Parallela, la collana bilingue di poesia ideata e diretta da Irene Santori, in un clima di “erosione dei confini linguistici” possibile attraverso la parola poetica, pubblica per Aragno un’antologia del poeta cinese Yang Lian, In simmetria con la morte, nella traduzione di Claudia Pozzana e Federico Picerni.
L’opera, sin dalla generosa e feconda introduzione dell’autore, più simile a una dichiarazione di poetica che a un mero atto iniziatico del verso, sancisce un punto di partenza (la pietra, le macerie, i resti del Vecchio Palazzo d’Estate che fu dato alle fiamme da francesi e inglesi nel 1860), e un punto di arrivo, da intendere come un traguardo da cui poter ricominciare il cammino esistenziale: l’“impossibile” ontologico e sociale su cui svetta la poesia come colonna portante, sopravvissuta alla storia della distruzione e, forse, anche alla distruzione della storia, transitata per la Rivoluzione culturale della Cina verso la modernità. La poesia, dunque, incarna – o trasfigura – la corrispondenza tra bellezza e morte, quell’equilibrio precario necessario tra la luce della dignità umana e l’oscurità del disfattismo.

Il linguaggio si ricrea e si moltiplica nella distruzione, transita per i ruderi antropologici, si fa nuovo dominio immateriale e nuova dimora di un’individualità volta al plurale: “- sì, sì, io amo la mia lingua/i combattimenti millenari sono un’ardente poesia/le primavere infinite volte morte e rinate sono un’ardente poesia/che insieme alla mia nostalgia sollevano una marea immensa”.

Si assiste a una costante dicotomia tra natura integra e vitalistica e il relitto del tempo come usura del mondo (“- le fasce del neonato/sono un sole incompatibile con la tomba”).

L’allegoria e la metafora incalzano sull’immagine in uno scenario che sembra post-agonico, in cui il tempo si dilata e i fatti accaduti non si possono annullare in termini di effetti: la possibilità di esistenza ricomincia dal presupposto della catastrofe, se ne fortifica (ma su questo aspetto, le confessioni dell’io poetante si mostrano palinodiche) e si immerge nella ferita profonda da cui impara a dissetarsi.

Il poeta rivendica la sua ontologia, il suo ruolo antico e moderno, si fa paladino delle cose perdute che, attraverso la parola poetica, possono tornare in nuove forme e in nuove vite: “sono poeta/se voglio che la rosa sbocci, la rosa sboccerà”.

Le maschere, in un poemetto dedicato alle maschere stesse e ai coccodrilli, simulano il volto umano e, contemporaneamente, lo ignorano.

L’ideogramma acquisisce i connotati del volto, la traccia delle esperienze, il solco del passato in cui riecheggia la rovina del mondo terreno e di quello ultraterreno: forse è per questo che il verso si abbrevia, le parole si mostrano essenziali e avviene una minimizzazione del discorso che esalta il dramma del non detto: “questo ideogramma ha il tuo volto/finemente scolpito/migliaia di volte inespressivamente levigato//infine lacerato dall’oblio/steso sanguinante/senti vomitare gli dèi”.

La forza espressiva della poesia di Yang Lian appartiene sia alla totalità dei suoi testi, percepibile nella lettura complessiva, che alla singolarità di molte parti del testo, autonome: “anche il volto viene parlato”.
La storia dell’uomo, narrata in un dialogo con un interlocutore indistinto, si racconta attraverso le evoluzioni e le involuzioni del volto – topos ricorrente e ricorsivo – nel tempo, mutevole come un artificio o una caricatura. L’ultima maschera è l‘epitaffio in cui il volto si disperde e ci si può riconoscere in una stessa lingua.

Parti del corpo, dettagli fisici e condizioni biologiche partecipano di un immaginario fitto e simbolico che dipana le contraddizioni e il dramma della condizione esistenziale umana: “macchie di sangue fauci spalancate/postura minacciosa/resa”.

Si palesa il regime di causa ed effetto, principio cardine di alcune filosofie orientali, tra azioni umane e reazioni personali e sociali (cioè ambientali), che responsabilizza il comportamento del soggetto in un’ottica di esaltazione della volontà e delle scelte individuali: “il tuo sangue condivide il tuo piacere/quando stabilisci la morte altrui/ancora una volta uccidi te stesso”.

Il dettato grottesco e truculento si insedia in uno scenario epico pieno di slittamenti semantici e di figure retoriche cariche di plurimi significanti.

Ricorre la menzogna, nelle sue molteplici sfaccettature, come topos e, insieme, argomentazione, caratterizzazione della specie umana, impronta e suggestione.

Nella congerie travolgente di una poesia dalle forme per lo più lunghe, emergono cristalli epigrammatici altrettanto fulgenti che, pur perfettamente incastonati nei testi, mantengono una loro autonomia di significazione: “quando le parole rotolano giù i muti nascono”.

Un monologo rivolto alla madre raccoglie le implicazioni civiche, assieme a quelle intimistiche, in una poesia piena di visioni, illuminazioni, puntualizzazioni, intuizioni ed estensioni gnoseologiche ed etiche.

Non stupisce come la poesia sia perennemente presente, nella sua specifica nominazione, in quasi tutti i testi, come a voler sancire una forma nella forma: si definisce, così, un discorso sulla poesia attraverso il discorso sull’umanità: “nella poesia dell’assuefazione si trovano solo parole in arrivo/insinuandosi qui lui insegue con foga l’alveo di sé stesso”.

Il poeta flâneur che gira per il mondo può avere una veste civica, uno sguardo non solo da osservatore ma anche critico, che raffronta le realtà e le denuda, scoprendo la frammentazione del mondo anche attraverso la frammentazione del sé.

L’esilio è il tema che funge da sostrato gnoseologico dell’intera antologia. Si rinviene nella prefazione, nello spirito di ogni testo, nelle molte citazioni di poeti e artisti che hanno fatto dell’esilio la condizione della loro poetica, in nome di una lingua comune e accomunante (tra cui Celan, Adonis, Mandel’štam, Dante, Tranströmer).

La storia si innesta nella toponomastica, nelle citazioni, nelle immagini di fatti reali e di fatti romanzati, funge da tracciato silenzioso, da sottotraccia indelebile che affiora per fugaci e illuminanti visioni tra il surreale e l’onirico. Da questo impatto che riguarda diversi ambiti dello scibile, le ere storiche, i miti e le coincidenze temporali (che non sono mai casuali), riemerge la poesia come linfa dal sottosuolo, “in simmetria con la morte”: “una poesia attende finché i morti non tornano come in vita”.

La poesia, d’altronde, è quel fiore di loto (simbolo della bellezza che sopravvive al fango, e della contemporaneità di causa ed effetto) “ormeggiato nella molecola del sangue”.

Non a caso, l’opera si conclude con un intenso dialogo tra i due curatori, in cui si discute dei significanti e dei significati e si continua a dare nuova vita al linguaggio che permette la sopravvivenza delle società.

1. L’atto dello scrivere poesia appare come nascita, origine dell’uomo da sé stesso, da quell’ideogramma che è insieme segno, senso e immagine. Cosa vuol dire, oggi, fare poesia?
2. In uno spettro di società mondiali devastate da tensioni interne ed esterne di varia origine e che producono effetti diversi e disastrosi, che prospettive ha la poesia?
3. In una visuale memoriale e simbolica di distruzione e ricostruzione, come si differenziano e come interagiscono il panorama letterario occidentale e quello orientale, secondo la tua esperienza di viaggiatore?
4. Il concetto di madre, spesso declinato al plurale, è onnipresente e si dimostra plastico pur mantenendo un nucleo univoco, una ragione di unitarietà ontologica nella sua evidente polisemia. Cosa rappresenta la maternità, in relazione all’atto poietico?
5. Tra rivoluzioni culturali, afflizioni sanitarie e drammi sociali, cosa rappresenta l’“estremo gesto” di scegliere il maestro da parte del poeta?

 

(Trad. di Adriano Cataldo)

 

The act of writing poetry appears as birth, the origin of humankind from itself, from that ideogram which is at once sign, sense, and image. What does it mean, today, doing poetry?

YL: Long in short, I would like to say: STARTING FROM THE IMPOSSIBLE. The sentence was invented by me in 1990, after I won the Flaiano International Poetry Prize. Italy TV1 invited me to join a prize given ceremony of Italian young poets’ competition. It was a live show. The host lady was nice, she told me in advance: I am going to ask you a difficult question: What’s mean of Poetry to you? Wow! A question I can talk for days and years! But when I walked outside and thought about the way of how my life and poetry writings went through, suddenly, the sentence jumped into my mind like a lightning – yes, “The impossible” held/hold all difficult situations of life that I experienced, such as Cultural Revolution, Tiananmen Massacre in 1989, Exile after then and the so-called “Globalization era” that the world became even more selfish and cynical… Every step was not an end, because of the words of “Starting from” added a very strong energy to it. This sentence like a formula, shows the deepest way of human being to always survive. What time is not an “impossible” time? Yet when didn’t we “Starting” again and again? “The impossibilities” touch the darkness of our life, and the “Starting” seeks and finds the new light as our new origin endlessly. This formula works even more today, writing poetry means to discover the energy from both sides and make them joint together. After all, “The Depth” becomes the only standard to judge the quality of the writings. To me, “Depth” is also the real standard to judge the quality of Contemporary Chinese poetry. I would like to say, we have gained “a dictionary of Chinese thinking” based on our experiences in China, and based on it, we have developed “Chinese Thinking Poetry tradition” which quite different from “Chinese Lyric tradition” and now, brought it to meet “a dictionary of International thinking” in the world. The way of “Thinking Poetry” is far beyond Chinese Characters and universal. It allows us to do the exchanges crossing all languages. I do hope, Poetry will continue to play a powerful role in the difficult yet profound Chinese modern cultural transformation. And China will be a perfect example of this kind of cultural transformation internationally. We write poetry; thus, we are questioners and survivors.


L’atto dello scrivere poesia appare come nascita, origine dell’uomo da sé stesso, da quell’ideogramma che è insieme segno, senso e immagine. Cosa vuol dire, oggi, fare poesia?

In breve, vorrei dire: PARTIRE DALL’IMPOSSIBILE. Ho inventato questa frase nel 1990, dopo aver vinto il Premio Internazionale di Poesia Flaiano. Il canale italiano TV1 mi invitò a partecipare alla cerimonia di premiazione di un concorso per giovani poeti italiani. Era una trasmissione in diretta. La conduttrice fu gentile, mi disse in anticipo: “ti farò una domanda difficile: che cosa significa per te la Poesia?”. Wow! Una domanda di cui potrei dilungarmi per giorni e anni! Ma quando sono uscito e ho pensato al modo in cui è andata la mia vita, a come sono maturati i miei scritti poetici, all’improvviso, la frase è scoccata nella mia mente come un fulmine – sì, “l’impossibile” denota tutte le situazioni difficili che ho sperimentato nella vita, come la Rivoluzione Culturale, il Massacro di Tiananmen nel 1989, l’esilio da allora e la cosiddetta “era della globalizzazione”, in cui il mondo è diventato ancora più egoista e cinico…
Ogni passo non era mai una fine, perché le parole “A partire da” hanno aggiunto un’energia molto forte ad esso. Questa frase, come una formula, mostra il modo più profondo dell’essere umano di sopravvivere sempre. Quale tempo non è un tempo “impossibile”?
E, tuttavia, quand’è che non abbiamo “ricominciato” ancora e ancora? Le “impossibilità” toccano l’oscurità della nostra vita, e il “cominciare” cerca e trova nuova luce come una nuova origine per noi, all’infinito.
Questa formula vale ancora di più oggi: scrivere poesie significa suscitare l’energia da entrambe le estremità e unirle insieme. Dopo tutto, la “profondità” diventa l’unico metro per giudicare la qualità della scrittura. Per me, la “profondità” è anche il vero standard per giudicare la qualità della poesia cinese contemporanea.
Oserei dire che abbiamo acquisito un “dizionario del pensiero cinese”, fondato sulle nostre esperienze in Cina. Su questa base, abbiamo sviluppato “la tradizione della poesia pensante cinese”, che è molto diversa dalla “tradizione della lirica cinese” e, ora, l’abbiamo portata nel mondo, a incontrare “un dizionario del pensiero internazionale”.
Il metodo della “Poesia pensante” va ben oltre i caratteri cinesi ed è universale. Ci permette di fare scambi attraversando tutte le lingue. Sono fiducioso: la poesia continuerà a svolgere un ruolo importante nella difficile ma profonda trasformazione della Cina in senso moderno. E la Cina sarà un esempio perfetto di questo tipo di trasformazione culturale sul piano internazionale. Noi scriviamo poesie, siamo dunque interroganti e sopravvissuti.

In a spectrum of societies devastated by internal and external tensions of various origins and producing diverse and disastrous effects, what prospects does poetry have?

YL: We live in an extremely chaotic situation now. Who can imagine the bloodied war in Ukraine after the cold war ended up 33 years ago? Who does believe China made a U-turn back to its Cultural Revolution past after nearly 40 years of “Open and Reform”? Who knows that the Western world will realize suddenly itself been hijacked by Chinese dictatorship with their “man-made cheap labours”? Not only that, they want also to control Western political power through the economic interests… Who can tell us, what are the reasons of all these disasters? They came to us externally or internally. Our society has been destroyed by others or ourselves. Before any answer, we must raise our questions as deep as possible. I must look at the future from the past. I want to mention Qu Yuan, the very first individual name in the 2300 years of Chinese poetry history, and his great poem “Question to Heaven”, it built up with 170 questions continually but without any answer. It started like “said the beginning of Time, (but) who said that? Before the separation between the upper and lower worlds, (but) how could you prove?” The questions went on and on, all the way run through the myth, history, political reality and himself, question deepens question, after all, a universal image of Poet been created – “A Questioner”! Yes, to question s so much more important than the answers. Especially today, everyone feels clearly the huge and profound question in our life but couldn’t find any satisfied answer anywhere. The black or white simple ideology theory and slogans are far from enough to fill the hole of our mind. Nationalism and Religious extremes doing nothing but lead us moving to a self-ruined. The poetry and money visible and invisible are intertwined together. One question s deeper than any question: Have we any ability to ask the question? If not, what’s so-called “Human civilization” left to us then? Face to this challenge, Poetry becomes much more important because it never give the cheap answer only but be a questioner and go through the dark and complicate journey inside of our hearts with people. The way of rather complex writing of poetry is perfect to meet the difficult discovery of our mind. Poetry points out and represents the question-mark, and let us see, another else but the energy of been a questioner IS the light of the dark and long tunnel – today, everyone is sharing the journey of Qu Yuan, Virgilio and Dante!

In uno spettro di società mondiali devastate da tensioni interne ed esterne di varia origine e che producono effetti diversi e disastrosi, che prospettive ha la poesia?

Oggi viviamo in una situazione estremamente caotica. Chi poteva immaginare la sanguinosa guerra in Ucraina dopo che la guerra fredda è finita 33 anni fa? Chi poteva credere che la Cina compisse un’inversione di marcia per tornare al suo passato di Rivoluzione Culturale dopo quasi 40 anni di “Apertura e Riforma”? Chi può dire che il mondo occidentale non si renderà conto improvvisamente di essere stato dirottato dalla dittatura cinese con la sua “forza lavoro umana a basso costo”? Non solo, vogliono anche controllare il potere politico occidentale attraverso gli interessi economici…
Chi può dirci quali siano le ragioni di tutti questi disastri? Si sono abbattuti su di noi dall’esterno o si sono sviluppati dall’interno? La nostra società è stata distrutta da altri o da noi stessi? Prima di qualsiasi risposta, dobbiamo sollevare le nostre domande nel modo più profondo possibile. Devo guardare al futuro partendo dal passato. Voglio citare Qu Yuan, il primo nome di spicco nei 2300 anni di storia della poesia cinese, e il suo grande poema “Domanda al cielo”, costruito con una sequela di 170 domande, ma senza alcuna risposta. Cominciava così: “disse l’inizio del Tempo, (ma) chi lo disse? Prima della separazione tra il mondo infero e quello superno, (ma) come potresti dimostrarlo?”. Le domande continuavano e continuavano, passando per il mito, la storia, la realtà politica e lui stesso, ogni domanda diventava più profonda, dopo tutto, è stata creata un’immagine universale del poeta – “un interrogante”! Sì, domandare è molto più importante che avere risposte. Specialmente oggi, tutti percepiscono con chiarezza l’enorme e profonda domanda della nostra vita, ma non riescono a trovare una risposta soddisfacente da nessuna parte. Le semplici teorie, i semplici slogan dell’ideologia, bianchi o neri, sono ben lontani dal riempire il buco della nostra mente.
Il nazionalismo e gli estremismi religiosi non fanno altro che portarci verso l’autodistruzione. La poesia e il denaro, visibili e invisibili, sono intrecciati insieme. Una domanda è più profonda di ogni altra: abbiamo la capacità di porre la domanda? Altrimenti che cosa ci resta della cosiddetta “civiltà umana”? Di fronte a questa sfida, la poesia diventa ancora più importante, perché non dà mai una risposta a buon mercato, ma pone interrogativi e affronta il viaggio oscuro e complicato all’interno del nostro cuore assieme alle persone.
La scrittura piuttosto complessa della poesia è perfetta per rispondere alla difficile scoperta della nostra mente. La poesia indica e rappresenta il punto di domanda e, rendiamocene conto, nient’altro che l’energia di farsi “interrogante” è la luce nel buio del nostro lungo tunnel. Oggi, tutti condividono il viaggio di Qu Yuan, Virgilio e Dante!

 

(Le altre risposte saranno pubblicate nel prossimo articolo)

 

Una notte nel faro

è il buio ciò che cerchiamo    ma le finestre
sono tutte abbaglianti bestie feroci
la vista della neve apre la distanza fra occhio e occhio
l’uccello    dispone fosforescenze sulle pallide nudità
la pietra girando diventa l’angolo che si chiude a chiave
facendo sì che la nostra carne si chiuda a vicenda
è della notte che c’è bisogno    una notte
di un lembo di pelle    ascolta sotto la scogliera la tempesta mai abbastanza calma

profondità celeste mai abbastanza inesistente
le dita si muovono sul sonno    l’ago arrugginito della meridiana
non ha tempo    solo le donne toccano la propria follia
la torre gode più del nostro olfatto del tenue odore salino dei prigionieri
il dolore preferisce tutto ciò che è inguaribile
svelato dal buio in qualche luogo    noi
troviamo a più riprese reciproche profondità    ebbri
diventiamo quelli che non vogliono svegliarsi    più volte    procrastiniamo quest’alba

Perpendicolare alla carta

 

perpendicolare alla carta afferri
un filo di fumo del mattino    in cimitero un albero calmo
il cielo si risveglia nella camera da letto
le ragazze si oppongono    allo stelo collerico della luce
una noce diurna ha distrutto le prove della colpa del cervello
l’alcol delle quattro stagioni prolunga il mal di testa
stringi    la forchetta sulla tavola scintillante del mare
il mondo invia alla bocca gli occhi

una poesia mai terminata
perpendicolare alla carta    appena scritta da una lapide
viene portata via dalla corrente sul pavimento
il sangue    inchiodato a una scala dai piedi congelati
viene trasferito in file che si affollano per accaparrarsi marciumi
un altro mattino conservando la freddezza dell’orologio
si schianta perpendicolare alla strada    dice
questa non è l’ultima volta    tu non sei ancora caduto sulla carta

Yang Lian (Berna, 1955) poeta, prosatore, cofondatore e caporedattore di Survivors Poetry Magazine (Pechino, 1988). Ha pubblicato 14 raccolte poetiche, tra le quali YI, Where the Sea Stands Still, Concentric Circles, Note of a Blissful Ghost, Narrative Poem, Anniversary Snow, Venice Elegy e Origine. Sono comparse in traduzione italiana Dove si ferma il mare (2016), Elegia Veneziana (2019), Origine (2020). Candidato al Premio Nobel, le sue opere sono tradotte in più di 30 lingue.

Claudia Pozzana ha insegnato Lingua, letteratura e storia cinese all’Università di Bologna. Ha curato edizioni italiane di vari poeti cinesi contemporanei, tra cui Yang Lian, Dove si ferma il mare (2004, 2016); Bei Dao, Speranza fredda (2003) e (con A. Russo) Nuovi poeti cinesi (1996). Ha pubblicato La poesia pensante. Inchieste sulla poesia cinese contemporanea (2010, 2021).

Federico Picerni è dottore in letteratura cinese contemporanea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, in consorzio con l’Università di Heidelberg. Il suo progetto di ricerca riguarda la produzione letteraria degli operai migranti cinesi, focalizzandosi sul gruppo di scrittori di Picun, alla periferia di Pechino.

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