Maternità marina (Terra d’ulivi edizioni 2020) è un’antologia poetica, un’opera corale, incentrata sul tema complesso del materno, che raccoglie i testi di trenta autrici italiane contemporanee: Franca Alaimo, Vera Bonaccini, Angela Bonanno, Claudia Brigato, Martina Campi, Paola Casulli, Mirella Ciprea Crapanzano, Flaminia Cruciani, Alessia D’Errigo, Lella De Marchi, Francesca Del Moro, Laura Di Corcia, Claudia Di Palma, Alba Gnazi, Ksenja Laginja, Anna Lamberti-Bocconi, Daìta Martinez, Silvia Maria Molesini, Gabriella Montanari, Renata Morresi, Daniela Pericone, Valeria Raimondi, Anna Ruotolo, Silvia Secco, Francesca Serragnoli, Enza Silvestrini, Claudia Sogno, Alma Spina, Antonella Taravella, Claudia Zironi, testi scritti a partire dalle suggestioni di una serie fotografica di ventotto scatti ideata e realizzata da Silvia Rosa, con inserti grafici a ricamare le fotografie e illustrazioni a puntellare i versi, a cura di Valeria Bianchi Mian, una sorta di sottotesto che accompagna la narrazione poetica, una delicata trama dai toni pastello che riscrive le foto di significati ulteriori. Il libro contiene anche le due introduzioni delle curatrici e due loro poesie,  lasciate volutamente a margine della narrazione, a cui invece hanno dato forma le altre autrici. A conclusione dell’opera appare la postfazione accurata dell’artista Sandra Baruzzi, che riflette sulla sintesi che linguaggio visivo e scritto producono.

 

 

Da L’altra madre di Silvia Rosa

Una poltrona di pelle rossa abbandonata sugli scogli, nella luce estiva abbacinante che infiamma sabbia e mare, in uno scorcio di Sud dai contorni fiabeschi. Questa visione mi viene incontro, un agosto di molti anni fa, mentre passeggio sulla spiaggia, distratta, e mi colpisce lo sguardo come un sasso, rimbalzando concentrica altre immagini, altre visioni, che sprofondano poi nell’inconscio. La genesi di Maternità marina è in questo incontro casuale con un dove che ha risonanza di sogno, e con il rosso di un desiderio ormai sbiadito, capace di evocare ancora tutta l’accoglienza di un abbraccio, nonostante l’abbandono, lo strappo, il danno che l’oblio ha cucito addosso al corpo cavo dalla poltrona, lambita dalle onde e pungolata dalle rocce. […] Le fotografie di Maternità marina […] sono rimaste molte stagioni in sospeso, a maturare, finché un giorno ho deciso di condividerle con alcune poete […] senza svelare nulla riguardo alla loro genesi, perché fossero loro stesse a raccontarne la storia attraverso i propri testi. In libertà, guidate solo dal titolo […], le autrici hanno con segnato alla mia visione primigenia una narrazione nuova di zecca, eppure molto simile a quanto avevo immaginato durante quell’estate conturbante. Le loro voci hanno preso a mischiarsi e a lievitare insieme, pur rimanendo uniche nel timbro e negli accenti che le caratterizzano (alcune poete hanno scritto nel dialetto delle proprie origini, un’eco di luoghi di mare e terre antiche che ha creato un’ulteriore corrispondenza emotiva con i paesaggi ritratti nelle foto). Ho chiesto aiuto anche a Valeria Bianchi Mian e al suo talento eclettico di scrittrice e di ottima illustratrice. È stata lei a pensare un circolo virtuoso che dall’immagine alla parola poetica tornasse infine alla visione, da cui tutto è scaturito, ricamando le fotografie di suggestioni altre e creando illustrazioni e motivi decorativi che puntellano di colori delicati le pagine scritte. Così questa antologia si è trasformata in un piccolo libro d’arte, che racconta la potenza generatrice del femminino, un girotondo a tratti vorticoso e inquieto intorno al concetto di maternità, luci e ombre comprese, nelle sue infinite variazioni. […]

 

 

Da Le madri d’onda di Valeria Bianchi Mian

[…] Dire madre presuppone ancora, nell’immaginario collettivo e nella psiche del singolo ‒ lo si vede in ambito clinico così come nell’ideale mediatico ‒ una sorta di morbidezza che accoglie e lenisce ogni pena, una dolcezza mammifera che offre alla creatura creata atmosfere da Eden prima della caduta, ma circola ormai come acqua nei meandri della realtà cosciente, l’idea che la “madre sufficientemente buona” di winnicottiana memoria sia una meta costellata di erranti errori agiti quotidianamente da migliaia di volonterose eroine dello smettere di fumare in gravidanza, della tetta somministrata a piacere, del pannolino ecologico. E così via, tentativo fallito dopo tentativo abbozzato, dalla fecondazione alla tarda adolescenza della prole (e oltre). Insieme alla psicoanalisi, il femminismo come filosofia e pratica ha scosso la società occidentale, richiamando dal buio un femminile plurale: madri e non madri, tutte le donne possono viversi creature generative. […] La prima volta che ho incontrato le fotografie di Silvia Rosa sono rimasta colpita e bloccata sulla soglia delle immagini. […] Nel tempo, tuffandomi nel mare delle storie in abbozzo, ho visto tracce inesplorate nel rimescolarsi delle onde e delle carte. La parola e il disegno, la fotografia e il verso, la terra, il cielo e il mare convergono, fili di trama, ordito d’Aracne, tessendo pagina dopo pagina la scelta di un’onda tra le onde del mare. È la gestazione dell’Altro e la rigenerazione nel Sé; è operazione nella storta alchemica, nell’alambicco del tema che ci coinvolge tutte – noi curatrici e le poete che hanno partecipato al progetto – ognuna in modo differente. Le fotografie di Silvia e i miei schizzi, le tracce che ho segnato sopra le immagini, accompagnano le parole delle autrici nell’operazione di cottura lenta, misurata, di questo libro-embrione che si fa feto, che si infrange onirico sopra gli scogli della nascita e ricomincia a battere nel mare con un guizzo di scaglie. […]

 

 

Da La nostra origine di Sandra Baruzzi

[…] La particolarità della pubblicazione è la contaminazione fertile, la trasformazione e il passaggio continuo tra un territorio artistico e l’altro. Sfogliando le pagine di quest’opera corale ci si imbatte in immagini fotografiche e in illustrazioni che si alternano e si incontrano con la parola poetica: il segno della scrittura cede il passo al segno del disegno; i fermi immagine con soggetti e oggetti immersi nella natura si smaterializzano per diventare tracce, parole, simboli, voci. Un tentativo di innesto tra fotografia, disegno, parola, che è il gioco della creazione. Il dedalo viario generato tra questi linguaggi assume potenza comunicativa per la sensibilità delle autrici nell’investigare la propria intimità fino al pensiero più recondito, l’esperienza della maternità o la sua negazione. Nelle fotografie di Silvia Rosa il corpo femminile appare un prolungamento dell’ambiente circostante in cui è immerso, una natura fiabesca e a tratti inquietante che sconfina in narrazione. Il corpo assume qui la doppia funzione di soggetto e di contesto, contiene ed è a sua volta contenuto, l’insieme è diventato la somma di paesaggi, di frazioni di un divenire. […] Gli scatti fotografici di Silvia, raccontati dai versi delle poete, vengono poi lavorati da Valeria Bianchi Mian con inserti grafici elaborati attraverso la post produzione digitale, linguaggio moderno d’espressione artistica, che apre infinite possibilità di interazione con l’immagine in termini di creatività e duttilità, certamente limitati in epoche precedenti. […]. In queste pagine ogni poeta ci restituisce in modo soggettivo e unico la dimensione dell’umanità femminile, esplorando i sentieri del ricordo, della condivisione, della vulnerabilità. Un coro di donne capaci di compartecipare, al di là delle differenze storiche, anagrafiche, geografiche e linguistiche, capaci di scardinare i sedimenti più profondi, le storture arcaiche, i legami che imbrigliano […]. Nei versi di queste pagine si avverte il sussurro della natura con le sue acque, piante, foglie, frutti, pietre, zolle, cieli, si ascoltano i sussulti delle emozioni individuali e le interazioni sonoro-musicali, si intravvedono le architetture dell’immaginario. […]

 

 

Booktrailer:

 

Silvia Rosa nasce a Torino, dove vive e insegna. Tra le sue pubblicazioni: le raccolte poetiche Tempo di riserva (Giuliano Ladolfi Editore, 2018), Genealogia imperfetta (La Vita Felice, 2014), SoloMinuscolaScrittura (La vita Felice, 2012), Di sole voci (LietoColle, 2010); il saggio di storia con- temporanea Italiane d’Argentina. Storia e memorie di un secolo d’emigra- zione al femminile (1860-1960) (Ananke Edizioni, 2013). Ha intervistato e tradotto alcuni poeti argentini in Italia Argentina ida y vuelta. Incontri poetici (Ed. Versante Ripido ‒ La Recherche, 2017).

Valeria Bianchi Mian vive a Torino ed è psicologa psicoterapeuta e psicodrammatista. Ha curato l’antologia Poesie Aeree (Matisklo, 2014). Ha scritto e illustrato Favolesvelte (Golem, 2015). Ha partecipato a numerosi saggi di psicologia a più voci, tra i quali Utero in anima (Lithos, 2016) e Amori 4.0 (Alpes). Il suo primo romanzo è Non è colpa mia (Golem, 2017). Ha curato e illustrato l’antologia di racconti Una casa tutta per lei (Golem, 2018). Nel 2020 ha pubblicato la silloge poetica illustrata Vit[a- mor]te – Poesie per arcani maggiori (Miraggi Edizioni).

Valeria e Silvia hanno ideato e curano insieme il progetto Medicamenta: lingua di donna e altre scritture, che si declina in laboratori, gruppi di formazione, eventi e performance, al confine tra individuale e collettivo, sui temi caldi della vita femminile, come dipendenza affettiva, violenza di genere, il cammino di ricomposizione dell’identità nei percorsi migratori, le crisi psicologiche che costellano le fasi della vita, dalla giovinezza alla maternità, dalla menopausa all’anzianità. L’obiettivo è psico-pedagogico e si articola in poesia, narrazioni, drammatizzazione e piccoli manufatti di carta, ricorrendo spesso alla tecnica degli origami. Maternità marina è uno dei frutti di questa fertile collaborazione.

 

 

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