Dalla postfazione di Giulio Maffii

C’è un filo, neppure tanto sottile, che lega i vari lavori di Gianni Ruscio nel tempo. Da Proliferazioni passando per Interioranna per giungere alla prova di maturità de L’ottavo giorno. Ruscio sembra partire sempre da fatti autobiografici, per compiere un’orbita di pensiero deviante e non in linea con quanto aspettato. Questo suo astrarsi dal pensiero egotico dominante ne fa una voce particolare e ricercata. Mutazioni non diverge dal suo concept, o per meglio dire, dalla sua costruzione poetica e di poetica ma qualitativamente il balzo è subito appariscente. Se nonostante i legami con le precedenti prove di scrittura siano evidenti (per cui possiamo parlare positivamente di riconoscibilità dello stile), qui si assiste ad un distacco placentare dal previo poeta e all’esplosione verso una nuova scrittura. Questa nuova scrittura ha solide basi, una vera e propria ricerca all’interno di un inconscio collettivo adagiato nel contesto naturale di una Roma in sottofondo, una Roma “terra guasta”, non la capitale gloriosa e glorificata, ma una metropoli spersonalizzante ed estraniata. Attraverso una visione mnestica appena masticata, Ruscio ci fa assistere ad un rito di passaggio e bene concepisce il libro in due sezioni, con una filigrana di unità inequivocabile, segno non di frammentarietà semantica ma di visione ponderata del testo. […]

da Mutazioni (Terra d’ulivi edizioni 2022)

Mortale indigesta e sottovalutata
la grazia – lama – del coltello nella mano
del macellaio. Prende pezzi di noi
che poi lavora con una tecnica
precisa e da manuale. Sui libri
di scuola non c’era scritto
cosa se ne sarebbe dovuto fare
col peso dell’umana mattanza.

*

Crediamo follemente che il suono
io
sia il nostro esserci
la nostra identità umana.
Crediamo follemente che
sia verità incontrovertibile
accenno divino al cospetto
del sacrificio dell’ammanco.
Ma in verità questo io
non è altro che illusione
un pezzo di carne
che ci rende labili dinnanzi
alla menzogna degli attaccamenti
su cui noi fondiamo la nostra
vita intera. Nulla esiste
di questo ego che celebriamo
di questa persona che crediamo
di essere.

*

Mentre mi dicevi di aver
sonno
potevo fare pace
con me stesso
ascoltando il pensiero tuo
addormentarsi:
siamo corpi pulsanti
fiammelle inestinguibili
che respirano
dall’oscurità.

*

Spazio e tempo erano la nostra
ampiezza estetica. Si decomprimeva
dietro gli occhi il passaggio
di ogni ora di ogni era. Venivo là fuori
per origliare le tue conversazioni
con i raggi della notte.
Antro la tua lingua insanguinata
di linguaggio.
Era incandescente la discesa
dentro la tua gola. Il solco respirato
scandiva il ghiaccio
e scioglierà le fiamme dal nodo.

 

Gianni Ruscio (1984) è nato e vive a Roma. È musicoterapista presso una comunità diurna e residenziale per adulti e minori autistici con disagio psicosociale. Ha pubblicato le raccolte di poesie Amore è l’errore (2008), Nostra Opera è mescolare intimità (Tempo al Libro 2011), Hai bussato? (Aler Ego 2015), Respira (Ensemble 2016), Interioranna (Algra 2017), Proliferazioni (Eretica 2017), L’ottavo giorno (Oèdipus 2021).

 

(Visited 218 times, 1 visits today)