Dalla Prefazione di Gino Scartaghiande

Medeatiche, di Beatrice Achille, ripercorre il mito degli Argonauti, seguendo in parte le peripezie geografiche de Le Argonautiche di Apollonio Rodio, lì dove le vicissitudini di Medea s’incrociano con tutto il portato dell’omonima tragedia euripidea. È un’operetta lirico-sperimentale, un attuale libretto d’opera in fieri, che si rivolge alla dizione, alla rappresentazione auditiva, secondo precipue convinzioni della cultura musicale dell’autrice, e che io potrei immaginare partendo da una certa musica concreta post-moderna di matrice rock-elettronica, come per esempio quella revisione del proprio Io, tra identità e ascolto, quale si può percepire nel neologico Audentity, album del 1983 di Klaus Schulze – la sua cosiddetta Kosmische-musik – fino ai mistici sincretismi, tra tradizione e futuro, di Arvo Pärt. È questo contesto musicale il corpo a venire che sostiene la scrittura di Beatrice Achille, che di per sé, pur nutrita da alcune fonti ritmico-espressive della poesia contemporanea – Pagliarani, Rosselli, Pound – vive di un altro allargamento dell’esperienza, quello appunto librettistico di un melos musicale, e tenendo proprio d’occhio il melodramma ottocentesco, come di un suo bisogno primario, quasi infantile; ovvero di una pedagogia che l’autrice si sente in dovere di compiere su sé stessa.

da Medeatiche (Vydia editore 2022, collana di poesia Nereidi)

io scurissima notte come ti trattengo
nemmeno pronuncio nemmeno l’iniziale
e già poni e già muovi nel buio il distolto
fino a che non sciogli quel senso di totale
criterio una totale abnegazione aperta
se vuoi non entro a casa non varco la porta
non pulisco più e sporca trovarti cresciuta
uno sguardo e sei già sorta elevata a corona]
sole a mezzanotte solo su questa cima
io scurissima notte ti trovo disciolta
covata nel ventre per restare insaputa
e anche chiarificata darsi sempre un’ombra
qualcosa di nascosto promosso dal buio
restare oscura e tanto basta per la notte
il cielo stellato precipita dal cuore e
di solo una parola so essere salvata

io

***

pratoline su pelle io vorrei esserti sposa
inchinarmi nel tempio l’incenso che veste
e dirmi tua sposa che ti sposa in segreto
iniziarsi al paesaggio e trovarvi un maestro
qualcosa che sia “casa” o cattedrale muta
qualcosa che sia ossa di foglia e linfa nuda
poi dita tra dita bagnate di acqua santa
per indicare il cielo e nominarlo piano
“tu sei cielo” e poi “tu sei vita”, “sei sicura?”
piano scostarsi il velo e guardare in silenzio]
corona di spine si fa arbusto di rose
e noi in fondo in piccolo a profumarci e noi
in fondo in piccolo – pratoline di campo

***
L’iniziata era caduta.

[Avrei dovuto superarmi, ma ero sporca, trasudante
strati millenari di bugie. Non greca,
io barbara, io Medea.]

Si reagisce sempre uccidendo,
se non un altro, sé stessi.

Dopo il crollo
[…ricostruirmi dalle fondamenta. Da quel giorno
cominciai a sognare una palude scura che rifioriva.]
Ma un testamento lo si scrive per gli eredi… Ormai un
richiamo – [dentro di me – un gesto antico, poi un gelo].

Le gole di Samaria tacciono da allora – un tempo
questa roccia cantava e quel tempo non tornerà più.
Voce che si determina – un frammento, un canto che precipita, poi

[silenzio]

 

Beatrice Achille è nata a Trieste nel 1996 e studia Filosofia all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Per il teatro è autrice di Incomunicabilità. Un’offerta teatrale, con la regia di Federico Mullner, e ha scritto e diretto Il Confine. È una delle fondatrici del collettivo poetico ZufZone di Trieste ed è tra i curatori della collana di poesia I libretti verdi per la casa editrice Battello Stampatore. Con la videopoesia Il ritmo della malata, regia di Leone Kervischer, ha ricevuto, tra i vari riconoscimenti, la menzione speciale al K3 Film Festival di Villach e al Duende Art Festival di Barcellona. Con l’installazione sonora Mnestica ha partecipato alla mostra Immaginare il Patriarcato (Castello di Udine, 2019). Collabora con contributi critici a testate letterarie cartacee e online e suoi testi sono inclusi in Poetikon – Poesia contemporanea slovena, rivista coordinata da Rodolfo Zucco. Per Vydia editore ha pubblicato Medeatiche (2022).

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