Dalla prefazione di Maurizio Cucchi

È questa un’opera al tempo stesso forte di una sua coerenza interna e di una interessante articolazione aperta anche sul piano della forma, delle scelte stilistiche, se non addirittura di genere. Maria Pia Quintavalla si ricollega in parte al suo recente passato, a precedenti narrazioni in versi, come quelle di China, personaggio che ricompare, come la stessa autrice ci avverte, realizzando quella che considera una “breve allegoria della seconda vita di China, qui madre fanciulla, risorta in terra di Castiglia, in una storia” che ne continua la biografia in una sorta di suggestiva metamorfosi. Ma soprattutto sa offrirci un quadro vario di figure femminili, dove nel rapporto di sangue, tra madre e figlia, tra sorella e sorella, si riproducono le complesse dinamiche che sembrano condurre a percorsi sia lineari che paralleli dove, comunque, la vita riproduce se stessa, pur avanzando nel vivo, problematico contrasto dei suoi ineludibili mutamenti. Ecco allora la figura materna: “tu emanavi musica, ricordo bene, è stata la prima immagine di te avuta al mondo.” Ed ecco poi la figlia, a sua volta divenuta madre di una creatura che vede appartenere a un mondo nuovo, a una vicenda personale e storica diversa, e comunque “più libera più umana”, perché “non conosce guerre, né latitudini del nero” e “il novecento appena lo ha leccato“. In ogni caso, il destino non offrirà soluzioni speciali, perché, inevitabilmente, anche “la sua nascita va verso la tua morte.” Ma uno dei caratteri in maggior rilievo di questo libro, come si accennava, è nella varietà delle soluzioni formali. Dalla narrazione in prosa poetica con accensioni liriche, Quintavalla passa alla cronaca in versi, per approdare anche al dialogo teatrale nella sezione Le sorelle, componendo un insieme, una proposta, di cangiante novità espressiva, di sorprendente efficacia.

*

Quinta vez parla di ritorni e trasformazioni, una galleria femminile di personaggi che sono fondale nella vita dell’autrice, con un cambio di ambientazioni nei personaggi, e di genere di scrittura:

1) apre con “Prentale” dialogo purgatoriale con la madre, fuori da tempo- spazio terreni;
2) segue “Quinta vez”, che dà il titolo, dove il personaggio di China (la madre ) torna fanciulla in un altro tempo storico, e in terra originaria di Spagna, libera dalla vicenda famigliare, a cantare di gesta e di canzoni;
3) segue la sezione centrale di “Mater”, due poemetti dedicati alla figlia adolescente. Che sovverte l’ ordine, e riapre il gioco delle genealogie;
4) conclude ” Le due sorelle”, sezione di scrittura drammaturgica, duologo – confessione scritta per il teatro. Vicina allo spirito del film omonimo di Von Trotta, accostando, parallele, le vite di due generazioni vicine, ma del tutto separate.

Da Quinta vez (La Collana, Stampa 2018)

Era mia madre quella beatitudine di piccolo rosa e
piccolo giallo che forava il bianco dell’aria,
consentendoci di non essere più sole né fasciate, ma
circonfuse, quasi battezzate insieme?
E cosa mi avresti detto, ti avrei seguita, se tu davvero
mi avessi fatto cenno.

Com’era stata l’esistenza di quelle come noi respinte,
sulla linea di partenza, senza sapere né saltare dentro al
cerchio della rondine, né divenire della vita amanti.  

*

Era figlia già quando nessuno conosceva,
era lombrico molle piccolo
nella tua mano, e silenziosa.
Ora che scappa e ride con le amiche
piano poi copia parole da poeta,
da una canzone, come un’orsa agile leggera;
dicono non ti somigli, e invece
piano, lei scrive in versi la sua notte,
si trucca gli occhi, ride. Si seduce.
L’immagine che guarda fissa è la sua vita,
non lo sai se è aperta
o chiusa al tuo orizzonte ma
decisa, scende dalla sua strada
in una sua radura…

Ogni mattina,
chiude piano le porte.

*

Dentro l’aria entra la voce
che piange che punisce, dice Va lontano
maledicta, né amata o stupefatta
di male, e di dolore.

Stanca seduta, io disfo il letto,
vivo l’arsura della crudeltà
odo il rintuzzo delle colpe,
colpo su colpo che da lontano
accede, lo trafigge, il sangue più pulito
mentre dice, Io uccido.

La sua voce la mia, una voce che parlava,
è uscita mi allontana
per un gesto violento che mi prende
in giro in sogno fino
alla mia morte,
le strofe della sua follia r e s p i r a n o;
e scrivo di un corpo che si perde
alle sbarre, al commento
che mi chiude in un grido a mezzanotte,
in q u e s t a notte di vomito freddo.

*

A sera: la sua voce che danneggia,
è lei la lepre,
con modi che scardinano, che bucano
nel viola; e non serene fa
tutte le mie giornate, le impoverisce
nuove, le violenta
come in un fumetto orribile

Ma c’è qualcosa nella sua balbuzie
a sera, che unisce
la sua voce che ticchetta al telefono,
o sbadata compone
nell’amore serale di un’amica
il diluvio, e tutte le sue pene
nella conversazione, ora lieta ora isterica
ora insoluta,
*com’era già tra noi la relazione.*

Guardo a riva se alcuno
trasporti via da me una lei lieta,
per andare a stornare
di traverso, riaffiorare più vere
le vene del suo mare.

*

Una villa segreta della pace ai suoi occhi fioriva
in paesi di cicogne nella notte attente
a calcolate nubi, né le voci
minuscole, segrete le avrebbe più sentite
ripetere quel canto
che lei, nascosto al cuore, faceva già risplendere
rifare sue, canzoni

mondi andalusi e canti di Castiglia
andati al fondo di un cammino

prima che vita sedentaria, di corte e scuole,
li avesse già fissati al cielo, volti
di vita e cabale segrete;
e non di China soltanto era la storia
di canti nomadi,
un poco numero e un po’ visione.
Canti d’amore tenero (mendace)
ma alfine dette, altrimenti dette
sue parole, sefaràd segreta,
intente a dire quella fortuna mobile,
inconsueta
di fare e vivere senza movente alcuno
che quel respiro-forma.

 

Maria Pia Quintavalla è nata a Parma e vive a Milano. Ha pubblicato i libri di poesia: Cantare semplice (Tam Tam, 1984), Lettere giovani (Campanotto, 1990), Il Cantare (Campanotto, 1991), Le Moradas (Empiria, 1996), Estranea (canzone) (Piero Manni, 2000, prefazione di Andrea Zanzotto), Corpus solum (Archivi del ’900, 2002), Album feriale (Archinto, 2005), Selected poems (Gradiva N.Y., 2008), China, (Effigie, 2010), I Compianti (Effigie, 2013), Vitae (La Vita felice, 2017). Sue poesie sono presenti nelle antologie: Trent’anni di novecento (a cura di A. Bertoni, Book, 2005), Passione poesia (CFR, 2017). Ha vinto numerosi i premi, tra i quali: Tropea, Città S. Vito, Turoldo, Cittadella, Alghero donna, Marazza, Nosside, Alto Jonio, Dario Bellezza, Alda Merini, Città di Como, Europa in versi; nel 2000 è stata finalista in cinquina al Viareggio. Dal 1985 cura la rassegna Donne in poesia e le sue antologie; in seguito proseguita nelle rubriche: Le Silenziose (Book City, Milano), Muse, Autori, Resurrezioni (Casa della cultura, Milano), Essere autrici / essere curatrici. Ha curato il convegno Bambini in rima (Atti su «Alfabeta» 1987). È docente presso l’Università degli Studi di Milano, con laboratori di lingua e scrittura italiana. Sue poesie sono state tradotte in numerose lingue.

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