SCAFFALE POESIA: EDITORI A CONFRONTO
XXX PUNTATA

Transeuropa Edizioni

Può raccontarci brevemente la storia di Transeuropa Edizioni? Quali sono, a Suo giudizio, le peculiarità che la contraddistinguono all’interno del panorama editoriale contemporaneo?

Non credo sia necessario raccontarla. Anzi forse sarebbe il caso di sottrarla a ogni possibile confronto rispetto al cosiddetto “panorama editoriale contemporaneo”, in cui non mi riconosco.

Potrebbe enunciare i criteri di scelta a cui vi attenete per le pubblicazioni di poesia? C’è uno stile che è prediletto più di altri? Si può parlare di una linea editoriale che caratterizza Transeuropa Edizioni in ambito poetico e se sì, può definirla?

Bisogna distinguere nettamente due linee: quella che seleziona, tra quanto ci viene proposto, i testi che spiccano per capacità linguistica, di versificazione, di tenuta complessiva del dettato, rispetto alla media dalla produzione poetica industriale, ovvero testi promettenti per quanto ancora omologati ai protocolli di scrittura prevalenti, e quella che ambisce a fare ricerca letteraria. Ovviamente il secondo caso è molto meno frequentato del primo, visto che la ricerca letteraria è in generale, nel nostro Paese, quasi del tutto assente.

Quali sono i titoli più venduti e le/gli autrici/autori più amati del vostro catalogo di poesia? Ha qualche aneddoto da raccontarci in merito a qualche titolo, a cui Lei è particolarmente legato?

Mi sono da tempo completamente disinteressato all’idea di “vendere” la poesia. La poesia non è riducibile a una merce, parlare di “mercato della poesia” è un ossimoro. Esiste un mondo di addetti ai lavori – critici, recensori, appassionati e poeti essi stessi –, ossia un mercato di lusso, nel quale la poesia ha ancora un senso e un ruolo, ovviamente di natura simbolica.

Secondo Lei la poesia continua a rispondere ai bisogni dell’Uomo, nonostante le trasformazioni a cui la società è andata incontro e gli spazi pubblici sempre più esigui a essa dedicati? Per Lei è corretto affermare che in Italia i libri di poesia non suscitino interesse e vendano poco, come spesso si legge e si sente dire? Cosa si potrebbe eventualmente fare per incrementare l’attenzione del pubblico e incentivarlo a leggere più poesia?

Esiste il bisogno di scrivere poesia, questo è indubbio. La quantità di sedicenti poeti ha ormai raggiunto valori di livello industriale. La mia proposta è quella di distinguere appunto tra scrittura industriale e scrittura di ricerca, accettando che esista una pulsione verso l’arte e la poesia che la rende indispensabile in sé, indipendentemente dagli esiti raggiunti o raggiungibili. In una prospettiva ideale, che va coltivata, la presenza dei primi può favorire l’emersione dei secondi in molti modi che un editore di poesia conosce. Si pensi a Crocetti.

Quali sono a Suo dire i cambiamenti che stanno interessando il mondo dell’editoria in questo difficile frangente, con l’emergenza sanitaria in corso, i periodi di confinamento che si susseguono, il congelamento di molte attività, l’incipiente crisi economica? Quali sono le difficoltà, i possibili scenari futuri, i punti di fuga e le eventuali aperture? Quali strategie di sopravvivenza sono ipotizzabili per questo settore, secondo Lei?

La mia convinzione è che la crisi attuale, per essersi verificata nei modi parossistici che conosciamo, non può che essere la conseguenza di una crisi di sistema già presente: il virus non ha fatto altro che accelerare le forze inerziali dell’apparato tecnico-industriale già all’opera in senso securitario, specie in quei Paesi e in quelle società occidentali sempre più vecchie, spaventate, inermi. In questa congiuntura, l’editoria industriale ha avuto uno dei suoi momenti “anti-ciclici”, ovvero se l’è cavata bene, meglio di altri settori. Per un semplice motivo: era già in crisi, l’editoria è in crisi permanente. Negli ultimi vent’anni, per sopravvivere, si è trasformata più in un centro di servizi agli autori che in un mercato di lettori. Dunque ha attraversato la crisi senza alcun problema, perché quei servizi non sono mai venuti meno.

Da diversi anni all’editoria tradizionale si sono andate affiancando, affermandosi sempre più, nuove tendenze che vedono internet (dai blog/siti specializzati ai vari social) come dinamico luogo di scritture: per quanto riguarda la poesia, la Rete può aiutare o al contrario ostacolare la diffusione dei libri di poesia?

La mia convinzione è che il poeta, lo scrittore, l’artista, debba soprattutto evitare la parte marcia del web, ovvero questo perenne circuito di marketing nel quale non c’è differenza tra proporre un’opera di ricerca e una guida sui funghi della Garfagnana. Deve trovare una sua identità non omologata, e questo è possibile solo rompendo sistematicamente il protocollo. Se le occasioni di confronto collettivo su siti, social e blog vanno in questa direzione, ben venga. In fondo, è quanto abbiamo provato a fare col movimento degli Imperdonabili, che ho fondato alla fine del 2019 con Veronica Tomassini, Davide Brullo, Andrea Ponso e altri ancora, e con tutte le iniziative collegate, come la piattaforma di dibattiti “Fuori controllo”, che si ispira all’Accademia dei Pugni dell’Illuminismo milanese. Si tratta di impiegare i mezzi a disposizione per veicolare una modalità di intervento culturale al tempo stesso dentro e fuori la tradizione e i protocolli disponibili.

Che consigli darebbe a un/a autore/autrice che volesse pubblicare un proprio libro di poesia?

Pubblicare è la cosa più semplice, oggigiorno. La sfida è distinguersi e guadagnare un pubblico, fosse anche di soli addetti ai lavori. Per selezionare l’editore, consiglio di sfogliare il catalogo: se ci sono nomi che hanno poi sviluppato un loro percorso interessante, vuol dire che quell’editore è affidabile. Per fare il percorso interessante, consiglio di seguire la parte più attiva e meno omologata di quel circuito di siti e blog sopra esposto, insieme a tutte quelle iniziative che si sforzano di portare un po’ di ossigeno nell’ospizio delle lettere. Segnalo, a questo proposito, il concorso “Anonima Poeti”, che prenderà avvio lunedì primo febbraio all’interno del gruppo nazionale Imperdonabili. In quella occasione, come abbiamo fatto l’anno scorso sul versante della narrativa, cercheremo di coinvolgere anche i lettori nel tentativo di rendere anche la poesia una cosa viva, attuale, necessaria: in lotta per sopravvivere come tutti noi.

 

Giulio Milani, nato a Massa nel 1971, è uno scrittore ed editore. Ha pubblicato antologie, racconti e i romanzi: La cartoonizzazione dell’Occidente (1999) Gli struggenti o i Kamikaze del desiderio (2004), La terra bianca (2015). È direttore di Transeuropa Edizioni. Il suo ultimo libro è il saggio I naufraghi del Don. Gli italiani sul fronte russo 1942-1943 (Laterza 2017).

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