Dalla premessa di Andrea Franzoni e Fabio Orecchini

Abbiamo invitato Mariangela Gualtieri, Antonella Anedda e Franca Mancinelli a dialogare con i sonetti delle Poetesse marchigiane del ‘300. Secondo l’uso antico, le poetesse convocate hanno risposto in versi alle scrittrici marchigiane, ciascuna secondo il proprio stile e le proprie affinità. Le relazioni tra di loro si sono instaurate spontaneamente – M. Gualtieri ha risposto a Leonora della Genga con una Lettera; A. Anedda ha composto un Sonetto disubbidiente in risposta al sonetto che Ortensia di Guglielmo indirizza al Petrarca; e F. Mancinelli, ha ritracciato frammenti di echi lontani nella vicinanza e intimità della sua poesia, scrivendo Con la forza del niente. I loro testi, oltre a rivelarsi imprevisti, mostrano anche uno spaccato della diversità di scritture nella poesia odierna, e una grande varietà d’approccio rispetto alla questione femminile,  secondo alcune delle nostre autrici più importanti. Il nostro obiettivo era quello di riproporre i testi di questo gruppo letterario sistematicamente escluso dalla nostra tradizione letteraria, composto di sole donne – e forse il più antico femminile ad oggi noto nella letteratura italiana – non solo riabilitandolo, ma permettendone una leggibilità diversa dalla lettura esclusivamente filologica, critica e accademica. Più che mai oggi, infatti, una lettura “poetica”, ovvero trasversale e inventiva, intuitiva e politica (più che tecnico-scientifica), si richiede alla trasmissione del sapere poetico, il quale, discreto per sua natura, sta collassando sotto il peso dell’enorme quantità di linguaggi e possibilità di trasmissione. Un dialogo esclusivo e intimo tra poetesse diverse di epoche diverse circa una questione oggi fondamentale per l’intera società – la questione di genere – ci è parso così rispondere pienamente all’imperativo posto a titolo della presente raccolta. Dialogo tra epoche, tra scritture, e, appunto, tra generi. Generi che, nelle opere dell’artista Simone Pellegrini, trasgrediscono le forme, potremmo dire degenerano, estendendo il dialogo all’ambito della visione. L’apparato figurativo di Pellegrini si situa precisamente in questo confine temporale lasciato aperto dalla parola, allo stesso tempo archetipico e futuribile, in cui tutto si trasforma e traduce continuamente, contagiandosi con l’organico, il vegetale e il biologico, proprio come sempre ha fatto la poesia. Figure piene di suono quelle dell’artista che, riannodandosi alle voci delle autrici, riescono ad incarnare quel «Tema, e speranza entro al cor mio fan guerra», di Ortensia di Guglielmo verso che forse più di tutti racchiude lo spirito di questo volume, inteso come contrazione massima del muscolo vitale e al contempo apertura di campo ad un flusso di speranza, verso l’indistinto.

Da Le poetesse marchigiane del ‘300: una generazione cancellata di Mercedes Arriaga Flórez e Daniele Cerrato

Andrea Gilio da Fabriano, uno degli eruditi più importanti del Rinascimento italiano, pubblica nel 1580 un trattato, intitolato Topica poetica, dove vengono descritte le diverse parti del discorso e le figure retoriche. A sorpresa, nella parte finale del volume, include dieci componimenti di tre poetesse marchigiane del Trecento, inedite fino a quel momento. Quattro sonetti di Ortensia di Guglielmo […], quattro di Leonora della Genga […] e due di Livia da Chiavello […]. L’elenco di questa generazione si completa un secolo più tardi quando, nel 1686, Giovanni Cinelli pubblica un sonetto di Elisabetta Trebbiani da Ascoli, amica di Livia da Chiavello […]. Crescimbeni infine, nella sua Storia della volgar poesia (1730), riporta notizie ancora di un’altra poetessa: Giovanna d’Arcangelo di Fiore da Fabriano. Grazie a queste e altre informazioni possiamo sin da subito definire «le poetesse marchigiane del ‘300» come la prima generazione di scrittrici della letteratura italiana. Non soltanto esse vivono nello stesso territorio e nello stesso periodo storico, ma anche, e soprattutto, sono legate da affinità culturali, tematiche e affettive. […] Le poetesse marchigiane non solo affermano il diritto delle donne a partecipare alle questioni pubbliche e ai problemi delle relative comunità di appartenenza, ma rivendicano il loro diritto ad una piena legittimità in letteratura, non già come personaggi, immagini o icone femminili (create dalla scrittura maschile), ma come vere e proprie autrici, ciascuna con le proprie aspirazioni, tanto di fama ventura come di gloria terrena. Queste aspirazioni, legittime negli scrittori, non saranno naturalmente viste di buon occhio nelle scrittrici: essendo donne infatti, il loro ruolo concerne la sfera privata, ove il maggior pregio è, a detta dei manuali di buona condotta dell’epoca, la discrezione, ovvero il silenzio. […] Tracciando le debite linee di convergenza fra le varie produzioni relative alla scrittura femminile nel Trecento, possiamo affermare che, tanto nella prosa religiosa come nella poesia lirica, le caratteristiche delle loro autrici sono le medesime: un soggetto femminile s’impone e sfida i convenzionalismi per collocarsi allo stesso livello dei suoi interlocutori maschi. Le poetesse marchigiane vengono così a costituire il tassello mancante per completare il quadro letterario di questo secolo, rivelando la dissidenza femminile non già come fenomeno marginale – se non altro in alcune classi sociali come la borghesia e la nobiltà – ma come una realtà già allora dotata di una propria espressione letteraria, in versi e in prosa, sia in ambito religioso che in quello laico. Il negazionismo di alcuni e la lettura personalistica e arbitraria di altri appaiono in conclusione come l’ennesima dimostrazione della frequente mancanza di rigore scientifico, e degli esiti nefasti a cui può condurre una critica guidata da pregiudizi culturali, che tende a cancellare e offuscare le donne dalla storia letteraria e, con esse, una parte essenziale del nostro patrimonio culturale. Il presente volume rappresenta così un nuovo capitolo di questa affascinante storia che, iniziata a Fabriano settecento anni fa, ha riservato nel corso dei secoli non poche sorprese, e che, ne siamo certi, molte altre ne serberà in futuro. I rapporti letterari, di sorellanza e amicizia che univano le poetesse marchigiane continua qui e si rinnova attraverso lo scambio e dialogo letterario con poetesse contemporanee, che raccolgono il testimone e i versi di questa generazione letteraria proseguendo la genealogia femminile di scrittrici. […]

da «TACETE, O MASCHI» le poetesse marchigiane del ‘300 accompagnate dai versi di Mariangela Gualtieri Antonella Anedda Franca Mancinelli (Argolibri 2020) a cura di Andrea Franzoni e Fabio Orecchini, figure di  Simone Pellegrini.

LEONORA DELLA GENGA

Tacete, o maschi, a dir, che la Natura
A far il maschio solamente intenda,
E per formar la femmina non prenda,
Se non contra sua voglia alcuna cura.

Qual’ invidia per tal, qual nube oscura
Fa, che la mente vostra non comprenda,
Com’ ella in farle ogni sua forza spenda,
Onde la gloria lor la vostra oscura?

Sanno le donne maneggiar le spade,
Sanno regger gl’ Imperi, e sanno ancora
Trovar il cammin dritto in Elicona.

In ogni cosa il valor vostro cade,
Uomini, appresso loro. Uomo non fora
Mai per torne di man pregio, o corona.

*

MARIANGELA GUALTIERI
da Lettera a Leonora

Cara Leonora,
ecco, ti scrivo 600 anni dopo.
Ti sento vicina.
Il grande sacrificio dell’energia femminile
di questo femminile dell’umano
non è terminato e nella più parte del pianeta
procede – come e peggio di allora.

Questo sacrificio lungo, non ben compreso ancora,
ha sbilanciato la specie. In più parti
i peggiori sono al comando. Non c’è concordanza,
armonia, grazia, gentilezza non c’è,
non c’è intesa con l’altro da sé, l’aver cura,
comprensione, pazienza, compassione,
accoglienza non c’è, tutte virtù mancanti.
E intorno natura a volte rispecchia e rilancia la stessa
mancanza, come specchio di noi, con inimicizia
di acque e venti sgarbatissimi e sommovimenti frananti.

[…]

*

ORTENSIA DI GUGLIELMO

Vorrei talor dell’intelletto mio
Tanto sopra me stessa alzar le penne;
Che potessi veder quanto sostenne,
Per amor nostro, il gran figliuol di Dio.

Come pieno di zelo ardente e pio,
Sendo egli offeso, a chieder pace venne.
Come, e qual fren con noi tanto lo tenne:
E come su la Croce al fin morio.

Ma vinta al fin dalla grandezza immensa
De l’audace disio ripiego l’ali
E dico, o grande amor, chi ti comprende?

Quando ti seguo più, tanto più sali;
Ti fai maggior, quanto più in te si pensa;
Te intende sol, chi fa che non t’intende.

*

ANTONELLA ANEDDA
da Sonetto disubbidiente

[…]

Ortensia, non scrivere a Petrarca (se è vero che hai chiesto il suo parere)
cosa vuoi che risponda – chiedi a un altro poeta (del futuro) scavalca i sessi
lascia che un’H s’illumini davanti alla vocale. Diventa Hortense, smetti
di essere virtuosa, poi trasformati di nuovo, diventa la libellula di Amelia,
disperdi il seme, l’umore, smetti di sospirare per la fama
disubbidisci
stai fuori dall’elogio e dalla rima, diventa spensierata,
filosofa dei boschi, deponi la speranza e la paura
diventa un corvo, una cornacchia, trovati da sola.

*

FRANCA MANCINELLI
da Con la forza del niente. Frammenti per voci scomparse

[…]

con la forza del niente
del non avuto mai
niente da barattare,
i gesti ricompongono una lingua
si allaccia al mio corpo un’armatura.
*
lungo la rete di sangue asfaltato
le ceneri dei luoghi
aspettano di viaggiare
come polvere sacra.

[…]

Leonora della Genga (1360) da Fabriano, degna di eterna lode, come una di quelle, che a’ tempi del Petrarca seppe farsi conoscere vera di lui seguace, ciò che non fecero tant’altri all’indietro rimasti. M. Andrea Gilio riporta nella sua Topica Poetica (1580) de’ suoi sonetti. Ortensia di Guglielmo, Signora di Fabriano fiorì nel 1350. Ai tempi del Petrarca, e per la nobiltà dello stile fu degna di moltissima lode. Si leggono dei suoi Sonetti nella Topica Poetica (1580) di M. Andrea Gilio.

Giustina Levi Perotti, ai detti del Menagio da Sassoferrato, e della nobile famiglia di Levi Francese: fiorì circa nel 1350 e secondo la maggior parte de’ Scrittori fu veramente ella che scrisse al Petrarca il Sonetto Io vorrei pur drizzar queste mie piume.

Livia da Chiavello, così chiamata perché moglie di Chiavello Chiavelli Signor di Fabriano prima Capitano di Filippo Maria Duca di Milano poi Colaterale della Serenissima Repubblica di Venezia. Ebbe ella vivace spirito, e purgato stile, fiorì nel 1380 e visse fino al 1410. Sta sepolta nel luogo della Romita di Fabriano.

Elisabetta Trebbiani, gentildonna Ascolana moglie di Paolino Grisanti. Il Crescimbeni riporta neí Comentarj un suo sonetto di assai buona idea. Fu di alto coraggio, e armata di notte tempo andava in compagnia del marito a cui molto piacevano l’armi, fiorì nel 1397.

Le brevi note biografiche, relative alle poetesse marchigiane, sono contenute nel primo tomo de Componimenti poetici delle più illustri rimatrici d’ogni secolo, volume redatto da Luisa Bergalli (1703-1779), nota scrittrice, librettista e poetessa veneziana. Edizioni stampate a Venezia, presso Antonio Mora, nel 1726.

Mariangela Gualtieri (Cesena 1951) poeta, ha fondato, insieme al regista Cesare Ronconi, il Teatro Valdoca, di cui è drammaturga. Fin dall’inizio ha curato la consegna orale della poesia, dedicando piena attenzione all’apparato di amplificazione della voce e al sodalizio fra verso poetico e musica dal vivo. Fra i testi pubblicati: Antenata (ed. Crocetti 1992 e in nuova edizione nel 2020), per Einaudi editore Fuoco Centrale (2003), Senza polvere senza peso (2006), Bestia di gioia (2011), Caino (2011), Le giovani parole (2015), Quando non morivo (2019). È coautrice di Album dei Giuramenti/Tavole dei Giuramenti di Teatro Valdoca Quodlibet, 2019). Fra i testi tradotti: Beast of Joy. Selected poems (Chelsea Editions, New York, 2018).

Antonella Anedda (Roma 1955) poetessa e saggista, ha pubblicato in poesia Residenze invernali (Crocetti 1992), Notti di pace occidentale (Donzelli 1999, Premio “Montale”), Il catalogo della gioia (Donzelli 2003), sino ai più recenti Salva con nome (Mondadori 2012, Premio “Viareggio-Repaci”) e Historiae (Einaudi 2018).

Franca Mancinelli (Fano 1981) è autrice dei libri di poesia Mala kruna (Manni 2007), Pasta madre (Nino Aragno 2013), Libretto di transito (Amos Edizioni 2018), uscito nello stesso anno con traduzione inglese di John Taylor, con il titolo The Little Book of Passage (The Bitter Oleander Press, Fayetteville, New York). Nel 2019 la stessa casa editrice ha pubblicato, con traduzione inglese di Taylor, un volume che raccoglie i suoi primi due libri e alcuni inediti, At an Hour’s Sleep from Here. Poems 2007-2019. Il suo nuovo libro di poesie, Tutti gli occhi che ho aperto, è in uscita per Marcos y Marcos nel 2020.

Figure di Simone Pellegrini

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