Fotografia di Donatella D’angelo

 

La stretta contingenza, l’esperienza a contatto con gli eventi della contemporaneità rappresenta una sfida notevole per la poesia. Scrivere necessita di un impulso che può scaturire da questa immediatezza, ma anche di una incubazione e di una rielaborazione che consentano di valutare gli eventi e rifinire le forme espressive specifiche. Con Linea di cattedra (Samuele Editore 2021) Alice Serrao accetta la sfida ed entra nel merito di avvenimenti e stati d’animo che hanno caratterizzato il nostro sentire e la nostra convivenza negli ultimi anni: pandemia, contagio, distanza sociale. Lo fa in un ambiente e con protagonisti che all’interno di quel contesto rappresentano una comunità ben definita, quella della scuola. Il punto di vista originario è quello di una giovane insegnante, ma il testo si dispiega in una polifonia di voci, nomi e persone che danno espressione agli stati d’animo di una intera collettività all’interno della quale la lingua diventa fluida e variabile, si arricchisce di diversi contributi e piani espressivi in una vasta tipologia di dinamiche. Come osserva Claudio Damiani nella sua nota introduttiva «continui sono gli scambi, anche attraverso giochi linguistici, tra i contenuti didattici e la realtà, tra il simbolico e il reale […]. Siamo anche noi dentro a quelle quattro pareti virtuali». Il sottotitolo della raccolta cita in modo “ufficiale” il periodo di riferimento: a.s. 2020–2021. E lo sviluppo poematico si svolge lungo le tappe comuni della vita scolastica con l’inizio dell’anno, il rituale dell’appello o del cambio dell’ora, le abituali attività tra studenti o tra colleghi, l’assemblea, gli argomenti delle lezioni, le verifiche, la presenza di studenti stranieri o autistici e nel contesto della suddivisione delle regioni in diversi colori. Sono tappe vissute andando oltre la superficie dei fatti e la loro narrazione lineare, considerandoli come forme e figure, metafore: «Ai cancelli – come cresce l’erba in in sei/ mesi, i ragazzi hanno forme ritrovate e/ sconosciute. Due ruote delle bici innescano/ da capo il linguaggio di settembre;/ si inerpicano le edere fuligginose, alcuni/ non erano ancora stati fiori e si sperimentano/ la voce di maggio cambiata nei pomi/ di questi nuovi Adamo».

Il titolo Linea di cattedra risulta particolarmente felice perché è immediatamente riferibile alla scuola e all’insegnamento/apprendimento, ma ne astrae i processi e le relazioni in modo quasi geometrico, materico e metaforico, definendo sia il mobile/arredo nello spazio fisico dell’aula che l’incarico di insegnamento. La linea allora è un inevitabile confine della relazione tra docente e studenti, reso ancora più significativo dalle caratteristiche della didattica a distanza, da un contatto che si realizza virtualmente. Eppure dietro gli schermi e le presenze che si collegano si travasano interi ambienti e suoni (con le inevitabili interferenze) rendono quella linea un crocevia di identità turbate eppure volonterose. E nonostante quella linea si sia trasferita dalla cattedra reale allo schermo dei diversi dispositivi su quella frontiera resistono i protagonisti e volonterosamente sostengono quel processo di conoscenza cercando di realizzarlo nonostante le difficoltà. L’insegnante-poeta inoltre trae proprio dalla fragilità di quella linea i suoi versi. Al di qua della linea esiste il ritorno, la vita precedente, il mondo di ricordi degli adulti ritornati studenti – e già il confronto tra le due identità ulteriormente divaricate tra prima e terza persona, può rendere paradossali le memorie e il presente: «L’occhio del sole sui balconi fatiscenti,/ d’inverno aveva piovuto nei catini./ Aspettavamo la campana guardando/ il ponte per Expo ergersi dal cemento;/ anche se stessa nel passato a scuola/ quando ci tolsero l’amianto dal tetto/ gli operai ci dissero:/ tapparelle basse, è più sicuro/ ma la nostra era guasta, ghigliottinava/ gli sguardi verso la ringhiera, furibonda/ distrazione dagli aoristi/ sulla lavagna.»

Non mancano quindi riferimenti più strettamente personali, flash back autobiografici o riflessioni a sottolineare nell’insegnante un Soggetto sensibile all’evocazione, all’emergere delle proprie memorie o delle proprie considerazioni anche sconsolate sollecitate dalla difficile contingenza, come in un flusso di coscienza parallelo al fare lezione: «Pulita, in principio ogni superficie/ è netta, è monda non è stata/ toccata da nessuno. Asettica/ ed alcolica la cattedra disinfettata/ …/ Come fare/ l’amore lattice, la vita che non sporca/ di seme azzurro, non accade, senza/ sedimentazione umana/ si astiene dal germogliare.» Al tono più ironico («Le macchinette del caffè sono sparite/ e la Pizia non sa più/ predire oracoli, leggere nei fondi/ il volere degli dèi»), si alterna quello più severo e perentorio, in particolare nelle chiuse: «Affiora sulle righe solo/ un gesto che disfa”. Oppure: “La scuola soffre nella parola/ politica a vanvera/ che non ci guarda preziosi/ che non fa abbastanza». Ma tra i versi troviamo anche valore lirico e di suono come nella poesia Colleghi: «Declina la parola rosa sull’ardesia,/ entra lievemente in ritardo nell’aula/ i(ros-a) si stacca/ la rosa dal suo significato, non osa/ e l’attenzione su te tutta/ si raggruma», là dove si saldano assonanza, etimologia, simbolo e figura.

La forma polifonica della raccolta non dipende soltanto dalle diverse voci che emergono direttamente, ma anche dall’uso del corsivo che di volta in volta, distingue le citazioni, le tonalità didascaliche o sottolineature di versi specifici particolarmente significativi creando una testualità variegata e, grazie anche agli incisi, al discorso diretto, alle riflessioni dell’autrice, una superficie dinamica e sinusoidale. E comunque, nonostante questa mobilità interna, la raccolta resta nel suo insieme un percorso unitario. nella sintesi e nella concentrazione dei testi. La scrittura di Alice Serrao resta per tutto il percorso sobria e sorvegliata, mantiene una tenuta costante pur nella diversità dei registri. Davanti a un contesto che ha piuttosto creato turbamento, disagio, se non disperazione, che ha suscitato e continua a suscitare prese di posizione estreme e opposte, questa fermezza di espressione rappresenta un elemento essenziale, un valore aggiunto all’ideazione e allo svolgimento delle tematiche. La linea di cattedra è quindi una linea di fermezza, senza alcun cedimento retorico: una linea di poesia che si sviluppa in un perimetro che ci comprende e ci coinvolge anche nel condividere l’incertezza sulle prospettive di uno stesso difficile periodo.

Prestare

Usa il mio – non si può più dire
il libro alla distanza di un metro
tra le bocche
mettere in mezzo per colmare
la dimenticanza
è sempre bastato almeno per due.

occorre riappropriarsi del gesto
imparare a implicarsi nell’altro
senza dare nulla in prestito.

*

Balconi

“Dopo dovremo ricostruire tutto”
la sigaretta nascosta nell’azzardo del balcone,
nell’azzurro affacciato su Legnano;
alcuni non sono più capaci di sporgersi.
“Abbiamo bisogno ciascuno del cuore
di un altro per sentire” – diceva Agostino.
“Prof, è d’accordo?”
“Anna Frank si è giocata la libertà
in uno stanzino “finché puoi
guardare il cielo senza timore – diceva –
potrai ridiventare felice”. Fuma
la prossimità dei sabati perduti.
Sono miei come fioretti dopo la gelata,
titubanti nel cinquanta per cento
del sole in presenza. “Possiamo ancora
diventare grandi a qualcosa?”
“Non abbiate paura”

*

Scuse

“Prof se solo potesse sapere…”
La macchina è restata nel viaggio,
la Francia non ha sentito ragioni e l’azzurro
del mare, per frode, ci ha tenuti abbagliati
alla costa. Così stamane avrei dovuto
fare il tragitto con lo zaino e la bici,
ma il guasto s’è allargato, per simpatia,
a tutti i nostri mezzi… incredibile
all’improvviso ero a piedi, non fosse stato
per i nonni che un poco
(sebbene muoiano spesso) ancora funzionano…
“…ma il quaderno di latino, in questo casino,
è a casa.”

Alice Serrao insegna Lettere in un Liceo della provincia di Milano. Si è laureata presso l’Università Cattolica di Milano in Lettere Moderne (2012) con la tesi Maria Luisa Spaziani e “La traversata dell’oasi” e in Filologia Moderna (2015) con la tesi Esiti dello Stilnovo nella lirica femminile contemporanea. Entrambe le volte 110 e Lode. Ha pubblicato A piene mani (La Vita Felice 2016) e Linea di cattedra (Samuele Editore 2021).

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