Dall’introduzione di Vittorio Bo

Se attraversiamo la vita alla ricerca di sicurezze che ci consolino e ci garantiscano la nostra “appartenenza” come singolare e unica, saremo sempre più fragili di fronte al mutare del mondo e del tempo. Siamo vivi e siamo ricchi se sappiamo cogliere nell’Altro la parte sempre mancante di noi stessi. I versi e i colori di Albertina e Stefano disegnano un percorso possibile, concreto, ispirato, di questa ricerca attraverso la creazione di un loro vocabolario. Prima di tutto, la Parola, come in alfabeto muto dove alla ricerca della trasparenza di significato si oppone l’incertezza, l’imperfezione, l’attesa che giunge al termine della raccolta in modo inequivocabile: La chiave è nella Parola. Perché la parola rappresenta la forza di opporsi ai muri, il disperato desiderio di conoscere, la volontà di essere con gli altri. E poi il Tempo, che è plastico, vario, contradditorio. Il tempo si raggruma, fa rumore, è misura e al tempo stesso è altro, fino a porsi al centro della nostra soggettività con la domanda finale sono io il mio tempo? che si confronta con le speculazioni della fisica contemporanea che ha spezzato il concetto di un tempo unico e misurabile. I Bambini sono gli unici soggetti umani che vivono questi versi, perché conoscono il vero, sono magri di rugiada, sono forse loro cui è dedicato il pensiero dell’essere come le nuvole, con la libertà di pensare di poter cambiare tutto: forma, luce, colore. Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine tra una nazione e l’altra, né la linea di divisione tra una fattoria e l’altra. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola. Così recitano alcuni versi di Kahlil Gibran, che si pone di fronte al mondo con gli stessi occhi innocenti e aperti di un bambino, che non pensa a barriere, confini, muri, ma che desidera invece appagare la propria curiosità attraverso la conoscenza del nuovo, del non conosciuto, del diverso. Il colore è nei vividi versi di Stefano e si esalta nel caleidoscopio delle illustrazioni di Albertina. Simbolica è la rappresentazione della finestra dentro la quale siamo prigionieri dei confini ma che oltre vede una pioggia di colori che ci congiunge con un’altra parte di noi. Le variazioni cromatiche scelte per rendere concrete le parole rappresentano un controcanto simbiotico nel descrivere le emozioni, il sogno, il dolore, la speranza, fino al vasto orizzonte verde che chiude la raccolta. Ci piace pensare che il sentiero di Stefano e Albertina ci porti in quel luogo dove non esistono più barriere, muri, rifiuti, ma libertà e mare aperto dell’anima.

 

Da Incerto confine (Edizioni disegnodiverso 2019), testi di Stefano Vitale e illustrazioni di Albertina Bollati

 

Chiudere i porti

Chiudere i porti e lasciar riposare
le nere coscienze marce di rabbia
merce di scambio di triste rancore
mentre grasse risate bruciano l’aria
nelle sudice piazze deragliate ragioni.

Chiudere i porti per non incontrare
l’orrore di occhi naufraghi in mare
di corpi salvati piagati dal sole
stremati da guerre monete sonanti
del nostro silenzio di barbari stolti.

Chiudere i porti alla fuga smarrita
sul mare-sepolcro di cenere e sangue
le ombre dei morti sono gelate
scure radici senza più storia
deserto di mani e orecchie mozzate.

Chiudere i porti del mare che un tempo
fu Nostro onda di luce
ora muro che cresce abisso di sale
specchio scheggiato dal pianto di pietre
posate sul fondo del cielo d’estate.

*

La paura della gioia

I.
Solo i bambini conoscono il vero
passaggio che porta oltre quel nero
ombra che trema nel bianco di luce
alba straniera d’una parola dolce
sulla punta della lingua danza
l’azzurro canto della cura.
Chi coglierà lo sguardo puro
senza pianto, inganno o ricompensa?

II.
Fili d’erba nuova
al vento incerto della primavera
aspettano i bambini
che la pioggia sia cosa buona
che la luce non confonda
l’odore del dolore
con la voglia di fuggire
oltre il rischio della resa
senza più temere
la paura della gioia.

*

Alfabeto muto

Cerchiamo la parola esatta, àncora
che viene dal bene
che ci afferri come un destino.

Cerchiamo la parola esatta, luce
nella piega delle labbra
nel gesto lieve delle dita.

Cerchiamo la parola esatta, argine
che ci renda lo splendore del silenzio
senza vergogna né rassegnazione.

Ma quel che abbiamo è
un alfabeto muto
passo senza cognizione
pieno d’errori
distrazioni, omissioni.

*

In questo incerto confine

I.
Non siamo dentro e neppure fuori
in questo incerto confine mobile
che cambia nei giorni di vento
quando incespica il passo
nel filo dell’ombra impassibile
oltre il lembo di luce morente
è insondabile quel che
fa la differenza.

II
Stare fermi, non fare un passo oltre
l’Altro è il confine, attimo che s’inarca
nella comune trama segreta
tregua della perfetta imperfezione
senza una soglia il peso del cielo
è pietra tombale
e il profumo dei tigli sul viale
è il solo felice confine
da attraversare.

*

La chiave è nella Parola
suono che resta accanto
colore della pazienza
distesa sul paesaggio delle ore
passione e destino senza nome.

 

Stefano Vitale poeta e critico letterario, ha pubblicato Double Face (Ed. Palais d’Hiver 2003); Semplici Esseri (Manni 2005); Le stagioni dell’istante (Joker 2005), La traversata della notte (Joker 2007); Il retro delle cose (Puntoacapo 2012); Angeli (con disegni di Albertina Bollati, edizioni Paola Gribaudo Editore 2013); ha curato (con Maria Antonietta Maccioccu) l’antologia Mal’amore no (SeNonOraQuando 2015); La saggezza degli ubriachi (La Vita Felice 2017). È presente su numerose antologie, blog, siti. Sue poesie sono tradotte in inglese sul “Journal of Italian Translation” (2019) e sul sito Italian Poetry (2018). È presente sull’Atlante dei poeti del portale Griseldaonline dell’Università di Bologna e sul sito Italian Poetry.

Albertina Bollati  è fotografa, disegnatrice, illustratrice di loghi, copertine, libri. Ha pubblicato Torino 2011, raccolta di fotografie in tricolore e illustrato le raccolte di poesia Palazzo di giustizia e umanità limitrofe di P. Berti e M. Napoli (Caramella Editrice 2007); Angeli di Stefano Vitale (Edizioni PaolaGribaudo 2013); l’antologia Mal’amore no (SeNo nOraQuando 2015); Pensieri sparsi di un psicoanalista di Daniela Gariglio (arabAFenice, 2017). Ha curato Oggi che il verde è così verde, scatti in bianco e nero di R. Balbo (2016) e ha partecipato al Festival della Scienza di Roma con la mostra Infinita Luna dedicata a Leopardi (2019).

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