Dettaglio del Codice Banco Rari, in cui è contenuta Al cor gentil rempaira sempre amore

 

Il cor gentile come ideale borghese di elevazione spirituale *

Il concetto centrale dello Stilnovo, la Gentilezza che nella poesia cortese (trobadorica e siciliana) era vissuta sotto l’egida di una relazione feudale decisamente formalizzata, tra la Donna intesa come Domina (nel senso latino del termine “Signora”, “Padrona”) e il Cavaliere dedito al già elegiaco e classico servitium amoris, si colora vivamente di un’accezione nuova, tipica dell’ambiente borghese del Comune: la nobiltà, in questa nuova dimensione sociale laicizzata, non consiste più nella discendenza di sangue, bensì trova la propria sede confacente nell’organo eletto a topos erotico fondante, il cuore. A mettere in atto un tale processo di elevazione spirituale è proprio quell’Amore personificato che così compie la propria parabola letteraria cominciata con Andrea Cappellano e giunta, trasfigurata metafisicamente, fino a Dante. In questo senso, l’imago erotica della donna angelicata, che di per sé non risulta essere neanche figura nuova, bensì già siciliana (la si trova, ad esempio, in Jacopo da Lentini (1), assume il valore cristianizzato di una vera e propria beatrice (il nome della donna amata da Dante è il più “parlante” della storia della letteratura mondiale): la Donna svolge funzione beatificante tramite il sentimento che suscita nel cuore del poeta, permettendo così la purificazione dell’anima e l’ascesa nella sfera del Bene Morale attraverso un vero e proprio processo di nobilitazione spirituale, colto nell’atto del suo teofanico ed epifanico fieri.
Questo elemento accomuna un po’ tutte le personalità poetiche che si cimentano con la pratica stilnovistica, a cominciare da quel vero e proprio outsider che è anche il più anziano della generazione poetica in questione, il bolognese Guido Guinizzelli: lui per primo attuerà la stesura di un testo programmatico della nuova poesia d’amore (Al cor gentil rempaira sempre Amore) in cui compaiono i concetti della nobiltà derivata dall’esperienza amorosa e il superamento del contrasto tra l’amore terreno e l’Amore Divino per il tramite dell’azione purificatrice e salvifica della Donna Angelo, vero e proprio phainomenon, manifestazione o apparizione di Dio sulla Terra (come sarà poi esplicitamente in Dante: «tanto gentile e tanto onesta pare…»). Peraltro, se fosse vera la notizia in base a cui Dante era a Bologna nel 1287, egli sarebbe stato «il primo giovane fiorentino a rendersi conto di una nuova possibilità di poetare» e quindi potrebbe esser stato «proprio lui» a introdurre «il culto del Guinizzelli a Firenze» (2). L’importanza programmatica di Guinizzelli come fondatore dello Stilnovo è giustamente sottolineata anche da Erich Auerbach: «Guinizzelli […] sostituì alla Provenza cavalleresca la patria immaginaria del cor gentile, e questa cosa tutta spirituale, questa costruzione che era un ethos religioso e tuttavia non era la Chiesa universale, una patria comune ma non un paese terreno, fu la prima fede artistica indipendente della nuova Europa e l’unico legame che unisse tra loro i compagni del Dolce Stil Nuovo, un legame che stringeva così fortemente in comunanza di sentire i suoi maggiori rappresentanti da far sorgere l’atmosfera, inebriante e beatificante, di una lega segreta di sapienti e di amanti». In questa temperie, «il legame sociale dei provenzali è caduto; la comunità del cor gentile è un’aristocrazia dello spirito»; scrive ancora Auerbach che «la fonte della poesia, Amore, è di carattere religioso, e lo Stil Nuovo ha questa particolarità, che la sua ispirazione religiosa non è solo mistica, ma soggettiva in sommo grado: i suoi caratteri sono la potenza d’Amore quale mediatore della sapienza divina, il legame immediato della Donna col regno di Dio, la sua virtù di concedere all’amante fede, conoscenza e intimo rinnovamento, e infine l’esplicita limitazione di questi doni agli amanti, con la relativa polemica sdegnosa verso tutti gli altri, i rozzi e i volgari […]» (3).
Se già in Andrea Cappellano la probità dei costumi era considerata esclusiva della nobiltà d’animo (De Amore I,6: «morum atque probitas sola est, quae vera facit hominem nobilitate beari»), un tale concetto del cor gentile verrà approfondito e modificato a seconda della sensibilità e della poetica individuale dei singoli autori, fino alle estreme conseguenze, prima da Cavalcanti, con toni fortemente drammatici, sofferenti, metapatologici in senso quasi saffico (penso alla Saffo dell’eros come nosos, dell’amore inteso come malattia, condanna o dolore, che si estrinseca nel difetto di passione da parte della donna, nella negazione dell’amore o nella lontananza), e poi da Dante stesso, con l’intero cursus honorum della propria opera, dalle Rime giovanili alla Commedia. In un tale quadro descrittivo, Cino da Pistoia arriva a chiudere degnamente una stagione poetica e stilistica di grandissima potenza innovativa rispetto agli schemi e agli stilemi provenzali e cortesi, offrendo sé stesso come cerniera rispetto alla nuova stagione lirica del Trecento, tanto da essere tradizionalmente inteso nella storia della critica come una sorta di voce media pre-petrarchesca, con tratti non secondari di originalità e autonomia di senso e significato. Così, le figure epigonali di Lapo Gianni (o chi si cela davvero dietro tale nome), Gianni Alfani e Dino Frescobaldi vanno a completare tardivamente un quadro imitativo e pedissequo e tuttavia di indubbia rilevanza ai fini storico-letterari e di gusto.

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(1) Cfr. l’opus di Jacopo da Lentini XXXI, 1, vv. 3-4: «Angelica figura […] di senno e d’adorneze – sete ornata / e nata – d’afinata gentileze». Ma c’era anche Guittone, potremmo dire insospettabilmente a causa della sua avversità all’argomento amoroso e allo Stilnovo, 49, 11: «ch’angel di Deo sembrate in ciascun membro». Tuttavia, come ha notato giustamente Aurelio Roncaglia, «di donne angeliche formicola già la poesia italiana anteriore allo Stil Novo. «Angelica figura» ha la donna del Notaro, «angeliche bellezze» quella di Mazzeo di Rico, «angelico viso» quella di Monte Andrea, «angelica sembianza» quella di Guittone, addirittura «sovrangelica sembianza» quella di Pucciandone Martelli. Ma il paragone non ha altro significato che materiale; altro non pretende che esaltare la bellezza fisica, corporea, della donna […]» (A. Roncaglia, «Precedenti e significato dello “Stil Novo” dantesco», in Dante e Bologna nel tempo di Dante, Bologna, Commissione per i testi di lingua, 1967, pp. 13-34).

(2) G. Petrocchi citato da V. Russo («La poesia del Duecento») in Storia Generale della Letteratura Italiana a cura di N. Borsellino e W. Pedullà, Milano, Federico Motta Editore 2004, p. 400.

(3) E. Auerbach, «La poesia giovanile di Dante», in Studi su Dante, Milano, Feltrinelli 1991, pp. 25-26.

* Estratto dall’introduzione a La gentilezza dell’Angelo. Viaggio antologico nello Stilnovismo, a cura di Sonia Caporossi, Marco Saya Edizioni 2019, collana La costante di Fidia.

 

Guido Guinizzelli

Al cor gentil rempaira sempre amore
come l’ausello in selva a la verdura;
né fe’ amor anti che gentil core,
né gentil core anti ch’amor, natura:
ch’adesso con’ fu ’l sole,
sì tosto lo splendore fu lucente,
né fu davanti ’l sole;
e prende amore in gentilezza loco
così propïamente
come calore in clarità di foco.

Foco d’amore in gentil cor s’aprende
come vertute in petra prezïosa,
che da la stella valor no i discende
anti che ’l sol la faccia gentil cosa;
poi che n’ha tratto fòre
per sua forza lo sol ciò che li è vile,
stella li dà valore:
così lo cor ch’è fatto da natura
asletto, pur, gentile,
donna a guisa di stella lo ’nnamora.

Amor per tal ragion sta ’n cor gentile
per qual lo foco in cima del doplero:
splendeli al su’ diletto, clar, sottile;
no li stari’ altra guisa, tant’è fero.
Così prava natura
recontra amor come fa l’aigua il foco
caldo, per la freddura.
Amore in gentil cor prende rivera
per suo consimel loco
com’ adamàs del ferro in la minera.

Fere lo sol lo fango tutto ’l giorno:
vile reman, né ’l sol perde calore;
dis’omo alter: «Gentil per sclatta torno»;
lui semblo al fango, al sol gentil valore:
ché non dé dar om fé
che gentilezza sia fòr di coraggio
in degnità d’ere’
sed a vertute non ha gentil core,
com’aigua porta raggio
e ’l ciel riten le stelle e lo splendore.

Splende ’n la ’ntelligenzïa del cielo
Deo crïator più che [’n] nostr’occhi ’l sole:
ella intende suo fattor oltra ’l cielo,
e ’l ciel volgiando, a Lui obedir tole;
e con’ segue, al primero,
del giusto Deo beato compimento,
così dar dovria, al vero,
la bella donna, poi che [’n] gli occhi splende
del suo gentil, talento
che mai di lei obedir non si disprende.

Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,
sïando l’alma mia a lui davanti.
«Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti
e desti in vano amor Me per semblanti:
ch’a Me conven le laude
e a la reina del regname degno,
per cui cessa onne fraude».
Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza
che fosse del Tuo regno;
non me fu fallo, s’in lei posi amanza».

 

Sonia Caporossi (Tivoli, 1973), docente, musicista, musicologa, scrittrice, poeta, critico letterario, artista digitale, si occupa di estetica filosofica e filosofia del linguaggio. Con il gruppo di art-psychedelic rock Void Generator ha all’attivo gli album Phantom Hell And Soar Angelic (Phonosphera Records 2010), Collision EP (2011), Supersound (2014), Prodromi (2017), Anatomy of a trip (split con i Da Captain Trips, 2019) e le compilation Fuori dal Centro (Fluido Distribuzioni, ITA 1999) e Riot On Sunset 25 (272 Records, USA 2011). Suoi contributi saggistici, narrativi e poetici sono apparsi su blog e riviste nazionali e internazionali. Ha pubblicato a maggio del 2014 la raccolta narrativa Opus Metachronicum (Corrimano Edizioni, Palermo 2014, seconda ed. 2015). Insieme ad Antonella Pierangeli ha inoltre pubblicato Un anno di Critica Impura (Web Press, Milano 2013) e la curatela antologica Poeti della lontananza (Marco Saya Edizioni, Milano 2014). È presente come poeta nell’antologia La consolazione della poesia a cura di Federica D’Amato (Ianieri Edizioni, Pescara 2015) e, con contributi saggistici, nei collettanei Pasolini, una diversità consapevole a cura di Enzo Campi (Marco Saya Edizioni, Milano 2015) e La pietà del pensiero. Heidegger e i Quaderni Neri a cura di Francesca Brencio (Aguaplano Edizioni, Perugia 2015). Nel 2016 ha pubblicato la silloge poetica Erotomaculae (Algra Editore, Catania), nel 2017 è uscita la raccolta di saggi Da che verso stai? Indagine sulle scritture che vanno e non vanno a capo in Italia, oggi (Marco Saya Edizioni) e nel 2018 ha curato l’antologia La Parola Informe. Esplorazioni e nuove scritture dell’ultracontemporaneità (Marco Saya Edizioni 2018). Del 2019 sono il romanzo Hypnerotomachia Ulixis (Carteggi Letterari) e la curatela di critica e testi su Claudia Zironi Diradare l’ombra (Marco Saya). Dirige per Marco Saya Edizioni la collana di classici italiani e stranieri La Costante Di Fidia, per cui ha curato La gentilezza dell’angelo, antologia ragionata dello Stilnovo (2019). Dirige inoltre i blog Critica Impura, Poesia Ultracontemporanea, disartrofonie e conduce su NorthStar WebRadio la trasmissione Moonstone: suoni e rumori del vecchio e del nuovo millennio. Vive e lavora nei pressi di Roma.

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