Laboratorio di Poesia, a cura di Alfonso Maria Petrosino, esce l’ultimo venerdì del mese su ‘Poesia del nostro tempo’. Vengono commentati i versi degli aspiranti poeti del Laboratorio online e scelta la poesia del mese.

Nei testi di Lucio Macchia c’è una grande attenzione descrittiva, tramite per lo più l’accumulo, come se non fosse possibile una definizione esatta di qualcosa ma solo una sua continua approssimazione; ecco un incipit: “Non qui al ghigno del clown / ma altrove mi volgo, alla paura / alla vera origine risalgo / al fitto d’ombra, notte della notte / oltre gli orizzonti elettrici / delle città intessute di fughe”. Si parte da una negazione per indicare poi qualcosa che viene man mano approfondito e per una migliore definizione ridefinito, fino a una felice invenzione linguistica (“il mondo si estrema”). Nonostante questo procedimento sia di per sé avvincente, c’è forse il rischio di appesantire dei punti che isolati avrebbero maggiore respiro; penso alla prosa Verso il largo (“Il suo viso è un estuario di tristezza, dove correnti disperse si ricompongono, dove i fiumi del desiderio, del pianto, della paura, gli eterni torrenti di lacrime, scorrono infine verso le foci, dipanati dalle maree, liberi dal giogo delle rive, aperti come ventagli verso l’oceano, l’infinito placido largo, che ci richiama a tornare, di nuovo nella fede, di nuovo vivi, oltre tutte le piroette dei mondi, a cercare ancora, nello sguardo sincero, aperto alla luce, cullato nel sorriso, di nuovo le braccia tese, l’impeto nell’aria, a gettare reti nell’abisso, protesi oltre i bordi, a cogliere la vita, nella stessa acqua che ci specchia, nella placida illusione che c’incanta”) in cui le tante parole che seguono mi sembrano spossare la densità significativa del vigoroso incipit.

Stefania Calesini ha inviato due poesie inedite e due tratte dal suo libro Innesti di rose sull’ortica. Nei suoi testi ci sono declinazioni poetiche di osservazioni zoologiche, un acuto studio sulla luce, riflessioni sulla memoria involontaria, una presentazione molto realistica della luna. Quando la descrizione è molto articolata la musica del verso passa magari in secondo piano (“Nella sala d’aspetto, / sul tavolo messo lì a bella posta, / ho preso a caso un giornale di scienze. / C’era un interessante articolo / su un insetto di colore celeste…”), ma quando le premesse sono stese, ci si imbatte in zeugma allitteranti (“dall’ansia generale dell’ego e della gola”), paradossi (“Faccio le ore piccole, o immense?”) e versi monoverbali (“Ecco, mi arrendo, / sono fragile, / sparsa, / polvere / asciutta di agosto, / scaglia / d’erba pallida / e assetata, / alzata / dall’aria calda / che al tramonto dalla valle / sale al bosco”). Una tavolozza varia e solida.

Come poesia del mese scelgo Quarantena di Antonio Faruolo, per l’esercizio di umiltà dello sbadiglio che deforma (“storpia” addirittura) i connotati, per lo scarto tra testo e titolo e perché quel nibbio sembra volare nel margine del Grido d’autunno dello sparviero di Brodskij.

 

Quarantena

Sotto un cielo che anticipa tempesta,
come se la notte mai si nascondesse
dietro i monti che tranciano l’orizzonte,
a braccia conserte ce ne stiamo –
senza far caso allo sbadiglio
che mi storpia i connotati,
guardiamo le picchiate affamate
di un nibbio.
Nel suo volo niente sussulti,
nessun invito allo stupore –
puoi sentirlo? Un dito punta in alto e
nello spazio della retta
che già ha tracciato
solo un frullo, il perdere la bussola,
questo rassicurante languire
nell’inerzia.

 

Alfonso Maria Petrosino ha pubblicato tre libri di poesia, Autostrada del sole in un giorno di eclisse, Parole incrociate (Tracce 2008) e Ostello della gioventù bruciata (Miraggi 2015). La sua poesia, che descrive luoghi e situazioni in relazione a un paesaggio urbano e all’umanità che lo abita, si avvale di una metrica precisa e raffinata. La redazione di Poesia del nostro tempo ha scelto Alfonso Maria Petrosino per impersonare la figura del maestro, capace di leggere attentamente e suggerire soluzioni, anche ai neofiti della poesia, proprio per la sua capacità sia di aderire al “canone”, alla tradizione, che di frequentare i nuovi palcoscenici della poesia, dagli happening e performances al poetry slam, essendo stato campione indiscusso di queste scene per molti anni.

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