Dalla Prefazione di Anna Maria Curci

L’allegoria della nave per l’esistenza e l’organizzazione della comunità umana, alle prese con lo scorrere della storia da un lato e le scelte individuali dall’altro, ha uno sviluppo che ha gettato le sue ancore in posti molto distanti nel tempo.
Ha navigato, come ricordava Erich Auerbach in Mimesis, con la Bibbia dell’arca di Noè e, soprattutto, dell’imbarcazione sulla quale viaggiava Giona riluttante a recarsi a predicare a Ninive, così come con l’Odissea del polýtropos, del “multiforme”, di colui che è Nessuno e, allo stesso tempo, Everyman, un enigma “umano, troppo umano”, come hanno evidenziato recentemente Daniel Mendelsohn in Tre anelli. Una storia di esilio, narrazione e destino e Giovanni Kezich in Ulisse non è lui. La nave in balia dei pericoli del mare è stata “nave dei folli”, Narrenschiff (1494) dell’umanista Sebastian Brant, nonché doppio dell’anima in tumulto e topos letterario «con vele nere» da Francesco Petrarca a Giosuè Carducci passando per Heinrich Heine.
È con La fine del Titanic (Der Untergang der Titanic, 1978) di Hans Magnus Enzensberger che, tuttavia, si manifesta, con evidenza ed efficacia del dire, il passaggio a un livello allegorico ulteriore, alla lama affilata della critica puntuale al celebrato ‘progresso’, allo smascheramento, nelle figure, nelle fogge diverse e nelle ‘gesta’ di ufficiali, cambusieri, marinai e passeggeri della nave – delle grandi illusioni, manovrate, queste, da ingranaggi di regolamenti, retorica, manipolazioni.
Se il naufragio del Titanic il mattino del 13 maggio 1912 è stata la prima apparizione di quella che Enzensberger definiva la fine del mondo in piccole dosi, esso ha evidenziato, come si palesa nelle trentatré cantiche del poema (il riferimento del poeta tedesco a Dante è intenzionale), che la catastrofe ‘a pezzi e bocconi’ è in realtà la fine dell’umanità divisa per classi. La teoria del transatlantico di Carlo Tosetti fa tesoro della constatazione di Enzensberger e le conferisce nuovo impulso, nuovo slancio.

 

da La teoria del transatlantico (Edizioni Cofine 2022)

dalla sezione Libro IV – L’addetta all’ufficio reclami

I
Dice la teoria del transatlantico
che cammini un mastodonte per i grandi
numeri a favore e anche quando il male
intacca delle cellule, s’avvale
il colosso dell’utile prodotto
e tiri dritto senza pencolare.

II
Per questo alle doglianze ricevute
– talune irragionevoli, penose –
dai clienti che lamentano i disagi,
lo sostengo, va detto senza ambagi,
l’oblio le attende del cestino, certa,
giusta la teoria creata per le navi.

III
Ci destano gli eventi dalla veglia
assorta, se sciagure: l’uomo annega
in mare aperto – che non sia di terza
classe – o c’infuria la tempesta, sferza
la nave e l’inabissa. Visse Albione
la macchia del naufragio. Noi dormiamo.

 

Carlo Tosetti (Milano, 1969) vive a Sirtori (LC).
Ha pubblicato le raccolte: Le stelle intorno ad Halley (LibroItaliano 2000), Mus Norvegicus (Aletti 2004), Wunderkammer (Pietre Vive 2016), La crepa madre (Pietre Vive 2020) e La teoria del transatlantico (Edizioni Cofine 2022).

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