Dall’introduzione di Giuseppe Manitta

L’intera silloge risponde, pertanto, ad una esigenza ben precisa e della quale Deaconescu dà un indizio sin dai primi componimenti. Si interroga, infatti: “cosa succederebbe mi chiedo / se venisse fotografata / l’anima?”. Questo è il vero obiettivo: fotografare l’anima, non tanto e non solo nella sua visione monadistica, ma anche nel rapporto con l’altro. Per questo, si ricordi, si è parlato del legame con la persona-altra, con il “lei” che da più parti emerge, ma anche con altre figure (Cioran e Sorescu, ad esempio). Tutti i tasselli finora individuati, difatti, confermano un’altra idea sulla poesia di Deaconescu, o per lo meno su quella che in questa silloge si pubblica, ovvero la parola come escavazione di qualcosa che andrebbe meglio definita, perché inconoscibile, e come desiderio di ricerca o di identità. Da qui la necessità della ‘mancanza’, dell’imperfezione, sino a farne un’ulteriore preghiera a Dio: “così ti prego / non togliermi il mistero della mancanza”. L’eco del titolo è, dunque, sentire un’appartenenza distante, la profondità della voce che viene dall’interiorità, ma che deriva anche dal mondo esterno, un modo per riconoscersi nel mondo e riconoscerlo.

da Ecoul, doar el / L’eco, solo lei (Puntoacapo 2019)

Traduzioni di Cinzia Demi

Călătorie

Părinţii m-au urcat în tren
Şi eram vesel
Că o să văd atâtea
În lunga mea călătorie.

Aşadar, să mă bucur
Înainte de a veni controlorul
Să îmi perforeze biletul
La a nu ştiu câta staţie,
Căci nimeni n-a văzut vreodată
Trenuri obosite de prea mulţi călători.

Il viaggio

i miei genitori mi misero sul treno
e io ero felice
avrei visto tante cose
nel mio lungo viaggio

così mi divertivo
prima che entrasse il controllore
a perforarmi il biglietto
all’ennesima stazione
perché nessuno ha mai visto
treni stanchi per troppi viaggiatori

*

Herghelii neîmblânzite

Cai albi – statui credincioase,
Pe malul râului
Pasc din tăcerea nopţii.
Apa le poartă,
Departe,
Umbrele, în herghelii
Neîmblânzite.

Le mandrie selvagge

cavalli bianchi – statue fedeli
sulla riva del fiume
pascolano nel silenzio della notte
l’acqua le porta
lontano
quelle ombre in mandrie
selvagge

*

Eu, nimeni

Nimic nu mă mai miră
Lumina-ţi mângâie carnea
Aproape un incendiu de parfumuri,
De flori şi fructe pârguite.
Doamnă, care înţelegi
Ce nu se înţelege,
De ce mângâierile se prefac
Într-o lucrare orgolioasă,
Ca şi când s-ar şlefui un diamant
Cu ochii închişi, fremătători,
Diamant ascuns în cuvintele
Ce s-au pierdut în semne
Şi-n ecou.
Doamnă, ca un răsărit,
Eu, nimeni,
Nu-i aşa că tăcerea
A înfrânt gâlceava şi orgoliul
Umbrei?

Io, nessuno

niente può più sorprendermi
la luce ti accarezza la carne
quasi un incendio di profumi
di fiori e frutti maturi
donna che intendi
ciò che non si intende
perché le carezze
si trasformano in un fare orgoglioso
come quando si lucida un diamante
con gli occhi chiusi palpitanti
il diamante nascosto nelle parole
perso nei segni e nell’eco
donna come un tramonto
io nessuno
non è che il silenzio
ha sconfitto le liti e l’orgoglio
delle ombre?

Ion Deaconescu è nato nel 1947 a Târgu Logreşti, in Romania, è poeta, scrittore, romanziere, critico letterario, traduttore. Ha pubblicato oltre 50 volumi tra poesie, romanzi, critica letteraria, traduzioni. I suoi libri sono tradotti in molte lingue e ha ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. In Italia è stato pubblicato di recente Ecoul, doar el / L’eco, solo lei (Puntoacapo 2019).

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