Fotografia di Dino Ignani.

 

La pura superficie è fatta di testi numerati e divisi in sezioni. Alcuni sono in versi, altri in prosa; alcuni sono scritti in prima persona, altri in terza (o in seconda); a volte la persona di cui si parla coincide con la persona che ha messo la firma sul libro, altre volte no; in certi casi la prima versione dei testi è stata scritta da Wallace Stevens, come dice il titolo, in certi altri no. Queste differenze, fondamentali su un certo piano di realtà, sono, su un altro piano, del tutto irrilevanti.

Guido Mazzoni, nota introduttiva a La pura superficie (Donzelli, 2017)

 

 

 

1. Uscire

Esce di casa per una ragione, la dimentica,
sale su un autobus, incontra le persone, le scherma col linguaggio,
dice “studente fuorisede”, “tatuata”, “filippino”
per non vedere il fuorisede, la donna tatuata, il filippino,
poi viene travolto dalle frasi assurde, le mani colorate
come animali onirici,
come uccelli tropicali, l’anarchia degli altri.

Da qualche anno le cose mi vengono addosso senza protezioni.
In sogno vedo denti rotti, punti di sutura,
topi tagliati in due, fra l’orecchio e la mascella, che discutono fra loro.
Spesso, quando parlate, io non vi ascolto,
mi interessano di più le pause tra le parole,
ci leggo un disagio che oltrepassa la psicologia, qualcosa di primario.
La tatuata scende prima di diventare umana, il vetro
moltiplica i dettagli, per un attimo
il filippino significa qualcosa,
poi prova le suonerie, il suo rumore
mi ottunde internamente, vorrei colpirlo.
Ero uscito per comprare una di quelle lampadine a led
di nuova generazione, di quelle che non si bruciano,
un paio di forbici, la frutta, un cocomero.
Ho scritto un testo che non tende a nulla. Vuole solo esserci, come tutti.
Ho scritto un testo che rimane in superficie.

 

 

***

 

 

2. Grammatica

L’insetto enorme che occupa la parete del salotto si è scontrato per ore contro il vetro cercando di uscire. Troppo pesante per essere ucciso senza rimorsi come un insetto piccolo, esprimeva il proprio terrore scagliando se stesso contro un limite che non poteva vedere. Ho aperto i vetri per aiutarlo, ma la differenza fra di noi era così grande che ogni mio gesto, indecifrabile per lui, amplificava la sua paura. Cercavo di capire che cosa percepisse, volevo evitare che la sua agitazione perdesse valore diventando una funzione della mia, una metafora umana. Il suo movimento entrava in me, tentava di dividermi. Le persone, il fiume, l’ufficio postale che esistevano oltre il vetro erano piccoli in quel momento, ridiventavano superficiali. Perché alla fine non comprendiamo mai: troppo grande è la differenza che ci separa, troppo pesante ciò che gli altri suscitano in noi. Eppure la loro agitazione allude a un’angoscia, compone una grammatica che misteriosamente ci appartiene. È per questo che ora esco dalla stanza e lascio aperta la finestra; è in nome e per conto di questa grammatica che adesso sono in pena.

 

 

***

 

 

6. Stevens

Ti piace sotto gli alberi in autunno. Tutto è mezzo morto.
Il vento mutilato passa tra le foglie,
ripete parole senza senso.

Allo stesso modo eri felice in primavera
tra i mezzi colori delle mezze cose,
il cielo un po’più luminoso, le nuvole che si sciolgono,
l’uccello solo, la luna oscura

che illuminava un mondo oscuro
di cose che non sarebbero mai state espresse abbastanza,
dove tu stesso non eri mai te stesso per intero,
non volevi e non dovevi

desiderando l’euforia dei cambiamenti,
il motivo per la metafora, fuggendo il peso
del mezzogiorno primario, l’ABC dell’essere,

l’umore vermiglio, il martello del rosso e del blu, il suono duro,
acciaio contro accenni, il lampo acuto,
la vitale, arrogante, fatale, dominante X.

 

 

 

Guido Mazzoni è nato nel 1967. Da qualche anno vive a Roma. Ha scritto i libri di poesia La scomparsa del respiro dopo la caduta (in Poesia contemporanea. Terzo quaderno italiano, a cura di F. Buffoni, Guerini, 1992), I mondi (Donzelli, 2010) e i saggi Forma e solitudine (Marcos y Marcos, 2002), Sulla poesia moderna (il Mulino, 2005), Teoria del romanzo (il Mulino, 2011), I destini generali (Laterza, 2015). È tra i fondatori del sito culturale «Le parole e le cose». Insegna letteratura all’Università di Siena.

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