Durante l’eremitaggio della reclusione da virus, il toscano Roberto R. Corsi sfrutta la sordina del panorama letterario, tutto spostato su schermi e piazze social, e scaglia contro i suoi più che venticinque lettori un potente, tagliente, disperatamente ottimo libro, La perdita e il perdono (Pietrevive 2020), che riesce a consolare i numerosi anni di vacanza editoriale, trascorsi a leggere, sviscerare, scrivere modestamente e con passione al servizio di altri, con una critica sempre chirurgicamente puntuale ed una divulgazione sommessa eppure efficace dalle pagine virtuali a cui si dedica con quella svagata accuratezza che difficilmente si riscontra nell’ambito letterario (spesso solo sedicente) engagé.
Già dalla precedente pubblicazione, Cinquantaseicozze (Pequod 2015), ci eravamo affezionati alla poesia senza «guanti bianchi» di Corsi, a quella nuda schiettezza che spalanca porte su stanze senza intonaco né buone maniere, passando disinvolto dal colto speculare alle ruvide storie che spesso si muovono sull’affilato gioco della punzecchiatura, della battuta che sborda quel tanto che basta a farci sentire l’occasione perduta, il passo falso, la sbavatura che rovina il quadro.
L’io che viene fotogrammato nei versi si cela volentieri dietro una caproniana leggerezza, ma è una celia poiché appena sotto si avverte la spietata autofustigazione di un Céline, di un Pessoa, e ogni testo diviene una stazione dolorosa in cui esercitare un imperdonato vizio allo smascheramento del tabù. In questo crogiolo di svergognate verità il Corsi, seppur dilaniato dal contatto abrasivo della realtà, o proprio grazie a questa tortura da rasoio in stile scena madre de Le iene, il Corsi, dicevamo, decide scientemente di immergere fino al gomito la sua ispirazione, scordando la galanteria ma non la pietà per un mondo che, pur essendo carnefice, non sembra proprio capace di contenere la sua crudeltà.
Una pietà che tuttavia non significa permesso a tenere la barra a favore del cattivo vento dell’epoca: la critica sociale e del malcostume quotidiano c’è e risalta come diamante per affettare piastrelle, slabbra e dispera di ricucire, ma poi comprende che forse questo è il destino di chi verisifica: assistere allo scempio e tenere gli occhi spalancati, non sottrarsi bensì prenderci per mano e esortarci a gettarci oltre il limite.

 

da La perdita e il perdono (Pietrevive 2020)

 

SCENA: RECONDITA ARMONIA

Mi han trascinato vicino alla stazione, in un ufficio candido
di sapientoni. Non ricordo il perché, però qualcuno
l’ha detto: «Lo sapete? Corsi scrive poesie».
L’ippopotamo in capo: «Guardi, qui
di poesia non c’intendiamo, né ce ne interessiamo,
abbiam da lavorare, il tempo è poco,
ci sogniamo di avere i grilli per la testa».

Nessuna musa ex machina a difesa:
l’impiegata glaucopide col gloss
assentiva al suo boss.

Nessuna redenzione. Questo è quanto.

 

UN DILETTANTE
(Caproniana)

Concedetemi, almeno, l’onore
di tenermi per persona educata:
vi rendo la Poesia
esattamente come,
anni fa, l’ho trovata.

 

E noi che rilkianamente pensiamo
alla nostra poesia come ascesi, avremmo l’emozione,
che quasi sgomenta,
di apparire su un blog letterario altolocato – proprio come
da sempre sognavamo – ma col verso circondato
da pubblicità di biscotti per cani, cotechini, zamponi.

 

Rimuovo la tua email dall’elenco contatti
proprio come, con dolcezza, stacco i fiori
essiccati (troppo presto per poterli ostentare ai villeggianti) del platycodon:
dicono che possa provocare una minima rigenerazione,
ma non si sa se sia vero. Linfa bianca mi cola sulle mani,
mi sento e sentirò un assassino, come con te. Come le mille volte
in cui non ti ho vissuto abbastanza. Par délicatesse
j’ai perdu ma vie et par peur mon innocence.

 

A se îndrăgosti

Nella tua lingua,
«innamorarsi» fa pensare a un fantasy,
a un viluppo di draghi nell’arengo sessuale agostano.
o anche a un’aragosta,
che è un po’ come ami tu, come sei fatta.
Strappa via il guscio, deponi l’armatura:
avrai la sicurezza
che non posso bollirti (ma neppure servirti).

 

Roberto R. Corsi (1970) vive tra Firenze e la Versilia. Dal 2016 al 2020 è stato conredattore del lit-blog collettivo Perìgeion. Alcuni suoi contributi critici sono stati recepiti in antologie, riviste, portali web. Ha all’attivo tre raccolte di poesie: L’indegnità a succedere (Esuvia 2007); All’orza. Poesie 2005-2007 (LaRecherche.it 2010); Cinquantaseicozze (Italic, 2015). In più ha realizzato tre plaquette pdf: due da solo (Divagazione, polemica e congedo; Sinfonia n. 42) e una assieme a Liliana Ugolini (Gli occhi di Prometeo); infine un ebook autoantologico 2007-2011 (Il ridursi del tutto a vuoto d’avvenenza) e, recentissimamente, una plaquette inedita dal titolo L’oracolo della pizza. Suoi scritti hanno ricevuto accoglienza su Historica-Il foglio letterario, Rivista di Studi Italiani, L’area di Broca, UT, Il cavallo di Cavalcanti, Erba d’Arno, Atelier e su siti web, antologie poetiche, libri d’arte. Dal febbraio 2016 al febbraio 2020 è stato conredattore del portale di poesia Perìgeion. Il suo blog personale è www.robertocorsi.wordpress.com .

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