SCAFFALE POESIA: EDITORI A CONFRONTO
XIV PUNTATA

GABRIELE CAPELLI EDITORE

 

Risposte a cura di: Gabriele Capelli (GC), editore; di Fabiano Alborghetti (FA), curatore della collana di poesia.

 

Può raccontarci brevemente la storia della Gabriele Capelli Editore e della sua collana dedicata alla poesia? Quali sono, a Suo giudizio, le peculiarità che la caratterizzano e la differenziano dalle altre case editrici?

GC: La Gabriele Capelli Editore vede la luce nel 2001 e si inserisce nel mercato editoriale come “micro editore”. La produzione editoriale si situa tra le 5 e le 10 novità all’anno, prevalentemente di narrativa. La collana dedicata alla poesia nasce dal desiderio di proporre libri di indiscussa qualità a prescindere dalle leggi di mercato. Per la poesia, un solo titolo all’anno, circa, scelto dal direttore di collana. Differenza con altre case editrici? Impossibile fare paragoni. Come è impossibile paragonare una gelateria artigianale con una multinazionale. La Gabriele Capelli Editore prova a svolgere il proprio lavoro al meglio con i mezzi a sua disposizione, cercando di non farsi condizionare dalle mode del momento. Forse ciò che la caratterizza di più è l’amore per questo lavoro che porta spesso l’editore ad accettare enormi sacrifici pur di veder pubblicato un libro. È però immensa la soddisfazione che si prova nell’immaginare che uno sconosciuto entri in libreria e decida di acquistare un tuo libro che lo farà ridere, piangere, pensare, arrabbiare, discutere.

FA: La collana di poesia – per come è ora strutturata – nasce invece in tempi relativamente recenti. Ogni titolo è discusso, calibrato e un forte dialogo avviene anche con i traduttori che non sono delle comparse casuali bensì dei comprimari nella buona riuscita di una pubblicazione. La scelta di cosa pubblicare non è un compito semplice: la direzione voluta è che il lettore dovrà venire sorpreso e nutrito dalla voce che abbiamo pubblicato.

GC/FA: Ogni casa editrice ha una propria identità e la nostra, che è una casa editrice in Svizzera, si rapporta sia con la sensibilità letteraria elvetica che con quella della vicina Italia.

 

Nella scelta delle pubblicazioni poetiche quali sono i criteri seguiti? Può definire la linea editoriale che caratterizza la Capelli Editore in ambito poetico? Che cosa La spinge a scegliere una/un poeta piuttosto che un’/un altra/o?

FA: È scontato dire che la linea editoriale si orienta per la massima qualità possibile. Abbiamo aperto le danze con Janet Frame (due volte candidata al Premio Nobel ma i più la conosceranno per il film di Jane Campion Un angelo alla mia tavola) offrendo la prima antologia mai apparsa in lingua italiana della sua poesia: in Europa sono solo due quelle edite, comprendendo anche la nostra. Una lacuna grave che era necessario colmare e a seguito della nostra pubblicazione l’interesse si è rivitalizzato: sappiamo che è ora in traduzione in Francia e avvisaglie arrivano anche dalla Spagna. A seguire è arrivato Seamus Heaney con quella che è defininibile la raccolta spartiacque tra la sua prima produzione e ciò che arriverà dopo, poi coronata col Premio Nobel per la letteratura nel 1995. Stiamo lavorando ora ai prossimi titoli, orientadoci ancora verso autori scomparsi (non pubblichiamo autori viventi). È complesso accogliere un nome piuttosto che un altro (ne rifiutiamo molti e siamo particolarmente sollecitati sia da case editrici che da traduttori): ciò che si pubblica deve essere per il lettore italofono una pietra miliare, qualcosa che resista fortemente nel tempo e che a distanza di anni o decenni risulti ancora attuale.

 

Quali sono stati a Suo dire i cambiamenti che hanno interessato il mondo dell’editoria poetica del nuovo millennio? Potrebbe indicare i punti di forza e le criticità di una casa editrice come la Capelli Editore che si occupa di poesia, oggi?

FA: Il cambiamento forse più radicale è stato l’accessibilità grazie a un mondo connesso come mai prima, fattore che ha generato scambio e interazione. La nota negativa è la conseguente iperproduzione, l’improvvisazione e spesso la sciatteria. La criticità, perlomeno nel pubblicare poesia facendolo da un mercato “estero” (come detto, siamo in Svizzera) è la penetrazione di un doppio mercato: locale e internazionale.

 

Ha qualche aneddoto da raccontarci in merito a qualche titolo del vostro catalogo, a cui Lei è particolarmente legato?

GC: difficile rispondere. Ce ne sarebbero davvero molti. Per semplificare cito, a tale proposito, una frase di Prisca Agustoni, una delle mie autrici: “Il libro preferito? Il prossimo…”.

FA: Per la poesia, ammetto che tutti i titoli editi nascono da un aneddoto e tutti si rincorrono… agli antipodi della terra! Tutto nasce dalla Nuova Zelanda, infatti, dove vivono i traduttori che hanno trasposto le nostre prime due pubblicazioni. Un segno forse che la poesia non ha davvero confini. Se non fosse arrivato l’input da così lontano forse non avremmo avuto una vicinanza così marcata con la poesia, forse avremmo addirittura rinunciato ad avere una collana dedicata…

 

Secondo Lei la poesia continua a rispondere ai bisogni dell’Uomo, nonostante le trasformazioni a cui la società è andata incontro e gli spazi pubblici sempre più esigui a essa dedicati?

FA: Ritengo di sì, e rispondo nella doppia veste di curatore di collana e di autore. Il linguaggio della poesia, lo sappiamo, non è per tutti. Ma è con la poesia che si combatte l’essere raggelati; è con la poesia che veniamo aiutati a ritrovare la chimica se non della quotidianità perlomeno della complicità con la vita che prosegue nonostante l’attrito. È quel linguaggio che permette la distanza come la vicinanza. La poesia diventa necessaria non già quando offre risposte, ma quando solleva domande.


Secondo la sua esperienza, è davvero possibile affermare che in Italia i libri di poesia non suscitino interesse e vendano poco, come spesso si legge e si sente dire? Cosa si potrebbe eventualmente fare per incrementare l’attenzione del pubblico e incentivarlo a leggere più poesia?

FA: La poesia è da sempre un genere di nicchia e forse la sua bellezza, indipendenza e profondità arrivano anche da questo esistere sempre sul confine. Per esperienza, una buona poesia interessa sempre il pubblico anche quando non è avvezzo a leggerne. Questo, però, a patto che il pubblico sia coinvolto e possa comprendere. Gli vanno date delle chiavi di accesso. Certamente se ogni tanto vennissero deposti gli smartphone, venisse chiusa la pagina Facebook o spenta la Tv dedicando una parte di quel tempo a leggere, forse (me è una ipotesi) la letteratura tutta avrebbe un pubblico diverso… Il compito di un editore è comunque quello di non cedere (non del tutto almeno) a pubblicazioni “fast-food”. La qualità di un catalogo editoriale  porta sempre a un pubblico fedele e a un lettore sempre più esigente e formato.

 

Da diversi anni all’editoria tradizionale si sono andate affiancando, affermandosi sempre più, nuove tendenze che vedono internet (dai blog/siti specializzati ai vari social) come dinamico luogo di scritture: per quanto riguarda la poesia, la Rete può aiutare o al contrario ostacolare la diffusione dei libri di poesia? Ultimamente si sta affermando anche il fenomeno denominato “Instagram poetry”: che cosa pensa in merito a questa nuova tendenza?


FA: Qui è necessario divedere la risposta su due percorsi distinti: la rete concorre certamente alla diffusione arrivando spesso laddove altri medium sono lacunosi. Abbiamo però ulteriori due percorsi: il “copia-incolla” di contenuti di un libro da siti improvvisati, azione che è un chiaro danneggiamento dell’editoria (ma è travestito da promozione e spesso bisogna anche tacere) e siti e blog che invece lavorano in modo serio e professionale, taluni non lontani per qualità a riviste depositate e il cui spessore per contenuti va riconosciuto al pari di una qualunque altra testata. Fare l’editore è un mestiere complesso, si rischia soldi in proprio e se un libro va male non è solo un prodotto fermo, sono soldi bruciati.  Ciò che è quindi la circolazione di contenuti in rete va dosato per il bene dell’editore, del libro e dell’autore che ne percepisce i diritti. La deriva verso il “tutto fa brodo” è pericolosa e controproducente.

Il secondo percorso è invece per i contenuti licenziati direttamente dagli autori: sono cambiati sia i tempi che i mezzi i comunicazione, la superficie e l’immagine hanno evidentemente preso un temporaneo sopravvento sulla parola scritta. L’Instagram poetry fonde le due polarità e funziona bene per alcuni autori tipo Christopher Poindexter, Marisa B. Crane, Atticus, oppure Rupi Kaur, quest’ultima approdata a pubblicazioni per 3.5 milioni di copie in 40 lingue (ma potrei citarne almeno una ventina d’altri). Ogni autore è responsabile di cosa fare della propria scrittura. Non confondiamo però quella che ora è una moda con un canone; né un Jpg “perugina” scritto col font di una finta macchina da scrivere con la profondità di una poesia di Zanzotto.

 

Che consigli darebbe a un/a autore/autrice che volesse pubblicare un proprio libro di poesia?

FA: I consigli sono più di uno: leggere, leggere tantissimo, leggere di più: per comporre il proprio lessico quanto la visione e di conseguenza la profondità del dettato. Smettere di essere youtuber e diventare scrittori, insomma. Poi c’è lo scrivere, daccapo se necessario, il proprio libro e di credere nell’editing. Di leggere il catalogo di un editore per capire se il proprio lavoro è nella linea editoriale. Di essere educati nell’approccio e nelle risposte, soprattutto quando le risposte sono negative: la caratura morale di un autore si vede anche da questo e taluni atteggiamenti sprezzanti o volgari non giovano. E di non dare per scontato che il proprio pensiero poetico sia assoluto: potrà esserlo, per gradi e tempi, ma è necessario un percorso e una profondità, cose che non si improvvisano. Infine la pazienza: i tempi e i modi televisivi abituano all’immediatezza. L’editoria ha altri percorsi, più calibrati, pensati. Più durevoli.

 

Gabriele Capelli è il fondatore della GCE, Gabriele Capelli Editore, casa editrice con sede a Mendrisio, Svizzera, attiva dal 2001. È stato inoltre Presidente della SESI, Società Editori della Svizzera Italiana.

Fabiano Alborghetti è poeta e operatore culturale. Ha pubblicato diverse raccolte di poesia. Ha scritto per riviste e sul web, ha fondato magazine letterari, creato rubriche, programmi radio, progetti in carceri, scuole e ospedali e come promotore culturale coordina traduzioni o diffusione di autori svizzeri all’estero. Grazie a Pro Helvetia e al Dipartimento federale degli affari esteri DFAE è chiamato a rappresentare la Svizzera in numerosi festival nel mondo. Attualmente è nel Consiglio di Direzione dell’AdS (Autrici ed Autori della Svizzera), nel comitato scientifico del Festival di traduzione Babel e nella commissione di programmazione del festival Chiassoletteraria; dirige la collana di poesia per Gabriele Capelli Editore ed è Presidente della Casa della Letteratura per la Svizzera italiana. Traduzioni di sue poesie (estratti o in-extenso) sono apparse in volume, riviste o antologie in più di 10 lingue. Tra le pubblicazioni si ricordano: Registro dei fragili, 43 Canti (Casagrande, 2009); L’opposta riva, dieci anni dopo (La vita felice 2013) e Maiser (Marcos y Marcos, 2017, Premio Svizzero di Letteratura 2018). www.fabianoalborghetti.ch

 

 

 

 

 

 

 

La rubrica “Scaffale poesia: editori a confronto” è a cura di Silvia Rosa

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