Dall’introduzione di Chiara De Luca

“Non cercare di conoscermi attraverso le mie parole / Succede che un uomo intinga la penna nelle nuvole. / Per dare una figura ai suoi sogni”. È il consiglio che Kahled Youssef dà al lettore come chiave di lettura per addentrarsi nelle sue poesie e nelle sue fotografie, che ne sono spesso cornice e complemento, nell’ottica della poétographie, filosofia che unisce linguaggio verbale e linguaggio visivo senza sovrapporli, senza usare l’uno per tradurre l’altro, ma lasciando che si compenetrino, rafforzino, interroghino a vicenda, potenziando il reciproco messaggio. Ricostruendo il mondo dalle macerie del sogno. […] Youssef è un messaggero di pace, che attraverso le sue grandi bolle di sapone guarda il mondo, per esaltarne la bellezza, per catturare l’amore. Consapevole dell’odio e delle brutture, dei conflitti e delle guerre che da siriano sconta sul suo corpo, su quello della sua terra madre e su quello dei suoi cari, Youssef ha deciso di cercare disperatamente, ostinatamente la bellezza e il lato luminoso dell’animo umano, come solo chi conosce a fondo l’ombra, chi si è addentrato nel pieno della notte come un cieco senza appiglio è in grado di fare. […] In questo libro abbiamo cercato di dare un’idea almeno parziale della vasta opera di Youssef, raccogliendo una selezione di poesie, di prose e di fotografie. Un Sole che cerco di scrivere è idealmente diviso in sezioni, ciascuna introdotta da una foto, che ne traduce i titoli: Poesia, Viaggio, Amore, Memoria, Guerra, Esilio, Sogni, Pensieri e aforismi. Infine il Diario di viaggio, impressioni raccolte da Youssef durante i suoi viaggi fotografici in giro per il mondo. Le poesie di Youssef sono lame taglienti che vanno spesso a frugare nelle debolezze e nelle contraddizioni del proprio animo e di quello dei compagni di viaggio. Ogni parola è vagliata, soppesata e scelta con cura, con il rispetto sacrale che nutriamo per una lingua adottiva, che ci accoglie e ci dispensa nutrimento: le parole che avevamo perso. Ogni verso è preciso, essenziale, scabro come una scheggia nel legno che sporgendo ti taglia le mani. […] In una società in cui siamo bombardati da immagini di guerra, atrocità e di violenza, che ci educano a considerare l’alterità come un pericolo e l’altro, il diverso, come un nemico, Youssef preferisce raccontare quello che ci accomuna, le manifestazioni di una fraternità e di una somiglianza spesso negate e rifiutate a priori. 

Da Un Sole che cerco di scrivere. Poesia, prosa e fotografia /Un Soleil que j’essaie d’écrire. Poésie, prose et photographie (Edizioni Kolibris 2019 – traduzione di Chiara De Luca)

 

Une rumeur d’athéisme
Sur l’auteur de ce recueil
A fait interdire ses poèmes
Dans une vingtaine de pays
Qui ont peur de Dieu
Et de la liberté d’expression

 

Una diceria di ateismo
Sull’autore di questa raccolta
Ha fatto proibire le sue poesie
In una ventina di paesi
Che hanno paura di Dio
E della libertà d’espressione

*

J’ai toujours cru à la supériorité de la femme, à la puissance
de ses émotions et à sa raison, à sa présence céleste
dans la vie terrestre des hommes, car je viens d’un orient
protégé par une déesse qui a tout sacrifié pour sauver son
amoureux…
Dans mon pays les cheveux des femmes à l’écoute
du vent bouleversent le destin des Hommes, leurs pas
font trembler les montagnes pour bâtir des villes et des
merveilles,et dans les plis de leurs robes s’écrit l’histoire
du levant.
Dans ma terre chaque matin est né d’une caresse d’une
femme…

 

Ho sempre creduto alla superiorità della donna, al potere
delle sue emozioni e alla sua ragione, alla sua presenza
celeste nella vita terrena degli uomini, perché vengo
da un Oriente protetto da una dea che ha sacrificato
tutto per salvare il suo amato…
Nel mio paese i capelli delle donne in ascolto del vento
sconvolgono il destino degli Uomini, i loro passi fanno
tremare le montagne per costruire città e meraviglie, e
nelle pieghe dei loro abiti si scrive la storia del Levante.
Nella mia terra ogni mattina è nata dalla carezza di
una donna…

*

Qui saura
Comme moi
T’offrir des roses damascènes
Et graver ton nom sur le cèdre du Liban
En Orient
Quand on aime
On sonne les cloches des églises
On invente des jours saints
Et on désigne l’être aimé
Prophète

 

Chi saprà
Come me
Offrirti rose di Damasco
E incidere il tuo nome sul cedro del Libano
In Oriente
Quando si ama
Si suonano le campane delle chiese
S’inventano feste di precetto
E si designa l’essere amato
Profeta

*

Je viens de loin
De cette faim chronique de sentiments
Que l’Orient m’a dictée
Je porte des valises de doutes
Que l’Orient m’a laissées
J’élimine mon corps et j’entre dans le tunnel de ton ombre
Mais je ne peux pas m’approcher
Et les murs des rêves tombent sur mon âme délaissée…
Ne reste de mon existence fragile
Qu’un seul amour et mille exils
Et cette solitude déguisée en liberté.

 

Vengo da lontano
Da questa fame cronica di sentimenti
Che l’Oriente mi ha dettato
Porto valigie di dubbi
Che l’Oriente mi ha lasciato
Elimino il mio corpo ed entro nel tunnel della tua ombra
Ma non posso avvicinarmi
E i muri dei sogni cadono sulla mia anima dimessa…
Della mia esistenza fragile non resta
Altro che un solo amore e mille esìli
E questa solitudine travestita da libertà.

*

La guerre nous apprend
À s’accrocher à un moment de quiétude comme si c’était
une vie entière,
Et à planter nos rêves d’enfance dans la terre avant de fuir
avec nos corps.

 

La guerra c’insegna
Ad aggrapparci al momento di quiete come se fosse
una vita intera,
E a piantare i nostri sogni d’infanzia nella terra prima
di fuggire con i nostri corpi.

*

Dans certaines villes
On mesure les distances entre les palais
Par le nombre de prisons
Et l’ampleur des cris
Perdus dans l’applaudissement
Du discours du Khalife

 

In certe città
Si misura la distanza tra i palazzi
Dal numero delle prigioni
E dall’ampiezza delle grida
Perdute nell’applauso
Al discorso del Califfo

*

Les explosions dans ma ville
Ont fait disparaître la lumière
Sauf le visage de ma mère
Qui continue à briller
Entre les ruines des souvenirs

 

Le esplosioni nella mia città
Hanno fatto sparire la luce
A parte il viso di mia madre
Che continua a brillare
Tra le rovine dei ricordi

 

Khaled Youssef, nato a Damasco nel 1975 e nizzardo d’adozione, è chirurgo di formazione e fotografo per passione. Ha cominciato con l’esprimere la sua volontà di vedere diversamente i paesaggi e in tal modo sviluppare questa visione attraverso la poesia e le foto. In principio ha spiato il riflesso dei passanti in modo da creare un quadro difficile da vedere senza bagnarsi, cosa che ha dato vita alla sua prima esposizione Reflet-xions. Con la serie Il mondo attraverso l’obiettivo di una bolla scopre una particolare modalità di esprimere questa visione poetica, grazie a questi elementi chimici che sembrano altrettanti germi che vengono a nutrire la sua immaginazione. Con la sua macchina fotografica, Khaled cerca di catturare le bolle così come si cerca di captare i propri sogni, che prendono il volo prima di esplodere, strizzando l’occhio al bambino che sonnecchia in noi. L’avventura delle bolle, che ha preso il via a Nizza, prosegue da un paese all’altro: da Londra a Barcellona, e da Malta a Istambul queste creature d’aria tentano di mostrare le loro destinazioni da una nuova prospettiva, un’altra maniera di viaggiare e di sognare il viaggio e la diversità delle destinazioni.

 

Fotografie di Khaled Youssef

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