SCAFFALE POESIA: EDITORI A CONFRONTO
XXIV PUNTATA

EDIZIONI ENSEMBLE

 

Può raccontarci brevemente la storia delle Edizioni Ensemble e delle sue collane di poesia? Quali sono, a Suo giudizio, le peculiarità che la differenziano dalle altre case editrici?

Ensemble nasce circa dieci anni fa puntando soprattutto sugli esordienti, di narrativa e di poesia. Poi negli anni sono cambiate tante cose e ora ci troviamo nel nostro catalogo autori già affermati, autori che vogliono essere rilanciati e naturalmente ancora tante scommesse. Tra le nostre collane c’è sempre stato spazio per la poesia e abbiamo avuto la possibilità di pubblicare nomi importantissimi grazie all’incontro fortunoso con Gëzim Hajdari che ha sin da subito creduto in noi. Le collane storiche di poesia sono Erranze, diretta dallo stesso Hajdari, che è composta da raccolte di autori di fama internazionale che abbiano nella loro opera un messaggio universale “che cammina tra i mondi” e Alter, una collana che mescola autori italiani e internazionali, esordienti e non, facendo una panoramica molto ampia di poetiche e stili. Negli anni a queste collane si sono affiancate Siglo presente, diretta da Matteo Lefévre, che ha uno sguardo sul mondo iberico e sudamericano; HerKind, diretta da Alessandra Bava, che offre uno sguardo tutto “al femminile” ma non in chiave femminista; Affluenti, progetto che parte da un vero e proprio movimento poetico nato a Firenze ma che si sta allargando a macchia d’olio in tutto il territorio nazionale e oltre. Molta poesia la pubblichiamo anche nei classici (Rilke, Pirandello, Ibsen solo per fare alcuni nomi). La nostra peculiarità? Secondo me il ruolo che la poesia ha nella casa editrice. La nostra produzione è molto ampia e si muove tra i molteplici micromondi della poesia senza mai perdere la strada principale. Crediamo nella poesia come forma d’arte che ha il suo valore nel mondo e quindi anche nell’economia di una casa editrice. E i risultati ci stanno dando ragione.

Nella scelta delle pubblicazioni poetiche quali sono i criteri seguiti? Può definire la linea editoriale che caratterizza Edizioni Ensemble in ambito poetico?

Ho un po’ risposto nella domanda precedente. In alcune collane noi non mettiamo bocca (come in Erranze o Siglo presente) ma sono nomi così importanti che ci fa solo che piacere pubblicarli e investire su di loro. Sulla collana Alter ci interessa la sperimentazione e la capacità di comunicare qualcosa. Ma, ripeto, la nostra produzione è ampia perché il nostro obiettivo principale è dare voce alla poesia.

Edizioni Ensemble dedica molta attenzione anche alle e ai poeti stranieri: quali sono le ragioni di questa scelta? Esistono delle macro-tendenze stilistiche e di contenuto che attraversano la poesia contemporanea oltre i confini italici?

Non esiste poesia italiana e poesia straniera, esiste la poesia. Cerchiamo di pubblicare buoni poeti e buona poesia. Ogni Paese ha delle sue tendenze ma non bisogna neanche creare stereotipi. L’Italia, per esempio, ha molte scuole poetiche, ognuna delle quali (quelle vere naturalmente) ha dei valori importanti.

Che cosa sta succedendo all’editoria poetica in questo frangente, segnato dall’emergenza sanitaria, quali sono le difficoltà attuali, i possibili scenari futuri, i punti di fuga e le eventuali aperture? Quali strategie di sopravvivenza avete individuato, se ci sono? Quali proposte per superare la condizione di crisi?

In questo momento l’editoria è il Titanic, c’è chi sta continuando a suonare e chi si sta gettando in acqua. Molte realtà (case editrici e librerie) chiuderanno e non si potrà fare molto. Bisognerà anticipare discussioni sul mondo del libro che troppo spesso si sono posticipate. Noi stiamo suonando e stiamo riuscendo ad andare avanti da un lato grazie alla nostra volontà di non fermarci (abbiamo creato in maniera sistemica una serie di dirette facebook, due al giorno, iniziative quotidiane, spunti di lettura, etc.) e dall’altro grazie alla collaborazione delle persone che ci vogliono bene (autori, amici, librai, lettori, appassionati, curiosi) che ci stanno sostenendo acquistando libri dal nostro sito come mai nei nostri dieci anni di vita e rispondendo positivamente alle nostre iniziative (in molti stanno sottoscrivendo per esempio dei pacchetti che abbiamo realizzato con libri, sconti e la possibilità di avere il proprio nome in una sorta di pagina di ringraziamenti che sarà inserita in tutti i libri di prossima pubblicazione).

Ha qualche aneddoto da raccontarci in merito a qualche titolo del vostro catalogo, a cui Lei è particolarmente legato?

Il primo sicuramente è l’incontro con Hajdari. Avevo pubblicato un libricino di poesia e avevo messo un esergo con un suo verso. Un amico mi dice «Conosco una persona che collabora con Hajdari. Ti va di andarlo a trovare?». Ci mettiamo in macchina, arriviamo a Frosinone. Tornando a Roma avevo incontrato uno dei miei scrittori preferiti, gli avevo dato un mio libro, avevo un direttore di una collana che ancora era tutta da pensare con una casa editrice che era poco più di un’idea e avevo un suo libro da pubblicare (Nur. Eresia e besa, un libro oltretutto fondamentale della sua opera). Altro aneddoto? Gezim mi dice: «pubblichiamo Jean-Claude Izzo?» Rispondo: «Magari, chi ha tutti quei soldi per prendere i diritti?». Abbiamo fatto l’unica cosa che potevamo fare: bypassare editori e agenti e trovare il modo di contattare la vedova parlandole del progetto. Lontano da ogni riva è ancora oggi uno dei libri più importanti che abbiamo pubblicato.

Secondo la sua esperienza, nell’Italia coeva i libri di poesia suscitano interesse o meno? Vendono poco, come spesso si legge e si sente dire, oppure no? Cosa si potrebbe eventualmente fare per incrementare l’attenzione del pubblico e incentivarlo a leggere più poesia?

Qui si apre un discorso ampio. Provo a sintetizzarlo: in Italia si vende poco. Non poesia. Si vende poco tutto. La poesia, se si considerano i canali tradizionali si vende poco o niente. Però qualcosa sta cambiando. Nelle fiere e nei festival ne vendiamo sempre di più, ogni anno aumentiamo con numeri sempre maggiori. La società di oggi ha bisogno di poesia e vedrete che sarà proprio la poesia il linguaggio della ricostruzione. Dico però una cosa che non fa contenti gli autori: noi vendiamo la poesia non i singoli libri. Mi spiego: aumentiamo i numeri nel totale, ma i numeri del singolo libro restano troppo bassi. È ancora difficile trasformare un singolo libro di poesia in un successo. Dico un’altra cosa provocatoria: se ogni autore di poesie comprasse almeno un libro di poesia ALL’ANNO, la poesia andrebbe in classifica. Così non è, i poeti non si leggono tra di loro (se non tra le rispettive cerchie). Se si aprissero un po’ di più al mondo qualcosa potrebbe cambiare.

Da diversi anni all’editoria tradizionale si sono andate affiancando, affermandosi sempre più, nuove tendenze che vedono internet (dai blog/siti specializzati ai vari social) come dinamico luogo di scritture: per quanto riguarda la poesia, la Rete può aiutare o al contrario ostacolare la diffusione dei libri di poesia? Ultimamente si sta affermando anche il fenomeno denominato “Instagram poetry”: che cosa pensa in merito a questa nuova tendenza?

Sì, la rete è fondamentale per la poesia, oggi ma non tutto è oro. C’è poca selezione e molto spesso si trasforma in poesia qualcosa che non lo è (non dico che non sia qualcosa di valido: non è semplicemente poesia). Instagram poetry non so cosa sia, sono sincero, ma posso immaginarlo. La poesia secondo me non ha bisogno di immagini e altri orpelli, in teoria immagini, musiche, suoni, odori dovrebbe averli già al suo interno.

Che consigli darebbe a un/a autore/autrice che volesse pubblicare un proprio libro di poesia?

Leggere molto, rileggere se stesso e dare una forma a ciò che si scrive. Una poesia è una poesia, una raccolta è una raccolta. Bisogna disegnarla, pensarla, immaginarla, sudarci sopra. Una volta che lo si è fatto si possono contattare le case editrici. Se si sono fatte tutte queste cose, non ci si rivolge alle case editrici a pagamento perché si riconoscono dagli autori che propongono ma a quelle serie. E si aspetta. Tanto la poesia non è di moda e ha tutto il tempo di cui ha bisogno.

 

Matteo Chiavarone nasce a Roma nel 1982. Si laurea prima in Lettere con una tesi di Filologia della Letteratura Italiana nella quale pubblica alcune lettere inedite del poeta Giosuè Carducci appartenenti al Fondo Patetta della Biblioteca Apostolica Vaticana, poi in Italianistica con un lavoro su Curzio Malaparte che prova a ripercorrere la vicenda umana, politica e letteraria del controverso autore pratese.
È insegnate precario di materie letterarie nelle scuole medie statali. Dal 2006 al 2008 ha lavorato presso la Giulio Perrone Editore ricoprendo vari ruoli; nel 2010 ha fondato, insieme a Dario De Cristofaro, il progetto Flaneri con cui ha lavorato fino al 2011. Dal 2011 è direttore editoriale di Ensemble. Nel 2012 fonda Patria Letteratura – Rivista internazionale di lingua e letteratura di cui è direttore. Come autore ha pubblicato i volumi di poesia Gli occhi di Saturno (Perrone 2006) e Blanchard Close (Perrone 2011); i saggi «La guerra degli uomini». L’Europa ferita a morte attraverso i libri «famigerati» di Malaparte (RivistaDiPolitica, Rubbettino 2011) e, all’interno di Il realismo politico. Figure, concetti, prospettive di ricerca (a cura di Alessandro Campi e Stefano De Luca, Runnettino 2013), il saggio Il realismo storico di Malaparte tra machiavellismo e “amplificazione” della verità. Ha curato diversi volumi tra cui Con dolce curiosità. Tributo ad Andrea Zanzotto (Edizioni della Sera 2012). Nel 2015 ha pubblicato A Trieste. Passeggiate letterarie da James Joyce a Claudio Magris (Perrone 2015).

La rubrica “Scaffale poesia: editori a confronto” è a cura di  Silvia Rosa

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