Fotografia di Dino Ignani

Nelle quattordici poesie di questa plaquette, Maria Borio scrive dal domani: anche se nomina led, notti bianche, cellule fotosensibili, Paint, tutte cose dell’oggi, parla da un Dopostoria in cui quello che ci è familiare è già scomparso, in cui la natura è un ricordo. Nomina spesso le cose della natura, gli animali, il coniglio, le tortore; ed è come se le rimpiangesse, come se già non ci fossero più. In un passo nomina anche la tenerezza. Non è facile nominare la tenerezza in questo tempo che la equivoca. E viene da pensare che una delle qualità più belle di questa poesia − e dell’autrice, per chi la conosce − è proprio la tenerezza. E che forse la tenerezza, più della bellezza, può salvare il mondo.
Le poesie di Dal deserto rosso (stampa2009, con illustrazioni di Linda Carrara e una nota introduttiva di Maurizio Cucchi) istituiscono un sistema di opposizioni: le tenere primule piantate accanto al duro granito, il nord e il sud, l’acquamorta e l’acquaviva, lo star soli e lo stare insieme… Sembra di trovarsi in un postmondo in cui, del mondo vivo, sopravvivono solo le mappe, le coordinate; in cui i simboli dell’essere hanno sostituito l’essere. È azzeccatissimo il riferimento ad Antonioni nel titolo dell’opera, perché Dal deserto rosso è un poema condotto sul filo dell’alienazione. L’autrice oppone lo stare soli allo stare insieme, ma poi scopriamo che lo stare insieme è solo virtuale, è un parlarsi attraverso lo schermo di un computer: ed è un momento perturbante. Ci ricorda il finale di Solaris di Tarkovskij, quando scopriamo che il padre del protagonista è solo una creatura di neutrini, e che tutto è finto.
Ma Maria Borio non ci lascia su queste note pessimistiche, e nella seconda parte della piccola raccolta crea un gioioso poemetto in cui la vita rifiorisce, la primavera la fa da protagonista, e dove mondo naturale e mondo artificiale, reale e virtuale riescono finalmente a darsi la mano: che è poi quello che sarebbe auspicabile.

 

da Dal deserto rosso

Sono un punto solo nel deserto rosso:
oggi è questa la mia dimensione, un punto
che non ha lunghezza, larghezza, profondità,
caduto dalla parte più alta del cielo su una terra
piena di silenzio e pura improvvisamente.
Ti scrivo da una zona rossa, ed è questa la verità:
i confini sono tracciati, il rosso ha riempito lo spazio,
vuoto, neutro, senza uscita, e tutti sono come me,
punti soli, senza illusione, nella prima primavera
del millennio che al tempo sta cambiando la faccia.
Ti scrivo e da questa stanza sussurro che se un punto
non ha dimensioni è perché forse le ha unite tutte in sé?
Pensarsi è unirsi – mentre la notte e il giorno
hanno un unico colore e impariamo a pensarci –
e un bene, come mai, nuovo?

*

MILLENNIO DI PRIMAVERA

Oggi vedo cos’è la primavera –
i segreti si sentono, leggeri e puliti:
li guardi nel cielo su zattere di pino,
all’argine il biancospino dice sono qui.

Vediamo, desideriamo – forse non è
una stagione, ma l’ultima antropologia –
paura non del futuro, dell’amore…
Per cogliere il biancospino bisogna pungersi.

…………………………………………

Si toglie il pigiama, è una mattina di aprile.
Dentro il corpo delle tortore può esserci
ogni ricordo, nella testa perfettamente tonda
negli aghi azzurri del pino perfettamente cuciti.
Nessuno vede chi eri, né i suoi desideri,

guardando le tortore nessuno può immaginare
una donna vestita da jogging e un uomo che porta
una sciarpa consumata – le tortore covano
e dimenticano quando le uova schiudono.
Come si dimentica? Cosa si desidera?

 

Nessuno può trovarti – ma quella cosa
crepita ancora come giocare al gioco di
non respirare e non parlare, che accade
sempre quando due iniziano a riconoscersi –
prima lei poi lui poi lui poi lei poi lei poi…

Tutti, prima o poi… nascondono una cosa –
nel vaso del basilico, uno dentro l’altro,
nell’uovo che cuoce, uno dentro l’altro –
e adesso, come la tortora prende l’erba,
adesso che la perde un po’ volando…

……………………………………………………….

È stato appoggiare un piede sull’acqua:
il freddo all’inizio, poi l’abitudine,
la caviglia sul bordo e il nuovo habitat,
la piscina in circonferenze più grandi,
anelli, cerchi magnetici. Onde.

Era primavera. Nuotavamo con la cuffia,
il costume aderente a x dietro le spalle.
La fine e l’inizio: un habitat alterato
in una zona, diffuso in un’altra zona,
un posto più grande… Altre onde.

 

Avevamo perso i piedi nell’acqua –
fuori aprile schiarisce un po’ il prato –
le bracciate facevano sempre un suono
profondo, senza memoria, oscillante
come l’IBM nuovo e Paint dove disegnavi

un’altra piscina senza bordo. Il ricordo
un habitat? Ferma il piede sull’acqua:
c’è sempre una vita dietro… – il piede,
la freccia per disegnare… – alle spalle
chi c’è stato? Prova, conta. Ascolta. Salta.

……………………………………………………………

Oggi è nato il fiore del rosmarino.
In questo millennio per la prima volta
vulnerabili ovunque, per la prima volta
non avresti creduto. I fiori non sono occhi.
L’umido della cornea fa trasparire i ricordi?

Allora lo sguardo più vero è solo quello
che raccontano dopo il bacio di Giuda:
la nostra specie, tutto il bene e il male,
forse solo nella primavera di un tempo
come questo, appare onesta. Silenzio.

 

La nostra specie crede alle macchine
e al destino, fermi, vuoti, per la prima volta,
come il Santo Sepolcro dalla peste del Trecento.
La nostra specie, la tentazione – “Ciò che è, è
– se non è, non sono stato, non sono, non sarò?”.

Ma come sono autentiche le persone
per un momento, più vere delle parole
di Elisabetta II, il pulito We’ll meet again.
Più della luna fresca e lucida al mattino…
e un uomo non sa se è la luna o il sole.

………………………………………………………….

Oggi vedo cos’è la primavera… –
“Ciò che è, è – se non è, sono stato, sono,
sarò?”, a voce bassa Cesare e Napoleone
seduti insieme dall’altra parte della luna

– poi una donna, in controluce, arriva
alta dall’altra parte del sole, ripete
“verità” e “verità”, “eroismo spoglio…” –
e lei è solo una persona, e contempla, adesso.

 

Maria Borio è poeta e saggista. Dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea, cura la sezione poesia di “Nuovi Argomenti”. Il suo ultimo libro di poesia è Trasparenza (collana “Lyra giovani” a cura di Franco Buffoni, Interlinea 2019) in uscita in traduzione negli USA, il precedente L’altro limite (pordenonelegge-lietocolle 2017) è stato tradotto in Argentina. Il suo ultimo libro di saggistica è Poetiche e individui (Marsilio 2018). Fra i premi di cui è stata vincitrice, il Mauro Maconi e il Città di Fiumicino. È redattrice del sito culturale “Le parole e le cose”. Fondatrice del festival europeo “poesiæuropa”, collabora con i programmi di Radio 3 Rai e con la cattedra di letteratura italiana contemporanea dell’Università di Perugia.

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