesse nudi, una raccolta di cinque racconti per parlare di sentimenti, in e-book a ottobre dello stesso anno e in versione cartacea ad agosto 2019. Impegnata nel sociale per la parità di genere, collabora come volontaria con le “Case delle donne”. Performer, alterna la lettura delle sue poesie con stralci di prosa, di brani cantati, cucendo un dialogo tra le arti per arrivare a un significato altro.

Illustrazione di Alessandro Baronciani

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