Poesie tratte da Mattinata Sabbiosa (FrancoPuzzo Editore, 2017).

Traduzione dallo sloveno di Darja Betocchi.

 

 

Ki dramim se vso noč od tvojih bokov,
a postlja prazna, da bi se razjokal,
saj to, kar si, to je odsotnost ostra

vselej navzoča; večen zev daljave
nenehno tu; nenehno, kjer te ni,
si nuja brez obraza, sled vonjave,
da iščem te skoz čas med tujkami,

kjer puščaš mi dvoumna sporočila
v bežnih nasmehih, nežnostih, bližinah;
praljubica, ki si se pritajila

na robu upanja – sredi spomina –,
od kjer te suh dih zbranosti prežene,
in ki te med ženami ni nobene.

 

 

 

Tu, per cui trascorro le mie notti in bianco
sognando di svegliarmi al tocco del tuo fianco,
perché tu sei un’assenza che mi prostra

ed è perpetuamente qui; vuoto d’una lontananza
sempre presente; sempre, dove non ci sei,
sei un bisogno senza volto, tenue fragranza
che all’infinito cerco in anonime lei,

tra cui mi lasci degli indizi ambigui,
sorrisi, dolcezze, gesti di trasporto;
amante primigenia, che da sempre t’insinui

ai margini del sogno – al centro del ricordo –,
e solo la ragione ti dissolve come schiuma,
te, che tra le donne non trovo in nessuna.

 

***

 

Na nebu Venera je stala gola,
južnik mi ljubezniv je lizal plešo
– bitje sočutja: volčjega je spola –
in vonj cvetočih sliv mi v vino mešal;

kar je v spominu dobrega ujeto,
zgrnilo se krog mene je sinoči:
gledal sem čudežni nasmeh dekletov,
segal po njeni živi roki vroči

(in od vznesenosti malone hlipal,
Tantal ubogi: kot kokoš neumna
zrnje hlepeč kavslja, pokrito s šipo) –

segal v ogromnost praznega volumna,
in potlej si, zmehčan, v odprti noči
smehljaje dolgo polne glaže točil.

 

 

 

Nel cielo Venere si è denudata,
mentre lo scirocco – carattere lupino –
mi lecca affettuosamente la pelata,
mischiando l’odore dei prugni fioriti al vino;

ciò che di buono la memoria culla,
tutto si dispiega intorno a me, stasera:
incantevoli sorrisi di fanciulla,
il suo tocco, la sua mano calda e vera

(e già mi esalto e smanio invano,
Tantalo meschino: gallina stolta,
che un vetro becchetta posato sul grano) –

l’immensa vacuità della celeste volta,
per cui, intenerito, nella notte vasta,
pian piano, sorridendo, mi scolo la fiasca.

 

 

 

 

Milan Jesih nasce nel 1950 a Ljubljana. Studia Letterature comparate all’università della capitale e si specializza nello studio del russo e dell’inglese. Professionalmente si afferma come traduttore di prosa, al punto che le sue versioni dei classici russi e inglesi (Čechov, Bulgakov, Shakespeare) diventano dei classici.
In realtà il suo rapporto con la poesia inizia a svilupparsi già da giovane, alle scuole medie, ma è all’università che acquisisce la maturità necessaria a pubblicare la prima raccolta, Uran v urinu, gospodar! (1972). Seguono sette altre raccolte di inediti, di cui l’ultima esce nel 2000. Nel 2002 riceve il premio Prešeren per l’intera opera poetica, mentre è due volte vincitore del premio Jenko, nel 1991 e nel 2001.

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