Fabiano Alborghetti esordisce nel 2004 con Verso Buda (LietoColle), «un piccolo grande viaggio verso il limitare del proprio immaginario, appena oltre il cerchio della città: verso Buda; toponimo che inevitabilmente evoca sconfinate distanze ma che in realtà richiama una collina e una casa nell’Oltrepò Pavese. È lo sguardo che lascia Milano, il suo frenetico pulsare, mentre tutto rallenta» (Sabastiano Aglieco, Fabiano Alborghetti: Verso Buda, in «poesia2punto0», poesia2punto0.com, 12 luglio 2011). I contrasti che emergono nella fuga da una città tentacolare verso una dimensione rurale avviano una riflessione sulla realtà del nostro tempo che Alborghetti avrebbe poi sviluppato fino a raggiungere i più recenti esiti con il romanzo in versi Maiser (Marcos y Marcos 2017).
La scelta dell’autore di evitare l’auto-narrazione intimistica, tipica di gran parte della poesia degli ultimi due decenni, tuttavia, passa innanzitutto per Registro dei fragili (Casagrande, 2009), nella cui prefazione Fabio Pusterla parla di osservazione diretta delle dinamiche tipiche dei non-luoghi e dei meccanismi telematici. In tali contesti si consumano le nevrosi dell’uomo contemporaneo, caratterizzate da drammi privati nei quali l’insoddisfazione, celata dietro una normale apparenza, trova spesso sfogo in atroci episodi di cronaca, spettacolarizzati dai media per essere offerti in pasto al giudizio e infine al disinteresse pubblico. Alborghetti non sceglie un punto di vista esterno, ma innesta i processi della sua lucida analisi all’interno dei personaggi, riproducendone turbamenti e frustrazioni mediante l’uso di un registro linguistico medio-informale articolato nel ritmo cadenzato di una sintassi elaborata.
L’attenzione di Alborghetti verso le tematiche sociali è comunque già evidente in L’opposta riva (LietoColle 2006), che il poeta ripropone in maniera più compiuta nella seconda edizione del 2013 intitolata L’opposta riva – dieci anni dopo (La Vita Felice), riveduta alla luce di tre anni trascorsi insieme a degli immigrati clandestini, ognuno con una storia di dolore da raccontare. Il ritmo incalzante, scandito da versi ancora complessi ma privi di retorica, riproduce la fatica di trovarsi ogni giorno di fronte agli stenti del vivere al limite, dove nuovamente si rivela la sostanza di una poesia che riesce a penetrare negli eventi quotidiani: dalle atrocità della guerra alle sofferte traversate del Mediterraneo, fino agli stenti di una costante lotta per la sopravvivenza – fatta di visti negati o temporanei, di sottomissione, sfruttamento e discriminazione – che testimonia la posizione di chi si trova perennemente intrappolato e costretto ad arrangiarsi per trovare onestamente una collocazione stabile. La volontà di rendersi in qualche modo visibili costringe gli emarginati a prendere coscienza di una condizione che lo scrittore sente di dover salvare dalla dimenticanza.
Questi lavori di Alborghetti comprendono una scrupolosa operazione di documentazione che non trascura la ricerca tecnica e stilistica: la versificazione, costruita sull’alternanza di parti implicite ed esplicite, consente al lettore di empatizzare entrando e uscendo dal testo. Inoltre l’utilizzo di moduli narrativi crea un intreccio di punti di vista, specchi di una storia da intendere necessariamente come collettiva e nella quale ognuno ha la possibilità di ritrovarsi confrontando in qualche modo la propria esperienza.

 

Da Verso Buda (LietoColle 2004)

Seduto sopra il livello del mare
di parecchie colline a raffiche di distanze:
all’occhio mai distrattamente l’assenza

di persone ma l’imperiosa pace che affermo
senza movimento. Non potrei cedere
alle comunioni di famiglie e quei riti da spiaggia

al rumore soprattutto e l’incoerenza che non lascia
illesi convivendo. Meglio solo all’alto fondo
che condomini in valigie

meglio lo spazio che tracima e sembra troppo.

 

Da Registro dei fragili (Casagrande 2009)

Canto 2

Occorre l’ordine al vestire, occorre la coerenza
per l’inganno. Così ripeteva mentre a mani lisce tutto il bordo
della giacca a risalire, i risvolti, la camicia intonsa attorno al collo

troppo stretta eppure esatta per l’immagine allo specchio.
Un ampio gesto, un ritocco anche ai capelli
già perfetti nell’assetto e tutto il resto: perfezione ripeteva

offrirsi certi come il volto di quell’uomo imparato alla tivù.
Sono meglio a ben vedere, anche più vero:
guardava gli occhi nel riflesso, l’adesione

dell’immagine per il verso che voleva…
Anche la pelle era esatta nel colore, con il tono preso a tempo
nel solarium dietro casa. Perfezione ripeteva

e si mostrava sulla porta alla moglie già vestita.
Mano a mano senza dire. Non dicevano mai nulla. Troppo spesso
non trovavano che dire. E non trovava altre cose a ben vedere:

una ragione per restare soprattutto…

 

Canto 38

Quando accadono quei fatti ecco, appare la tivù
a riprendere la casa
con davanti chi commenta, il microfono alle labbra

come fosse una preghiera, sussurrare concitato gli sviluppi della cosa
poi la ridda di interviste per sapere di quei fatti
e il passante va fermato che ci dica un suo qualcosa

nella gloria nazionale, apparire in tre minuti
per spiegare almeno un fatto anche quello più privato
un aneddoto preciso

e si intervista dentro casa, perché mostra tutto e meglio
perché innato è il paragone con l’interno familiare
e non importa come o dove, se per strada o sul cancello

perché conta l’atmosfera per capire meglio il fatto
e non importa quanto fitto un contatto in confidenza
ogni fatto è buon mangime da gettare nella zuffa

anche il sacro fatto palta, anche un niente riportato
ed ognuno che arguisce superando gli inquirenti
ed ognuno costruisce ciò che afferma la versione

e si trasmette lo speciale giusto all’ora della cena e ripetono
per sempre la domanda resa mantra: l’assassina
ha confessato? confrontando più risposte

gli elementi secondari non spiegati dal giornale…

 

Da L’opposta riva – dieci anni dopo (LietoColle 2006, La Vita Felice 2013)

Da una riva all’altra separa solo
la paura dell’inizio una mancanza di traccia:
cosa lascio indietro se vado, diceva

che memoria trovo?

*

Se frazioni e dividi per due mi trovi
diceva e non sapeva contare:
meta vive riposto oltremare, meta
e lasciato a se stesso, nel tuo mondo. Per resistere
entro ed esco e vado e torno diceva, ma e difficile
avere una consistenza che superi l’invisibile
o avere coraggio in questo mondo, senza disertare…

 

Fabiano Alborghetti (Milano, 1970), svizzero di lingua italiana, vive in Canton Ticino. Oltre a edizioni d’arte e plaquette, ha pubblicato le raccolte Verso Buda (LietoColle 2004), L’opposta riva (LietoColle 2006), Registro dei fragili (Casagrande 2009), L’opposta riva – dieci anni dopo (La Vita Felice 2013), la suite Supernova (L’arcolaio 2011) e il romanzo in versi Maiser (Marcos y Marcos 2017). Sue poesie sono state tradotte in più di dieci lingue. Si occupa di critica, traduzione e promozione culturale.

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