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L’autobiografismo è la naturale conseguenza della commercializzazione della lirica. E il suo effetto è l’allontanamento della poesia dalla realtà, sostituita da mitologie private (nonni, mamme, parenti, ecc.), ben identificate da Andrea Gibellini il 23 novembre 2017, durante il laboratorio Lavorare sulla poesia, oggi, organizzato da Argo al Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna.

Dal punto di vista sociologico l’ultimo ventennio del Novecento è fondamentale per comprendere come le forme di molta poesia contemporanea siano coerenti prodotti delle modificazioni sociologiche della società di massa. Se caratteristica fondamentale degli anni 1950, ’60, ’70 erano le ideologie di massa, che in parte supplivano ad una crisi identitaria, nelle ultime decadi esse vengono sostituite dall’eterodirezione e dal narcisismo, il quale diviene strumento di individualizzazione di massa e identificazione collettiva sulla base del consumo dei beni, secondo quanto afferma Andrea Millefiorini nel saggio Società di massa e società di individui, in Individualismo e società di massa (Carrocci 2005).

Mario Famularo, avvocato triestino di origine napoletana, è un’eccezione rispetto al panorama appena tratteggiato Il suo libro L’incoscienza del letargo, di prossima pubblicazione per i tipi di Oèdipus, è un’opera prima che affonda le radici nel dibattito sul nichilismo nato nel corso del 1900 in Giappone.

La scuola di Kyoto, fondata dal filosofo Kitarō Nishida, propose un nichilismo positivo che aveva l’obiettivo di risolvere i problemi nati dalla bipartizione dell’ontologia occidentale tra essere e non essere, con una decostruzione funzionale: facendo leva su principi del taoismo e dello zen, i filosofi della scuola di Kyoto mostrano come il vuoto non sia altro che un costituente del mondo. Il Giappone, non concependo la bipartizione ontologica, è portato a percepire l’esistenza come un flusso piuttosto che considerare la morte la fine dell’ente e dunque il non essere come assoluto negativo.

Famularo rappresenta nel corso del libro non soltanto questo flusso, ma anche il processo di accettazione da parte dell’io di questa nuova condizione: processo che può compiersi solo attraverso l’annientamento della precedente struttura mentale. Il poeta dimostra di saper giocare sulla duplice valenza che il vuoto ha per il lettore occidentale e, dunque, lo pone in equilibrio su un filo sottile.

Solo gradualmente il vuoto si rivelerà un costituente del mondo, rimanendo per gran parte della raccolta un finto negativo la cui esistenza avrebbe come unico effetto quello di corrodere tutte le sicurezze tradizionali dell’uomo occidentale.

Tematiche caratteristiche di certi componimenti, quali la malattia, le piaghe, il cupio dissolvi, ecc., non sono da interpretare come una deriva decadente, ma come operatori del vuoto, i quali hanno la funzione di mettere l’individuo innanzi all’inevitabilità del destino umano, ponendo la decostruzione come necessità esistenziale.

L’autore, cosciente dell’immaginario narrativo e poetico che prima di lui ha prodotto la società borghese e consumistica, offre un immaginario diverso. Dalla trasfigurazione della città in un formicaio brulicante di automi Famularo passa alla rappresentazione del vuoto individualista che separa le persone. Questo elemento, doppiamente caratterizzato, è tanto un tarlo inserito nell’edificio occidentale dei rapporti umani tradizionali quanto una benedizione, poiché è proprio a causa del tarlo stesso che l’edificio ormai pericolante crollerà, costringendo così l’io non soltanto all’accettazione del principio nullificante ma anche all’eventuale ricostruzione.

Dal punto di vista linguistico Famularo si distanzia ironicamente dalla generazione cui appartiene. Lo scheletro linguistico è la lingua d’uso con la sua intonazione colloquiale, che viene disarticolata talvolta attraverso l’uso di ambiguità ed etimologie che complicano il registro. Su questa sfumatura tonale si innestano le contaminazioni tecnico-scientifiche e filosofiche taoiste, con le traslitterazioni degli ideogrammi che aumentano ulteriormente la caratteristica straniante di alcuni passaggi. Allo stesso tempo Famularo conferisce al dettato poetico una precisione tagliente che concorre a formare la cifra del suo stile.

Luca Cenacchi

Da L’incoscienza del letargo
la strada
un solco di vestiboli
incrinato
sotto il peso del formicaio che
sgorga
tra le pieghe dei vestiti
un ricordo di ammorbidente
le coperte smosse
dal primo caffè
è tardi
tra i marciapiedi sporchi
le vetrine
stropicciano lo sguardo ai passanti
che evitano
ogni cosa
buongiorno, tutto bene
circospetta noncuranza
il tempo
trasuda troppo sporco
nei tombini
la sera non distende
le nevrosi cittadine
nel tramonto troppo bianco
è il silenzio
la finzione più accogliente
l’odore dell’assenza
si ravviva col riposo
nella contemplazione
di un mondo
senza l’uomo
riesco quasi a carezzare
la mancanza
*
gli occhi moderni
drappeggi di luci artificiali
l’esperienza della vista sedentaria
la pigrizia di una ricerca
insignificante
il risultato della conoscenza
del viaggio
l’immediatezza della percezione
mediata
dalla macchina
e crepita
tra le fessure invisibili
dissimulate, incorporee
la vertigine dell’assenza
che si è fatta
endemica
il bisogno di spegnere tutto
ricevere il desiderio
del silenzio
assaporare l’aspirazione deviata
alla rinuncia
per dormire, finalmente
e sentire scivolare addosso
confortevole
uno sterminato senso
di vuoto

*
senza memoria
o aspettative
l’uomo si converte a un
vegetale
l’eterna percezione
del presente
eppure quel ricordo
rimescola le ombre
nel sogno di un’eclissi
trascendente
e quelle proiezioni
che si spingono radianti
che allungano
la presa
schifose
un fiore è disumano
ma molto più
terrestre
*
dopo che ogni aspirazione
si è polverizzata e
dispersa
che ogni valore si è
contaminato
smarrendo sé stesso
ed ogni sembianza di
significato
schiantati sulla terra
come un mantra
celebriamo la speranza
per far tacere la
disperazione
e quando si è persuasi
che la sopravvivenza
sia il gioco degli
inganni
qualcosa di imprevisto
profila uno
spiraglio
e dall’incrinatura
l’abbaglio
*
condividere la
progettualità delle
intenzioni
connettere le strade
in meccanismi
di tutela
se accade è cosa
rara
un caso fortunato
che tende alla reciproca
assistenza
a volte lo smarrirsi
nel pensiero
ti contiene
l’istinto quasi saggia
la fibra del
legame
l’ansia di risolvere
la vita in uno
spasmo
si snoda nel
contatto
e nel rimpianto fragile
di una riparazione
*
tra corpi confinanti
i punti di contatto
tratteggiano
distanze
tendersi la mano
risalta tutti i
vuoti
che insistono tra
masse
risonanti
nel respiro
l’insufficienza
logica della
corrispondenza
e la disperazione
nel sistema degli
spasmi
convince di insperate
tenerezze e
simpatie
ignora tutto il
nulla che
continua a
separare
***
Mario Famularo è nato nel 1983 a Napoli. Esercita la professione di avvocato a Trieste. Ha realizzato il portale dedicato alla poesia e alla critica letteraria Kerberos Bookstore. Ha curato la pubblicazione e la diffusione del Breviario di metrica di base per pigri (2014), organizzato le selezioni per le antologie di poesia “Arenae Florilegium”, Volumi I (2014) e II (2015), e seguito l’iniziativa “Kerberos Gymnasium”. Collabora con il sito “Laboratori Poesia. La sua raccolta L’incoscienza del letargo da cui sono tratti i testi proposti è in corso di pubblicazione per i tipi della Oèdipus.

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