Dalla raccolta Il lato destro dell’armadio (Giuliano Ladolfi Editore, 2018)

 

 

Appendice al discorso del nome

C’è anche il nome che credi di abitare
finché non lo senti uscire da una bocca
sformato dalla pronuncia chiara
confusa: non rispondi
(ce l’hanno con tuo cugino?
portatore disinvolto
del nome nonnesco di seconda mano).
Il nome illusorio numerato
soffio di una voce che non riconosci si rivoltola
con te nei sogni
voce di sabbia che ti chiede un bacio
tu non puoi rispondere.
Non è lo stesso nome detto tre volte
da chi sta morendo prima di te
tuo padre che ti chiama e ti dice
parole misteriose non ne capisci una:
non sai se le strascica la luce intatta
del desiderio di portarti a Parigi
le carezze sconosciute del mondo
un rimprovero l’ultimo
un po’ più rumoroso allegro
come il corpo che impara a non esserci.
Ogni tanto le riascolti
per indovinare il senso del discorso
ma il nome che ti ha dato tuo padre
un regalo sbagliato
un’impronta sulla faccia
è l’unica condanna che comprendi.

 

 

Il lato destro dell’armadio

Nessuna devozione per gli oggetti
che non ci appartengono più
la memoria sta in piedi da sola.
Bisogna alleggerire lo scomparto
del marito onorare la vedovanza
cancellando le impronte superflue
coi segni dei polpastrelli e il sudore
nelle scarpe. Butterà le giacche
e le grucce imitazioni di clavicole.
Non soffiare via la forfora dal pettine
è ridicolo come il pensiero
delle mani nei guanti.
Si accorge che le immagini svaporano:
conserverà le fotografie.
Inizia a parlare con un volto
e si vergogna: quei ritratti
disonesti nella loro
confidenza gli occhi del marito
in posa per il fotografo
scheggiano appena il vetro.
La memoria sta in piedi da sola

nella foto è lei a farsi da parte.

 

 

Réclame

La vetrina delle pompe funebri
più sorridente di una salumeria
così invitante di buon gusto
nello starsene appartata in un vicolo.
Non si sporca mai con il baccano
della concorrenza e i suoi necrologi
spudorati pieni di refusi.
Il titolare truccato da amico
dei vivi decanta la perfezione
delle rose disegnate sul legno
le innaffia con lo sguardo:
Sono belle, vero? Sì, sono belle
puoi sentirne il calore

le radici che crescono nel tuo naso.

 

Canio Mancuso (Melfi, 1971) vive a Omegna. Nel 2004 fonda il mensile umoristico Za! e dal 2005 al 2006 è redattore del periodico Sguardi. Ha scritto o scrive per le riviste Fermenti, Le reti di Dedalus e Christianitas, e per i quotidiani L’AttaccoCapitanata.it e Zeroventiquattro.it. È citato nel volume Letteratura del Novecento in Puglia (Progedit, Bari 2009 e 2010), a cura di Ettore Catalano. Alcune sue poesie sono apparse su Fermenti, Gradiva, Poliscritture, sulla rivista spagnola Ómnibus e sulla francese Lichen. Nel 2015, insieme a Raffaele Niro, cura l’antologia Sotto il più largo cielo del mondo. Trenta poeti dauni, numero speciale dei Quaderni dell’Orsa (Besa Editrice). Nel marzo 2016, ancora con Besa, pubblica la raccolta di poesie Fiammiferi, tradotta in francese nel 2017. Nel 2018 pubblica Il lato destro dell’armadio (Giuliano Ladolfi Editore).

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