SCAFFALE POESIA: EDITORI A CONFRONTO
XV PUNTATA

EDIZIONI FORME LIBERE

 

 

Può raccontarci brevemente la storia di Edizioni Forme Libere e della sua collana di poesia “Il Gheriglio”? Quali sono, a Suo giudizio, le peculiarità che la differenziano dalle altre case editrici?

La casa editrice Forme Libere e la collana di poesia Il Gheriglio nascono dall’esperienza di Barbara Ciaghi e Michelangelo Sebastiani e dal nostro incontro in occasione della Fiera del Libro di Torino nel maggio del 2009. Ero ospite del loro stand e in quell’occasione si è consolidata la nostra amicizia e la voglia di dare spazio dignitoso a una poesia sempre più relegata all’autopubblicazione.

 

Quali sono i punti di forza e le criticità di una piccola casa editrice che si occupa di poesia, oggi?

Il nostro maggior punto di forza è la libertà, non rispondiamo a nessuna logica di mercato, non poniamo limite al linguaggio utilizzato dagli autori. L’unico criterio inderogabile consiste nel formato e nella dimensione che caratterizzano la Collana. Qualche volta una silloge non può essere ospitata perché lo stile grafico ne snaturerebbe il significato, non rientra negli spazi previsti. La vera criticità è che il rapporto tra chi compone e chi legge/compra poesia è negativo. Questo per una piccola casa editrice indipendente diventa un serio problema e si va avanti solo per la passione di chi vi opera all’interno.

 

Nella scelta delle pubblicazioni poetiche quali sono i criteri seguiti? Può definire la linea editoriale che caratterizza Edizioni Forme Libere in ambito poetico? Che cosa La spinge a scegliere un’opera piuttosto che un’altra?

L’opera spesso ci sceglie, talvolta basta un verso potente, un guizzo e la porta si apre e la luce entra.

 

Ha qualche aneddoto da raccontarci in merito a qualche titolo del vostro catalogo, a cui Lei è particolarmente legata?

I titoli del nostro catalogo mi sono tutti cari. Forse Pietad Bonnet, la poetessa colombiana con la quale ho intrattenuto una fitta corrispondenza  e che in quel periodo è stata colpita da un inaudito dolore privato, mi è rimasta particolarmente impressa.

 

Secondo Lei, è corretto affermare che in Italia la poesia non susciti interesse, venda poco e sia in crisi, come spesso si legge e si sente dire?  La poesia continua a rispondere ai bisogni dell’Uomo, nonostante le trasformazioni a cui la società è andata incontro e gli spazi pubblici sempre più esigui a essa dedicati? Cosa si potrebbe eventualmente fare per incrementare l’attenzione del pubblico e incentivarlo a leggere più poesia?

Il rapporto tra scrittura e lettura, come ho già detto, ha il segno in rosso. Gli stessi autori spesso sono interessati alla sola pubblicazione, senza adoperarsi per le presentazioni e la promulgazione dell’opera. Credo che ognuno debba fare la propria parte come in ogni rivoluzione. Perché la poesia è rivoluzionaria specie in un momento storico come il nostro, del mordi e fuggi. La poesia induce alla riflessione, ci obbliga a pensare.

 

Da diversi anni all’editoria tradizionale si sono andate affiancando, affermandosi sempre più, nuove tendenze che vedono internet (dai blog/siti specializzati ai vari social) come dinamico luogo di scritture: per quanto riguarda la poesia, la Rete può aiutare o al contrario ostacolare la diffusione dei libri di poesia? Ultimamente si sta affermando anche il fenomeno denominato “Instagram poetry”: che cosa pensa in merito a questa nuova tendenza?

Non ho niente contro i social e le nuove tendenze ma ritengo assurdo che certi fenomeni vengano pubblicati da grandi case editrici, solo per il numero di follower, mentre gli alberi gridano vendetta (cito). Non ho pregiudizi, però, leggo di tutto con curiosità e attraverso le varie espressioni, e discerno. Dispiace per chi non può o non ha la possibilità di discernere.

 

Che consigli darebbe a un/a autore/autrice che volesse pubblicare un proprio libro di poesia?

Non mi sento in grado di dare un vero consiglio a un autore o a un’autrice che volesse pubblicare. Fare quello che si sente di fare, percorrere le strade che incontra, informarsi e magari non affidarsi a false illusioni. La strada è in salita, i passi sono piccoli e da fare ad uno ad uno e non si approda a nulla di eclatante. Un premio, una pubblicazione non farà mai un vero/vera poeta. Una poesia sì.

 

Angela Bonanno vive e lavora a Catania. Nel 2003 ha esordito con una silloge di poesie in dialetto siciliano, Nuatri (Premio letterario Salvo Basso per l’inedito 2003), edizione Prova d’Autore. Sempre con la stessa casa editrice nel 2005 ha pubblicato Setti Viti comu i jatti. Con l’editrice Criluge Meridies ha pubblicato il poemetto Cu sapi quannu nel marzo 2007 (Premio Ercole Patti per la poesia agosto 2008). Nel marzo del 2009 è uscito Amuri e Vàdditi con prefazione di Luigi Lo Cascio, editrice Uni-Service, Trento. Nel maggio del 2010 ha pubblicato Dumani ti scrivu, poesia per il teatro, edizioni Forme-Libere, Trento. (Premio Terre D’Agavi 2013). Antologia della malata felice (Forme-Libere, Trento, dicembre 2011) è il suo primo romanzo, che ha ricevuto la Segnalazione Speciale della Giuria Premio Brancati 2012, ed è stato tradotto in lingua spagnola nel 2015 e pubblicato con la casa editrice Paso de barca. Ha vinto il Premio Franco Fortini IV edizione e il Premio Città di Marineo 2014 con la raccolta Pani schittu, CFR Edizioni. Il suo secondo romanzo Prima dammi il pane (marzo 2018 è edito da Catartica edizioni, Sassari).  La sua ultima raccolta poetica, Strammata (Forme-Libere, Trento  dicembre 2017) ha ricevuto il Premio G. Pascoli 2018 nella sezione dialetto.

 

La rubrica “Scaffale poesia: editori a confronto” è a cura di Silvia Rosa

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