Poème électronique è una rassegna di poesia e musica elettronica che si tiene dal 2016  nella cornice del Kowalski, uno dei locali più suggestivi di Genova, curata da Ksenja Laginja e Stefano Bertoli, e che ora è finalmente un disco edito da Kipple Officina Libraria, in cui vengono raccolte le letture di tutti i poeti che hanno partecipato agli eventi nel corso dei cinque anni trascorsi (nel disco leggono Sandro Battisti,  Francesca Del Moro, Salvatore Sblando, Lucianna Argentino, Silvia Rosa, Laura Accerboni, Francesco Macciò, Melania Panico, Alessandro Brusa, Sonia Caporossi, Christian Humouda, Enzo Lomanno, Mirko Servetti, Martina Campi, Epìsch Porzioni, Stefania Di Lino, Carlo di Francescantonio, Silvia Secco, Vera Bonaccini, Luciano Neri, Annamaria Giannini, Laura Cingolani, Luca Artioli, Claudio Pozzani con le musiche di Gabriele Greggio, Maurizio Mongiovì, Oscar Valdi, Alessandro Bona, My Right of Frost, Pstmrd, Raffaello Bisso, J-GST, Matteo Menegatti, Kløy Nøn, Stefano Agnini, Stefano Bertoli). Ho intervistato i curatori per saperne di più.

SC: Ksenja presentando il disco ha scritto: “Questa è la storia di un sogno condiviso insieme a Stefano Bertoli, senza il quale tutto questo non sarebbe mai nato.” Com’è sorta l’idea del progetto di una rassegna del genere?

KL: Sì, Stefano è stato, ed è, il partner ideale di questo progetto con tutte le necessarie competenze tecnico/musicali e una sensibilità fuori dal comune. Condividere un sogno è cosa bellissima e rara. Non occorre che gli dica nulla, lui sa già dove voglio arrivare, quanto mi voglia spingere nella qualità delle selezioni autoriali e nella sperimentazione. Nacque tutto al Kowalski, nostro luogo d’elezione, “per caso” ancor prima della scelta di un qualsiasi nome: la nostra unica certezza era che ci sarebbe piaciuto fare qualcosa insieme. Fu indimenticabile la mostra al Kowalski “Breviario del sangue”, proprio lì ci venne l’illuminazione: “Se la facessimo qui?”. Il passo successivo fu quello di parlarne a Emanuela Risso del Kowalski, che accolse l’idea con grande entusiasmo.

SB: Nacque una notte di Luna Piena durante una mostra dei disegni di Ksenja, proprio al Kowalski.

SC: Poème électronique è il titolo di una composizione musicale per nastro magnetico scritta nel 1958 da Edgar Varèse, musicista contemporaneo che è stato, tra l’altro, maestro di Luigi Nono e Bruno Maderna. Come mai la scelta di questo nome?

SB: è una delle composizioni contemporanee che amo di piú, Poema Elettronico è il nostro Manifesto.

KL: Il Manifesto ha preso corpo seguendo evoluzioni e sensibilità che ci appartegono. La rassegna non si sarebbe potuta chiamare in altro modo. È stato tutto così naturale. La poesia incontra la musica elettronica, sempre in modo imprevedibile e in improvvisazione. L’idea: autori e musicisti non si conoscono e le combo vengono individuate sulla base dei testi e delle composizioni. Sono uniti per l’affinità elettiva che percepiamo. Alcuni di loro nel tempo sono diventati amici e continuano a sperimentare insieme. È l’incontro il culmine di tutto. Questo è Poème électronique.

SC: Ksenja, tu sei una poetessa “che pratica la notte” come diresti tu, nonché un’artista visiva che esplora le dimensioni più oscure e riposte dell’inconscio e del bizzarro utilizzando uno scandaglio psichedelico e metafisico per leggere la realtà. Quanto di tuo hai messo all’interno di questo progetto?

KL: Ho messo tutto qui dentro, anche se apparentemente in modo meno visibile. Nella rassegna mi occupo del dietro le quinte: degli autori, del calendario in condivisione con Stefano, delle grafiche e della promozione pubblicitaria/social, infine presento le serate. Occuparmi di Poème électronique mi permette di avere altri occhi sul contemporaneo, di scendere da un palco per dare voce e spazio agli altri.

SC: Stefano, tu sei un esperto di musica elettronica e sperimentale ma non solo, ti esibisci anche in raga, droni e azioni rumoristiche varie prodotte da strumenti acustici, specialmente a corda e a percussione, di origine etnica, religiosa / cultuale o di tua diretta invenzione. Da quanto tempo ti occupi dell’esplorazione dell’universo sonoro e quale è la tua filosofia in proposito?

SB: suono da circa quarant’anni, prima l’amore per le percussioni, poi l’elettronica, poi, finalmente, entrambi insieme. La mia unica filosofia é la Ricerca, sono un Esploratore senza requie.

SC: leggendo la tracklist si nota una grande varietà di interventi e di voci poetiche: ognuno si è predisposto a incontrare l’elettronica fondendo l’istanza avanguardistica con quella più immediatamente estetico-comunicativa permeandone la propria poetica e il proprio stile in una superiore sintesi. L’equilibrio, per dirla così, sembra abbastanza delicato. Che cosa ne è venuto fuori?

KL: La tracklist è stato un lungo ed estenuante lavoro, soprattutto nella definizione della sequenza. Stefano è stato molto bravo a mixare e unire gli autori presenti sul disco. Si tratta di un equilibrio delicato, come dici bene tu, ma non impossibile. Tutti gli autori e i musicisti intervenuti si sono affidati a noi, senza timori sapendo già a cosa andavano incontro. Quello che ne è venuto fuori è incredibile e commovente allo stesso tempo: circa 78 minuti di miracolo.

SB: L’unica regola imposta fu, fin dall’inizio, che poeta e musicista non si conoscessero, neanche indirettamente: “Salite sul palco e dite quello che avete da dire” e i risultati sono sempre stati una meravigliosa alchimia. La casualità è stata sempre quella di una rissa da strada, perchè “alla scuola della Poesia”, così come a quella dell’Avanguardia, “ci si batte”.

SC: quale è stato il criterio selettivo dei poeti invitati in rassegna?

KL: Nel tempo ho chiamato i poeti che avevo conosciuto letterariamente e personalmente, a eventi e festival in giro per l’Italia, in alcuni casi li conoscevo solo da lettrice e si sono rivelati parallamente umanamente preziosi. In altri casi non li conoscevo, se non per “fama”, e sono state delle bellissime scoperte e conferme. Ho sempre una profonda fiducia che mi guida, dettata principalmente dall’istinto.

SC: Avete presentato il disco per la prima volta a Genova, all’interno del Festival Parole Spalancate, nel Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, con letture di Alessandro Jacopo Brusa, Martina Campi, Francesco Macciò, Claudio Pozzani e altri ospiti delle cinque edizioni della rassegna. Avete intenzione di fare un tour ulteriore?

KL: La prima di Poème électronique è andata oltre ogni più rosea aspettativa. Seguo da anni  Parole Spalancate e quando vivevo a Genova non mancava serata a cui non presenziassi come spettatrice. In autunno probabilmente dovremo ristampare una seconda edizione del disco. Abbiamo in mente un tour che toccherà sicuramente le città di Torino, Mantova, Bologna, Roma e Napoli, sicuramente ne faremo un’altra a Genova, compatibilmente all’emergenza di questo periodo.

SB: Ci stiamo già muovendo a livello organizzativo.

SC: La rassegna proseguirà o altri progetti hanno preso il sopravvento?

KL: Assolutamente, sì. La nostra intenzione è quella di portare avanti il progetto, invitare nuovi autori e musicisti, magari riuscire a creare una continuità maggiore e diffonderla su tutta la penisola italiana. Ognuno di noi porta sempre avanti altre idee e collaborazioni, ma abbiamo sempre questo focus in mente. Vedremo cosa accadrà, ci teniamo la sorpresa in caldo. Oggi tutto questo vibrante lavoro, il compendio di cinque anni di rassegna, è diventato un disco. Senza Kowalski e Kipple Officina Libraria nulla sarebbe accaduto e restiamo pronti per altre avventure.

SB: Fino alla fine del mondo.

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