Recensione di Franca Alaimo

Già nella dedica (a G.) l’autrice di Nature reversibili sembra esibire delle figure senhal di una storia prettamente biografica che, tuttavia, grazie all’uso di una parola che aspira sempre a essere altra, moltiplicandosi e sovrapponendo suggestioni foniche e semantiche, acquisisce una raffinata apertura e originalità scongiurando ogni tentazione narcisistica. Inoltre, la riproposizione del tutto personale di invenzioni attinte da un amplissimo immaginario poetico, dà vita a una serie di sottili e raffinati rimandi che, pur facendo di questa scrittura una tessitura verbale colta, non mortificano la sua vibratilità emozionale.
E, dunque, sempre rimanendo all’interno della dedica, i due animali, l’uccello azzurro, che indica l’uomo, e la cerva di campo, che dà figura animale alla donna, rimandano rispettivamente al bluebird di Bukowski e alla cerva-Laura del Petrarca, risuonando, fra l’altro, di echi mitologici orientali. Di una storia d’amore si parla, infatti, in Nature reversibili, e l’intento dell’autrice è quello di dedicare al suo amato “la levità dei miei pensieri in un fitto di filari di faggio e canti”, parole che rivelano insieme e una caratteristica di stile, quella della levità di calviniana memoria, e una postura personale di fronte al dolore; e, ancora, due elementi fondativi del suo spazio interiore: la bellezza della natura e l’incanto della gioia sonora, che le consente spesso di spostare la materia poetica dalla realtà alla contemplazione, dalla dimensione materiale a quella immateriale. La levità ha inizio dal vento, aria mobilissima che viene e scompare, soffiando memorie del passato, gelo e solitudini, anemos e insieme  nima per prossimità etimologica e di pensiero, per poi annunciare rifioriture di gioia e rinascite del “corpo bosco”. È dalla giuntura tra queste due parole “corpo bosco” che bisogna partire per inoltrarsi nelle sezioni successive in cui si delinea un itinerario verso la ricerca di un processo di vegetalizzazione e di mineralizzazione della natura umana. Giusto per esemplificare, il gerundio “Stormendo” che dà titolo alla seconda sezione, grazie all’impersonalità, si addice alle foglie mosse dal vento come al sussurro dei due amanti (“musica di foglie, l’universo/dove oscilliamo”, pag. 24) e al corpo di lei fattosi foglia (“lei gli siede accanto fragile/foglia”, pag. 23; e “Nell’ora dell’amore/ apro un tenero di foglie”, pag. 26). Né metamorfosi ovidiana, però, in cui la vegetalizzazione è un castigo, un definitivo esilio dalla superiore realtà umana; né dannunziana ebbrezza ed estetismo raffigurativo, quanto piuttosto un modo “mistico” di sentirsi inseparati dal Tutto, come imparano gli uccelli nel poema di Farīd ad-dīn ‘Aţţār, dopo avere attraversato sette valli (“Ora che abbiamo valicato/ sette valli e il mio e il tuo/ verbo è degli uccelli”, pag. 31) in cerca del Simurgh. Viene in mente un antico mito cinese in cui il vento era adorato come una divinità-uccello, in cui va rintracciata probabilmente una forma originaria della Fenice- Simurgh. Ma, mentre il processo di vegetalizzazione corrisponde, in genere, al sentimento della gioia amorosa, quello di mineralizzazione racconta l’abbandono, la caduta “della voce sasso” in un pozzo. Pietra, porfido, roccia, ghiaia, parlano il dolore della separazione, ne portano il peso, sottolineano la staticità dell’anima sotto il cumulo dei ricordi. La sera e l’oscurità sono più presenti e diffuse, si assumono il ruolo di correlativi oggettivi e di presenze consolatrici. In “Camille”, ultima sezione della raccolta, intanto che scorrono ancora emozioni e gesti, ricordi e squarci paesaggistici in cui vivono e si muovono fervide creature animali e vegetali, accade qualcosa di nuovo. Il vento diventa ruah, respiro, voce archetipica, misteriosa lingua, canto universale: quello degli uccelli, che affollano il testo di apertura della sezione: picchi rossi, codirossi, passeriformi, e degli alberi (tigli e platani). E il suono tende al silenzio e, dunque, alla radice della poesia: “pomo, ponte” “da te a me lingua, parola,/ bocca, aspirazione roca/ di una bacca intradotta”. In altri testi della stessa sezione si parla di “parole impossibili”, “di impulsività delle lingue”, di “parole fumose”. E il silenzio richiama la dimensione dell’altrove, così che i versi si colmano di simboli di disfacimento: polvere, fumo, miserabili candele, rose essiccate, briciole di pane. La poesia ha cucito insieme l’alto e il basso, la gioia e i dolore, la vita e la morte, il visibile e l’invisibile, e, soprattutto, i significanti-significati della lingua parlata e quelli di un’altra lingua che qui è il francese cantato da Camille. Perché, e chi è Camille? Probabilmente Emilia intende affidare le parole a una persona straniera che non conosce per superare il limite della lingua ed arginare le regole che impone la ragione. Consegnarle a lei la libera. Forse Camille è l’autrice stessa senza più i vincoli del dover dire e fare, libera di richiamare cose magiche, scevre da un significato, ma in cui si nascondono mondi interi.

 

Da Nature reversibili (LietoColle Ed., 2019)

per questioni terrene, talvolta,
il vento porta un nome di cielo,
resina nel suono raduna farfalle
e piccole paglie, misura in un verso
la profondità di una bianca viola,
viola che permea tutto
corpo bosco che si libera e muove
con movimenti vivi, di radici.

*

danzi e chiami corda
la rotazione nei passi,
musica di foglie, l’universo
dove oscilliamo. Il paradiso,
aggiungo, è in questi giardini
una pulsazione luminosa,
il battito di un astro.
Trattieni il respiro e il vento,
le stelle possono cantare
questa notte.

*

celesti e così prossimi
alle tue mani, un calice di vino,
il libro delle botteghe color cannella,
un piatto pulito – respiro piano –
l’inchiostro fregia la carta
come l’ala di un corvo il cielo,
una macchia di blu, siedo, ecco
la risposta muta di Dio a una preghiera

*

dove finisce il canto degli uccelli
quando i tigli imbruniscono?
Cosa pensano i picchi rossi di tutto
il grande silenzio? E io che siedo
su una radice e guardo dalla stagione
sbagliata un platano, in cosa credo?
Nel nutrimento che mi viene dalle tue mani
come anellidi alla bocca di un codirosso
la cui peluria tradisce l’età?
E quando taci? Forse anche io
vado dove si riparano le intenzioni
e la voce dei passeriformi che guardano
da bulbi neri e lucidi
i colori calare di un’ottava
sulla terra restituendola
alla sua semioscuritá

*

l’uomo che veniva dal mare,
una coppa Oribe per Orsola
“nuda, bianca, imposseduta”
nei collage di Bodini, la fame
di poesia, pomo, ponte sia
da te a me lingua, parola,
bocca, aspirazione roca
di una bacca intradotta

 

Emilia Barbato è nata a Napoli nel 1971 e risiede a Milano. Suoi testi sono apparsi in diverse antologie e sull’Aperiodico ad Apparizione Aleatoria delle Edizioni del Foglio Clandestino. Ha inoltre pubblicato: Geografie di un  Orlo (CSA, 2011), Memoriali Bianchi (Smasher, 2014), Capogatto (Puntoacapo, 2016),  Il rigo tra i rami di sambuco (Edizioni Pietre Vive, 2018 – Illustrazioni di Nadiya Yamnich).

 

Franca Alaimo è nata nel 1947. Vive a Palermo. Esordisce come poeta nel 1989 con Impossibile Luna a cui sono seguite altre diciassette sillogi, quattro e-book editi con La Recherche, e una pubblicazione con PulcinoElefante. Ha scritto saggi sugli autori contemporanei: D. Cara, T. Romano, L. Luisi, F. Loi, G. Rescigno. È presente in numerosi volumi di Storia della Letteratura italiana, e in InsulariI. Romanzo della letteratura siciliana di Stefano Lanuzza; in diverse antologie (tra cui: Newton Compton, Aragno, LietoColle, Laboratorio delle Arti; Giuliano Ladolfi Editore) e in riviste quali Poesia (dove è stata presentata da M. Bettarini e da M. G. Calandrone), Anterem, Italian Poetry Review, Bomba carta e molte altre. Ha tradotto dall’inglese due brevi sillogi del poeta irlandese Peter Russell. È presente sul sito Italian Poetry e in quello internazionale di Sabido Sanchez. Alcuni suoi testi sono stati tradotti in spagnolo, inglese e tedesco. Fa parte del team redazionale della rivista on-line La Recherche. Si occupa anche di critica letteraria, recensendo opere di autori contemporanei. Le sue più recenti pubblicazioni (2018), edite da Giulinao Ladolfi, sono: la raccolta poetica Elogi e l’antologia Il corpo, l’eros, che riunisce i testi di oltre sessantotto poete italiane e straniere, alla quale ha partecipato in veste di curatrice e di autrice.

 

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