Francesca Serragnoli dà alle stampe la sua prima raccolta nel 2003, Il fianco dove appoggiare un figlio (Re Enzo) con una prefazione della poetessa Giovanna Sicari. Alcuni fra i suoi primi testi fanno la loro comparsa nella rivista “I cercatori d’oro” (NCE 2000); in seguito, altri compaiono in Nuovissima poesia italiana (Mondadori 2004), Mosse per la guerra dei talenti (Fara 2007), La stella polare (Città Nuova 2008). Nel 2010 viene stampata la sua seconda raccolta poetica Il rubino del martedì (Raffaelli) con una prefazione di Massimo Morasso e nel 2012 una ristampa ampliata della prima silloge già edita nel 2003.

Il fianco dove appoggiare un figlio è il primo libro e, come tale, vuole raccontare di un dolore (« L’aria è fitta di colonne / non ti vedo / il passato è il pugno che apro / sbendo, ti avvicini / ogni giro è una paura che svesto / arriverà il taglio») e di una nascita che è quella della poetessa stessa attraverso un figlio… «L’unica cosa che conta, che ci accomuna è quella della totalità dell’essere, ovvero quella della nascita, quel dolore – ammettere la nascita fino in fondo, vuol dire porre fine alla propria adolescenza, e non tutti ce la fanno, e sappiamo che questa ammissione vuol dire accettare il nostro dover morire», scrive Giovanna Sicari nella prefazione.
La poetessa pone fine alla propria adolescenza, accetta il dover morire e la sua nascita dolorosa si concretizza, poesia dopo poesia, attraverso gli occhi nuovi che le dà questo bambino: « Anche la sola idea / di venirti incontro male / scendere scale per niente / salire in battiti / a metà fra sincerità e pena / di vedersi coperti di fiocchi / che altri occhi / vogliono davanti / m’inchioda». Il vero protagonista delle sue poesie è il corpo, nella sua più umile precarietà ed esso si manifesta in versi spontaneamente ermetici, ma concisi, come fossero da tempo meditati e poi esauditi su carta.

Il secondo libro è Il rubino del martedì, dove troviamo una scrittura matura, consapevole del ruolo determinante che gli altri riversano nel cammino della poetessa. La Serragnoli, attraverso il sentimento della pietà che contraddistingue l’opera, come scrive Morasso nella prefazione («La pietà, la comprensiva simpatia per gli altri e, negli altri, per il Volto raggiunto dalla brutalità delle cose di cui ha scritto Adelia Prado, è il frutto di quel baudelairiano “magnetismo della ricorrenza” per la legge del quale l’esterno e l’interno si armonizzano reciprocamente nel ricettacolo di un’anima»), coglie l’importante semplicità del gesto quotidiano che nei suoi versi si vorrebbe anche come momento di crescita per il lettore; e in più, da questa tensione verso la semplicità (« questa è la nostra casa, / siamo sposati da cinquant’anni, / cinquant’anni? Davvero? E cosa facciamo adesso? / Stiamo qui, come abbiamo sempre fatto. / Ma cosa facciamo qui? / aspettiamo che viene sera poi mangiamo»), si mette in moto una concatenazione di domande che rappresentano la relazione stessa con Dio (« Dov’è l’identità infinita? / il nome che spacca la vetrata della vita? »), altro protagonista silenzioso di questa poesia.

 

da Il fianco dove appoggiare un figlio (Re Enzo 2003)

Anche la sola idea
di venirti incontro male
scendere scale per niente
salire in battiti
a metà fra sincerità e pena
di vedersi coperti di fiocchi
che altri occhi
vogliono davanti
m’inchioda
e nemmeno più muovo un gesto
alzo lo sguardo pesante
cerco di destare un saluto sono
una che cammina tacco tacco
rompe ovunque punte lunghe.
Ma quando ti vedrò
punto preciso della scala
scioglierò i capelli
le mie mani diventeranno correnti
uscirò dai paraventi inventati
trucco e paglia in terra
indurirò la corsa.
Accorgiti
sembra doloroso spingere
spargere lo spazio di gesti.
L’aria è fitta di colonne
non ti vedo
il passato è il pugno che apro
sbendo, ti avvicini
ogni giro è una paura che svesto
arriverà il taglio.
Sentirai pulsare dove ho punito
le nascite a colpi di braccia.
Cado e chiedo di girarti
sulle scale di cristallo
sono scivolata con la fede in braccio.
Non so più dove mi trovo
luce operatoria cielo doloroso…
questo è il luogo
dove lancio le mie paure come uccelli
o non avrò più un figlio.
Quando un bambino
di pochi mesi
con i riccio letti sudati
con un puntino rosso di zanzara sulla fronte
ride
mi si sgretola il corpo
la testa gira come la Terra
il cuore si contrae come una spugna.

 

da Il rubino del martedì (Raffaelli 2010)

L’aver visto mia zia scendere in barella
con quei vestiti della festa, vecchia
alzare il collo dopo mesi d’ospedale
con un fermacapelli a fiore
posato di lato in testa dagli infermieri,
aver visto mio zio pregare ad alta voce
perché tornasse un po’ guarita,
portarla a peso su una coperta per le scale
come la povera regina della sua casa
e lui appoggiato sul letto la guardava e rideva
come alla fine della guerra
e lei non si ricordava più
«questa è la nostra casa,
siamo sposati da cinquant’anni,
cinquant’anni? Davvero? E cosa facciamo adesso?
Stiamo qui, come abbiamo sempre fatto.
Ma cosa facciamo qui?
aspettiamo che viene sera poi mangiamo ».
L’altro giorno sono andata a trovarli
Trafficavano fra la cucina e il bagno,
zia Mira su una sedia a rotelle
zio Dante, che non aveva mai cucinato
faceva la sfoglia con le uova
sul fuoco un battuto d’aglio
che avrebbe svegliato i morti.
Dio secondo me li tiene al mondo ancora
perché è uno spettacolo guardarli
e non hanno altro che quel ridere della minestra
come rifatti bambini si tengono
al mignolo di Dio
gli occhi sventolano bandiere colorate.

*

C’è gente che ha solo i fiori sul terrazzo
non ha amici, non ha cene, non ha pub
versano lì il loro amore
i fiori li guardano innamorati.
Me lo ha detto una signora
sola in un marzo freddo
guardando con timore il cielo plumbeo
«aspetto che viene bel tempo
perché io non ho più nessuno sa
ho solo i fiori».

 

Francesca Serragnoli (Bologna 1972) laureata in Lettere Moderne nella città di origine, ha lavorato presso il Centro di poesia contemporanea nella medesima università e attualmente fa parte del direttivo. I suoi testi sono apparsi in numerose antologie, mentre i suoi libri di poesia sono Il fianco dove appoggiare un figlio (Re Enzo, Bologna 2003), ristampato nel 2012 con Raffaelli, in una versione ampliata e Il rubino del martedì (Raffaelli, Rimini 2010) poi confluito in Aprile di là (LietoColle/Pordenonelegge 2016). Collabora con la rivista clanDestino.

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