da I ferri corti (LietoColle 2019)

 

Soggetto per un quadro

Lustrava frutta con la sigaretta in bocca
l’occhio socchiuso acceso d’ironia
chiedeva intorno Allora
come state, quali novità.

Tacque anche Giuda e non
lanciò baci nemmeno con la mano. Imbarazzati
guardavamo il lento sbando
del filo ipnotico di fumo
unanimi invidiando.

 

Al desiderio

Non giungerai alle sorgenti dei puri,
ai loculi fiammeggianti, dimora
delle anime invaghite del tutto e ora.
No, desiderio tremante, scongiuri

recitati negli attimi maturi
e nette percezioni sono ancora
l’unica lusinga che vibra e sfiora
d’un tenero slancio i casi futuri.

No, non saranno esaudite promesse
e preghiere invischiate con presagi
disperati, e non sono ammessi plagi

di altrui spensieratezze. Sono resse
di nemici le celle del domani.
Linee esigue sul palmo delle mani.

 

Viali

È sempre lotta tra asfalto e radici.
Dune sbrecciate
nei parcheggi obliqui
dei nostri viali.
E profferta di simbolo
anche ai poeti
che sanno appena
cinque o sei alberi.
Nomi bastanti
a lunghe metafore
d’oppressione e rivalsa:
Sollevazione delle radici,
ribellione se erompono come…

Ma il Comune riasfalta.
Sradica, se vuole, il Comune, e ripianta.
Anche questa metafora
occorre far fiorire: il Comune innaffia e cura
la rivolta futura,
la scruta, la concima,
poi stende il nastro scuro.
Poi stende il nastro scuro
con nostro sollievo
sopra l’incuria
del viale insicuro.

 

Paolo Maccari (Colle Val d’Elsa, 1975) vive e lavora a Firenze. Nel 2000 ha pubblicato Ospiti (Manni), nel 2006 la plaquette Mondanità (L’Obliquo), confluita tre anni dopo in Fuoco amico (Passigli). Al 2013 risale Contromosse (Con-fine), mentre è del 2017 Fermate (Elliot). Esce nel 2019 I ferri corti (LietoColle)
Dirige con Valerio Nardoni la collana di poesia di Valigie Rosse legata al Premio Ciampi.

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