Particolare di una fotografia di Daniele Ferroni
Come giustamente sottolinea Milo De Angelis nella prefazione a La coinquilina scalza (La vita felice 2004), esordio di Isabella Leardini, l’amore non corrisposto («la lotta del mio cercarti», il ricordo della sua intensità e il trauma del distacco) caratterizza la poesia di ogni tempo. Tuttavia al tema amoroso si lega quello della giovinezza, l’incontro tra la «fame di futuro» di certe sere d’estate e la disillusione dei sensi, ma soprattutto dei sentimenti, che arriva decisa e potente, seguendo «la virata degli inverni sotto i rami». Altro tema forte del libro è appunto quello delle stagioni: l’estate, l’inverno ricorrono con tutta la forza dei topoi, portando quindi tutto il loro carico simbolico e archetipico. Il pregio di Leardini è quello di trarre da questi temi una linfa creativa vera che non suona mai stanca o ripetitiva, ma sempre autentica in un sottile gioco di rimandi con i gesti e la corporeità che pervade la raccolta. Immagini come quella dell’estate «magra come le mie mani» o dell’inverno che «cade tra le dita» rivelano la natura fortemente “tattile” di queste pagine, fatte di gesti, concreti o metaforici, e di corpi che toccano altri corpi oppure si scontrano con gli oggetti. La tensione/emozione scorre, anzi giunge, esplodendo nel gesto, correlativo esatto delle stagioni. Non è un caso che quasi tutti i titoli delle quattro sezioni abbiano a che fare proprio con la corporeità: mani, occhi, fronte sono i luoghi in cui reificare l’interiorità, dargli spazio ed estensione. Tutto il corpo, nelle sue parti focali, è richiamato nell’atto stesso del darsi all’esperienza («Ho bisogno di toccarti per essere qui»), laddove anche la scrittura stessa tende a farsi immagine («Tutto il mio narrare è baciarti sulla fronte»), configurandosi come atto del dono. Il senso della raccolta risiede così nel tempo dell’attesa, nell’esplorazione della discrasia tra la ruvidità della realtà e la smagliatura del sogno, nella coscienza di una giovinezza che forse non si è mai consapevoli di attraversare. A più riprese, infatti, l’autrice si chiede cosa sia veramente questa giovinezza che ci passa dentro e poi finisce come una stagione («dovrebbe essere tutta un’altra cosa / la giovinezza»).
Convergenza dell’amore non corrisposto e sentimento della giovinezza appena passata, si diceva. Proprio da questa mancanza che sicuramente brucia e fa male nasce «la fiammata che corre / lenta per le giornate», la forza di un versificare scorrevole che procede calibrato senza sobbalzi, in equilibrio tra sobrietà e composta rottura. Si avverte la vicinanza alla linea lombarda (Sereni, Loi, ma anche De Angelis) nella capacità di una parola poetica apparentemente piana, semplice che si apre sempre a un implicito, a un non detto che la rende non pienamente decifrabile, ma destinata, allo stesso tempo, a cristallizzarsi in lampi puliti, limpidi.
In questa opera prima di Leardini c’è il silenzio di una casa appena svuotata in cui l’eco di un’intera serata (o stagione) continua a percorrere i muri, ma è rimasto solo chi quelle voci le scrive, l’inquilina scalza (quindi silenziosa) che cerca di catturarle tramite le parole, i versi. Tutto però si scioglie e rivela nel tentativo di rispondere alla vera domanda che percorre il libro: «In fondo che cos’è la giovinezza […]?». La risposta forse si risolve in un brivido, «quel brivido / che è tutta la mia giovinezza» o, ancora una volta, in un’immagine, una «tremenda corsa in Ciao sotto la pioggia» che potrebbe benissimo richiamare un immaginario cinematografico.
da La coinquilina scalza (La vita felice 2004)
Il mio corpo lasciato sul letto
al finire delle stagioni
torna allo stomaco
dove ogni cosa nasce e si consuma,
preme come un temporale, il pianto
ma alle necessità manca l’attenzione.
«Che inverno lungo e che brivido attenderti»
la poesia di Caproni appesa al letto
come una preghiera.
Il fumo esce
ed entra l’ultimo freddo
mentre abbraccio la finestra
e arriva quel brivido
che è tutta la mia giovinezza
raccolta in una stretta
a chiudermi alle spalle
il cancello e le porte degli autobus.
*
Tutto il mio narrare è baciarti sulla fronte
una distratta precisione
nel raccogliermi i capelli
a contraddirmi la mente.
I tuoi discorsi li terrei
per scioglierli sul collo con un gesto
legarmeli ai polsi
ad aspettare le parole come sassi
come arriva il sole tra i rami
a togliere il fiato
serrate come il respiro
il primo squillo del telefono
lo schiaffo del vento quando passa un treno
*
Così sparpagliate, le notti,
respirate dall’alto a luce accesa
un gioco scalzo dei giorni sul viso.
Non volevamo noi morirci dentro
come piante senza sete
a rimandare l’ultima parola,
credevamo di tremare più degli altri
alla fine della festa, sotto casa.
Sei sempre tu nella mia caccia di presagi
anche il vento lungo i nastri della sagra
è il mio perderti ogni volta
un ritrovarti
*
Scontrarti da lontano quando arrivi
intercettarti sempre nella folla,
ma il tuo viso
adesso che è solo il tuo viso
asciuga il fiato in gola.
Ho aperto questa fedeltà di rabbia,
la febbre di chi crede senza prove
che sia una faccia il mordere dei giorni
il soprassalto fermo nelle vene.
A dirlo «siamo stati solo amici»
è come dire «non c’è stato niente»
sbranata via senza il bene di un verbo
la vergogna intestardita dei bambini
che non vogliono aver immaginato.
E questo che cos’è, amare di niente,
che non mi lascia e non si fa lasciare?
*
Con te sono rimasta sempre al vento
presa a un suono larghissimo di foglie
dentro la pace accesa degli inverni.
Finisce l’anno e sta per nevicare,
sono finiti sempre e ancora siamo
due voci appese male per cercarci.
Ma in fondo che cos’è la giovinezza
cosa doveva essere oltre a questa
tremenda corsa in Ciao sotto la pioggia
al vento, verso casa di qualcuno?
Isabella Leardini (Rimini, 1978), nel 2002 ha vinto la sezione inediti del Premio Montale con i testi in seguito inclusi nel suo primo libro La coinquilina scalza, uscito nel 2004 per le edizioni La vita felice. Ristampato numerose volte, il libro è uscito anche in Spagna nel 2017, con traduzione di Juan Carlos Reche e Paola Patrizi (La Isla de Siltolà). Nel 2017 è uscita per Donzelli la raccolta Una stagione d’aria. Tiene laboratori e workshop di poesia in tutta Italia con il metodo edito nel suo saggio Domare il drago (Mondadori 2018). Insegna scrittura creativa all’Accademia di Belle Arti di Venezia.