Dalla prefazione di Leonardo Caffo

[…] Il libro di Tiziano Fratus […] è un tentativo di mostrare ciò che non si può dire: il senso del mondo che, nel suo caso, si chiama “natura”. È così a partire dalla “forma” delle sue poesie, ovviamente anche dai suoi contenuti, in sostanza dalla possibilità di raccontare lo spazio enorme che la filosofia come linguaggio scientifico lascia irrisolto: la vita. È sempre Wittgenstein a suggerire che anche qualora tutti i problemi della scienza, proprio tutti anche i più complessi, venissero risolti, noi rimarremmo comunque smarriti e insoddisfatti rispetto al senso ultimo delle cose: per questo di natura, e della natura del mondo, non devono parlarne solo biologi, fisici o ecologisti quanto, soprattutto e perlopiù mi verrebbe da dire, proprio i poeti. E a loro, e per loro soltanto, che dobbiamo l’avvenire. […] Tiziano sta cercando di dirci qualcosa, di indicarlo: una via dell’amore, del contatto con l’altro in ogni sua forma. È qui che risiede il misticismo della poesia: ci sono cose che non si possono dire a parole ma i libri di profumi o tattili non sono ancora stati inventati e fino ad allora solo la poesia, anche quella di Fratus, potranno aiutarci a comunicare tra noi di ciò che conta davvero.

 

Dalla nota di lettura di Franca Alaimo 

Disposti in modo da disegnare profili di foglie (ma non solo), i versi dei testi di Fratus, più che al valore estetico della poesia visiva in sé, sembrano piuttosto rimandare alla più misteriosa formula di divinazione della vergine cumana, che affidava i suoi responsi a foglie poi confuse nel suo antro dal soffio del vento con la conseguenza di una faticosa ricostruzione di senso. I testi di Fratus non sono oscuri, tuttavia intendono allo stesso modo mescolare le carte e tracciare un nuovo codice d’interpretazione della vita e delle relazioni fra le creature tutte, azzerando la logica del pensiero dominante, basato ormai da millenni su gerarchie, definizioni, confini, verità dati come assiomi, quali il concetto lineare del tempo, la distinzione fra i regni naturali e fra le dimensioni della vita e della morte, la segmentazione dello spazio, i quali ingabbiano e impoveriscono la lettura del testo infinito, vario, sorprendente, dell’Essere. […] Tutti i testi sono distribuiti, si direbbe “abitano” in quindici “case”, termine quest’ultimo che, lontano dall’essere un semplice vezzo lessicale, risponde ad una necessità stringente: le sezioni sono dei tagli, insistono sulla separazione; invece la casa, dalla fine del nomadismo, è diventata il simbolo di un centro vitale in connessione con le regole cosmiche di orientamento. Nel linguaggio psico-analitico indica ciò che ci accade dentro, ed ha, secondo Freud, una connotazione femminile, specificatamente materna, creativa, feconda. Le case di Fratus sono aperte; si passa dall’una all’altra perché ognuna di esse è contenuta in tutte le altre come le bambole di varie dimensioni di una matrioska: l’uomo dei libri nell’uomo delle parole e questo nell’uomo delle piante e ancora nell’uomo dei semi e, infine, nell’uomo ombra e delle radici (Giobbe). […]

 

Dalla postfazione di Susanna Mati

Attraverso una grandiosa e solitaria Wanderung fisica, poetica e filosofica, Tiziano Fratus sta elaborando da molti anni uno straordinario lavoro interiore di riavvicinamento e riscoperta del regno naturale, inteso quale incrociarsi di dis-identità, di pensieri inattuali tuttora impensati e di vie di fuga esistenziali, posti al crocevia del tempo. Lui stesso ha definito “dendrosofia” questa ricerca di una forma di sapienza insieme tragica e vitale, intrapresa da alcuni allo scopo di «salvarsi dall’umano che li abitava», cercando la via per relativizzarsi e riunirsi con il tutto. […] Anima e natura da sempre si co-appartengono, e costituiscono forse, come ipotizzava Novalis, una serie successiva di potenze, nella quale la pietra, la pianta, l’animale, infine l’uomo, risultano essere di natura affine, consecutiva […]. La sintesi tra le varie forme, tutte egualmente straniere, di esistenza può essere prodotta, romanticamente, tramite l’immaginazione, ovvero in primo luogo tramite la poesia: ma solo da quella poesia in cui si mostra l’interdipendenza di tutto ciò che è. E se questo potere di risveglio della coscienza vale per l’inanimato, a maggior ragione varrà per l’animato. Poiché neppure la roccia sogna serena, come viene detto in questo libro; anzi, «la natura non ha nulla di buono» (Avvertenza ai naturalisti). Esiste infatti uno scambio, una permutazione, tra tutti gli esseri: lo stesso odio e la violenza che uccidono l’animale non sono forse quelli che hanno ucciso l’uomo e che sradicano la pianta, ma anche che sventrano la montagna? Non siamo forse tutti fratelli, noi esseri viventi (e non viventi), noi esistenti che vediamo la luce del sole? Non siamo forse, in definitiva, la stessa cosa, che circola e si trasforma – col tempo – aggregandosi e disgregandosi nei più svariati modi? […] Nascono qui mitologie selvatiche, si riconoscono qui quel padre e quella madre che sono la foresta stessa, che parlano con la voce dell’esilio. Ma qui si inaugura anche, nel suo luogo più proprio, la figura devozionale, potenzialmente salvifica, della perseveranza (cioè dell’attenzione consapevole), che è poi un’altra definizione della meditazione, della ricerca di quel “sole che nessuno vede” (titolo di un saggio dedicato alla pratica del meditare in natura). Così Fratus ci insegna, in un mondo in cui contano solo l’apparire e il risaltare, a scomparire invece dentro il paesaggio; in un mondo in cui conta solo l’azione, a privilegiare invece il non-fare, il non-agire […]. Meditazione, natura, poesia. Sullo sfondo di questa ghirlanda luminosa, si staglia il profilo del Monte Tai, il Tempio delle Radici, quelle radici che però rappresentano più il futuro che il passato, che “crescono davanti a noi”, come viene detto dall’autore ne Il sole che nessuno vede: «L’uomo è convinto che Dio abbia scelto lui per il futuro del mondo. […] Ma se invece fossero stati scelti il seme e le piante? Se il futuro dell’universo fosse custodito da questi nostri fratelli silenziosi e non da nostri belligeranti progetti di conquista, scoperta e invenzione?». «Il futuro è più antico del passato» (Errori). Ecco che il Monte Tai, il Tempio delle Radici, rimandano all’ancor sempre magica origine capovolta, alla più vera immagine di un possibile altro-da-sé rispetto agli esiti egoistico-materialistici del pensiero occidentale: l’Oriente – Oriente che per noi vale sempre, e declinato al futuro (come avevano già scoperto i primi romantici), come la favolosa patria della poesia.

Da Poesie creaturali – Un bosco in versi (Libreria della Natura, 2019)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tiziano Fratus nasce a Bergamo nel 1975. Figlio di un falegname e di una donna a servizio, coltiva fin da bambino una certa predisposizione alla solitudine, attraversando le foreste di conifera della California e delle Alpi perfeziona il concetto di Homo Radix, una pratica quotidiana di meditazione in natura e la disciplina della Dendrosofia. Nell’arco di due decenni pubblica una corposa costellazione editoriale che lo caratterizza come una delle voci più attente ai confini semantici e poetici di una riconciliazione fra umano e natura. Fra le sue opere si ricordano i silvari Il bosco è un mondo (Einaudi), Manuale del perfetto cercatore d’alberi (Feltrinelli), Ogni albero è un poeta (Mondadori), Il libro delle foreste scolpite (Laterza), I giganti silenziosi (Bompiani), L’Italia è un bosco (Laterza), il testo meditativo Il sole che nessuno vede (Ediciclo) e la fiabelva gotica Waldo Basilius (Pelledoca). In qualità di poeta la sua voce è stata tradotta in dieci lingue, pubblicata in molti paesi e presentata in diversi festival, fra nord e sud America, Europa e Asia; recentemente la sua produzione è stata raccolta in Poesie creaturali (Libreria della Natura). Collabora col quotidiano «Il Manifesto» e conduce il programma Nova Silva Philosophica per Radio Francigena. Ha inoltre all’attivo numerose mostre fotografiche. Vive nella campagna piemontese, laddove si esaurisce la costanza della pianura e si snodano le radici delle montagne. Sito: Studiohomoradix.com

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