Dalla Prefazione di Fabio Pusterla

Se si dovesse individuare qualche riferimento, nella ricca tradizione dialettale italiana del Novecento, forse si potrebbe pensare a una zona intermedia tra Virgilio Giotti e Biagio Marin, naturalmente dislocati da Trieste e da Grado al Veneto, tra i fiumi Livenza e Monticano, sulla sinistra del Piave. E certo, leggendo e rileggendo il libro di Franzin, ho ripensato al dubbio di un amico e maestro, esperto indiscusso di letteratura dialettale e dunque assolutamente privo di pregiudizi in materia, circa un certo tipo di poesia che dice in dialetto cose che avrebbe potuto benissimo dire in italiano, come per sfruttare una rendita di posizione. Bene, direi che un simile dubbio non ha ragion d’essere nel caso di Franzin, che come i suoi maestri del dialetto sfrutta ogni molecola per rappresentare un mondo, un suo irripetibile mondo.

da Erba e aria (Vydia editore 2021, collana Nereidi)*

I primi passi

(Ora che non possiamo più passeggiare
stiamo seduti in questa attesa)

Pier Luigi Bacchini

’Sten qua, ’lora, a ’spetàr,
a spetàr via i fòji dal caendàrio,
i fiòi un qua un là, da ciamàr
co’é sera, seràdhi drento
’sta paura che se infissa

su dai ’sta bona, no’ sten
sbarufàr, basta za questo…
sì lo so che sen come bestie
te un seràjio massa strent,
che se urta, se sgrafa, mostra i denti.

Bastaràe un giardìn, un fià
de verde, dó passi te l’erba,
pròpio come ’e bestie, i bissi,
pa’ sintirse ’ncora vivi.

Ma vien qua, séntete in banda,
dai, se ’spèta mèjio in dó…
dimme calcòssa, che zherte
paròe deventa fòjie, te ’o sa,
e calcùna parfìn fior. Féneseo

te ’sta stanza el giardìn che
ne manca, ciàpeme par man,
dopo podarén anca levàr su,
mòver i primi passi. Rinàsser.

 

I primi passi

Stiamo qui, allora, nell’attesa,
a spiccare i fogli dal calendario,
i figli uno qua uno là, da chiamare
quando è buio, chiusi dentro
questa paura che si infittisce

su dai, stai buona, non
bisticciamo, che basta già questo…
sì lo so che siamo come bestie
in un serraglio troppo stretto,
che si urtano, si graffiano, mostrano i denti.

Basterebbe un giardino, un po’
di verde, due passi sull’erba,
proprio come le bestie, gli insetti,
per sentirsi ancora vivi.

Ma vieni qua, siediti accanto,
dai, si aspetta meglio in due…
dimmi qualcosa, che certe
parole diventano foglie, lo sai,
e qualcuna persino fiore. Facciamocelo

in questa stanza il giardino che
ci manca, prendimi per mano,
poi potremo anche alzarci,
muovere i primi passi. Rinascere.

*

De ’sto siénzhio che ne ciama

I passa, da sói o al massimo
in dó, sot’e me finestre, zent
senza pì vose né fortuna,
bendàdhi ’a boca, stranieri
al tenpo, a testa bassa. Un
se ferma un istante, e no’l
spèta nient o nissùn, ’n’antro
va via sguèlto tel parchéjo,
el camìna cussì sol parché
no’ l’é pì bon de star fermo.

Figure che spie daa sponda
de un inferno cascà tea tèra,
come statuine de un presepio
senza cuna, senza speranza.

Còssa varàea drento ’e sporte
chea là? Quae proviste… E
cheàltro che el ruma drento
’e scassèe, in zherca de che?

I va, e i par spiriti, cussì falbi
tel caìvo. Vocài stuàdhe
dal covèrcio de ’sto siénzhio
che ne ciama, un aa volta.

 

Di questo silenzio che ci chiama

Passano, da soli o al massimo
in coppia, sotto alle mie finestre, gente
senza più voce né fortuna,
la bocca bendata, stranieri
al tempo, a capo chino. Uno
si ferma un attimo, e non
attende nulla o nessuno, un altro
se ne va svelto nel parcheggio,
cammina veloce solo perché
non ce la fa più a stare fermo.

Figure che spio dalla sponda
di un inferno caduto in terra,
come statuine di un presepe
privo di culla, di speranza.

Cosa porterà dentro le borse
quella lì? Quali provviste… E
quell’altro che si fruga dentro
le tasche, in cerca di cosa?

Vanno, e sembrano spettri, così eterei
nella nebbia. Voci spente
dal coperchio di questo silenzio
che ci chiama, uno alla volta.

*

Fate cura

Sintìr rinàsser ’a speranza,
tea colma de l’inverno,
tel pièn dea pandemia.

L’anima mia farse pì lidhièra
pa’ chel forse che par squasi
un sì, un sussùro a paràr via

el scuro, ’a paura. Paròea cèa
come àsoea de ciaro, sfesa
vèrta tea mura che ne sèra.

Sta qua, te ’sta ora serena,
drento ’sta pìcoea poesia.
Domàn, lo so, te me ’assarà

da nòvo sol, nudo, al vento,
ma incùo te me ’à ciamà,
dopo tant, massa siénzhio,

coa tó vose bassa, sì, cara,
ma s.cèta e pura. Ciàmame
ancora, co’ te pòl, fate cura.

 

Fatti cura

Sentire rinascere la speranza,
nel colmo dell’inverno,
nel pieno della pandemia.

L’anima mia farsi più lieve
per quel forse che pare quasi
un sì, un sussurro a portar via

il buio, la paura. Parolina
come asola di luce, fessura
aperta nel muro che ci chiude.

Stai qui, in quest’ora serena,
dentro questa piccola poesia.
Domani, lo so, mi lascerai

di nuovo solo, nudo, al vento,
ma oggi mi hai chiamato,
dopo tanto, troppo silenzio,

con la tua voce esile, sì, cara,
ma schietta e pura. Chiamami
ancora, se puoi, fatti cura.

 

Fabio Franzin è nato nel 1963 a Milano. Vive a Motta di Livenza, in provincia di Treviso. E’ redattore della rivista di civiltà poetiche «Smerilliana». Ha pubblicato le seguenti opere di poesia Il groviglio delle virgole (Stamperia dell’arancio 2005, Premio Sandro Penna), Pare (padre) (Helvetia 2006), Mus.cio e roe (Muschio e spine) (Le voci della luna 2007, Premio San Pellegrino, Premio Insula Romana e Premio Guido Gozzano), Fabrica (Atelier 2009, Premio Pascoli, Premio Baghetta), Rosario de siénzhi (Rosario di silenzi – Rožni venec iz tišine) (Postaja Topolove 2010, edizione trilingue con traduzione in sloveno di Marko Kravos), Siénzhio e orazhión (Silenzio e preghiera) (Edizioni Prioritarie 2010), Co’e man monche (Con le mani mozzate) (Le voci della luna 2011, Premio Achille Marazza), Canti dell’offesa (Il Vicolo 2011), Margini e rive (Città Nuova 2012), Bestie e stranbi (Di Felice, I poeti di Smerilliana 2013), Fabrica e altre poesie (Ladolfi editore 2013), Sesti/Gesti (Puntoacapo 2015), Corpo dea realtà/Corpo della realtà (Puntoacapo 2019, V Premio Internazionale Franco Fortini) e Erba e aria (Vydia editore 2017, Premio Thesaurus 2017, Premio Luciana Notari 2018; nuova edizione ampliata Vydia editore 2021, collana Nereidi).

*I testi presentati in questa anteprima sono stati di recente inseriti nella nuova edizione del volume

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