Dalla Prefazione di Caterina Serra

Anna Franceschini parla di corpi che la Storia opprime, rinchiude o zittisce quando non lascia fuori inascoltati. Corpi che non si liberano mai, mai del tutto, mai una volta per tutte. Troppo disorientanti se il desiderio lo manifestano anziché censurarlo, troppo sconvolgenti se le parole con cui si raccontano non sono quelle di certe fissità patriarcali, ma si muovono inventandosi e reinventandosi continuamente. Parole femministe che ripensano gli spazi condivisi, riformulano le relazioni e i rapporti di potere che le determinano, che ogni volta partono da quel grande motore che è la consapevolezza di sé, del proprio diritto a una buona vita, a una libertà di nominarsi e nominare il mondo.
Ed è questo il problema, dice Franceschini, quello di ogni infante, di chi cioè non ha parola, di chi cerca un linguaggio per capire il mondo, di chi ha bisogno di dare voce alle cose per poterne fare parte, per poterle raccontare, accoglierle o lasciare lì, amarle o rifiutarle. Per chiamare e chiamarsi bisogna essere liberi, dice ancora. Liberi anche di non nominarsi affatto, aggiungo. La vulnerabilità, la scorticata vulnerabilità, che questo comporta è connaturata, così come lo sono la bontà e la cattiveria nei confronti di chi ha tenuto in cattività certi corpi e certe forme libere di essere.

 

da Pietre di taglio (Kurumuny 2022)

***
Il pensiero una immagine senza
sfondo presa polmonare spinge e si vergogna
non va agito richiamato un corridoio stretto
gelido oltre il finestrino si amplifica
convoglio uterino acqua mista comandata
si apre tiene il segno fa passare

A noi non si perdona la cattiveria

il volto dipinto di una bocca per parlare

***
Non è l’oppositrice ha uno sciame
addestrato nei capelli scava un foro
unghie nere estrae memoria senza sonno
la materia crea un cerchio definito
sulla testa dove salta l’animale

Il respiro un raggio breve tende l’arco
provoca bruciature sui lobi
sussurra una figura capovolta
l’aculeo lo scaglia nel vantaggio
la carne che demorde senza copertura

il dolore dell’animale deriso

***
Uno strano godere dell’esistere
la casa partorì donne gravide
un pensiero come un tamburo neanche un figlio

Dolore nei passaggi bui che stringe il corpo
ecco la casa disporsi sui contorni il vuoto
c’è una stanza per un uomo disteso
riduce a immagini il sole gli alberi
ha la capacità la capienza gli occhi

Dove risiedono le non parole i non ricordi le non frasi
da qualche parte muovo le braccia a burattino
è un sacrificio e lo concedo ho osato
fare pienezza nella mancanza
quell’uomo che cerca casa dorme con me nella confusione

 

Anna Franceschini è nata nel 1983 a Bologna, dove vive. Si occupa dell’organizzazione di eventi culturali a livello cittadino. Fa parte della redazione della rivista Le voci della luna (Sasso Marconi). Suoi testi e saggi sono stati pubblicati su lit-blog e riviste letterarie. Nel 2017 ha partecipato alla rassegna di scritture di ricerca Riassunto di ottobre, a cura di Sergio Rotino e Marco Giovenale. Dal 2018 e fra le organizzatrici della rassegna di poesia Una come lei, in collaborazione con la Biblioteca italiana delle donne di Bologna. Sempre nel 2018 vince la XVI edizione del Premio letterario “Anna Osti” per la silloge inedita. Nel 2019 è fra gli ospiti dei festival Bologna in Lettere e Poesia Festival di Modena. Pietre di taglio (Kurumuny 2022) è il suo primo libro di poesia.

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