Con un linguaggio ritmato e ostico, Soluzioni fisiologiche (Vydia editore 2020, Premio Gianmario Lucini 2019) di Luciano Pagano “coglie l’essenza di tuttecose” ovvero la durezza dell’esistere. L’opera si avvale di una narrazione disarticolata che descrive la situazione di fragilità, malattia e morte, come normale stato dell’uomo diviso tra corsie di ospedali e visite mediche, ma pure stravolto nella percorrenza di strade e autostrade, simbolo del perché anche la Natura, grazie alla società umana, è malata. Tra le terre di nessuno, nel Meridione d’Italia, i rifiuti, le “bottiglie frantumate”, le “polveri incendiarie”, le “bombole del gas” e i “tronchi defunti”, non sono solo un immaginario, ma rappresentano lo stato della malattia della Natura, dovuto all’inquinamento e alla noncuranza umana.
Striscia qualcosa di biblico, quasi apocalittico, nella lettura, e si avverte forte la critica alla società per il suo proseguire senza risolvere i problemi, edulcorando tutto. Compito della poesia sarebbe quello di sciogliere la sua patina dorata per realizzare un primo piano che faccia da contraltare alla povertà del contesto umano, fatto di stereotipi e conformismi apparentemente incontrastabili. L’unica possibilità rappresentata da Pagano, con sarcasmo, sembra essere quella data dall’immagine del diluvio, un modo per poter ricominciare da zero.

La poesia fa da liquido di contrasto… Viene descritta da subito nel dolore della perdita di un figlio, da estrarre chirurgicamente e freddamente dal suo utero, mentre il Reparto di Ostetricia è avvolto dalla consuetudine felice delle nascite. Precisa è l’analisi del critico Simone Giorgino, che rileva come qualsiasi elemento biografico nell’opera retroceda “a gelida anamnesi; […] dietro l’apparente, anatomico rigore di questa cifra cinica cova un’inquietudine segreta, che l’autore ritiene opportuno e decoroso non esibire in pubblico: uno spazio davvero privato (privato anche dell’afflato lirico) in cui la consolazione – o più esattamente l’illusione – della poesia, se mai c’è stata, se mai è transitata nelle pieghe meno appariscenti delle vicende “fisiologiche” riferite, nell’aura di quelle corporeità cosali, ormai è sublimata e intestimoniabile”.
Nell’opera di Luciano Pagano, la realtà si interpone di fronte all’idillio narrato dalle forme di comunicazione del sistema capitalistico che, nonostante abbia eroso le risorse del pianeta, continua con le sue proposte di acquisti, compresi i biglietti riservati per la visione della felicità: sarcastica e emblematica, è la descrizione dell’uomo che fa volteggiare il suo drone sopra il Pantheon, che simboleggia la cultura come forma ridotta a consumismo ludico.

La società viene discussa a partire dalla banalità dei comportamenti umani, ormai completamente standardizzati e targettizzati, al punto tale che il filosofo, mandato sulla terra “a condurre l’indagine sui viventi” torna con un resoconto senza memoria, senza qualcosa di memorabile. Luciano Pagano osserva tutte le cose che degradano, pondera la decadenza e si fa delle domande sull’effettiva resistenza dell’uomo in seno a questa società, fino a sparigliare tutto, sublimando la stessa poesia “ai limiti della galassia” tra “i residui dell’umana spece“. Tra le macerie della civiltà, è la mancanza di qualcosa di memorabile che deve far pensare, forse la mancanza di poesia.

da Soluzioni fisiologiche (Vydia editore 2019)

III.

il tuo ventre conserva il cadavere
di una figlia – da due giorni smarrita
sulla via del sapone – veniamo a prenderla
a estrarla dall’utero a succhiarla
a lasciarla a pezzetti in una stanza di pane
per terra in ginocchio il reparto ostetricia
le risa – i padri ventenni – le attese
del mare – maggio – primavera –
quando tutto finirà
avrò dormito su ogni gradino
e cenato dietro una caserma
dopo aver comprato fazzoletti emollienti
nel monolocale che fu della massaggiatrice
Avarami
il giorno dopo torneremo a casa
senza dirci una parola per tutta la strada

XV.

visita cupole romane cappelle
in strada uno stronzo col drone
volteggia ad altezza uomo – sono tanti
uno stormo – una massa elettrica
olocausto di volatili che migrano
non c’è razza di sorta
che celebri meglio
il distacco della retina morale
la sclera che mostra come stanno le cose
un paese impossibile
crescita affluenza zero
una gomma da ingoiare
facciamoci una foto nell’ombelico del Pantheon coi
sovrani inceneriti
mentre tutto torna al punto di partenza –
bolo – colon – retto – culo

XVIII.

quando la pelle è esausta
di sera – lo specchio – le diciannove
sei tu – vivi disperi vivi
resti giovane se muori
né insegni né impari
la tua disperazione di curry
una scheggia per volta
sudore di tre giorni su vestiti
da buttare

sei tu – smetti di pioverti addosso
mentre dal parapetto di un Danubio
secco fu lanciata una linea di impermeabili
che resistono alla deforestazione

Luciano Pagano è nato nel 1975 a Novara. Vive nel Salento. Si è laureato in Filosofia nel 2002. Dal 2004 dirige Musicaos, rivista di letteratura, divenuta poi, nel 2014, casa editrice. Ha pubblicato le seguenti raccolte di poesia: Venenum (2000), Le poesie del Sol Levante (2004), Tautosemie (2008) e Soluzioni fisiologiche (Vydia 2019).

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