Si chiama “Per un’epica emancipatoria” la corposa e interessante prefazione che Davide Castiglione (critico sempre accorto e attento) dedica a questo Concerto per l’inizio del secolo (Arcipelago Itaca 2020) di Roberto Minardi.
E per un’epica emancipatoria sembra lavorare questo testo per cui, come scrive Gabriel Del Sarto, «di certo la questione dell’emancipazione, ossia della spinta evolutiva verso una nuova capacità di giudizio del genere umano, un modo diverso di stare al mondo, è una chiave di lettura quanto mai adatta» .
Roberto Minardi, mio conterraneo (Ragusa, 1977), è insegnante di Lingue a Londra, città dove vive dal 1999 e specola d’eccezione per guardare, con la giusta distanza, alla Sicilia, all’Italia e al suo ambiente culturale. La poesia dell’autore non sembra infatti orientata, come tanta parte delle pubblicazioni recenti, verso un’ombelicale ricerca del sé, né mette in mostra (e ce ne rallegriamo) ricercatezze metriche duecentesche spolverate per l’occasione.
Insomma si salva, Minardi, tornando a parlare del mondo a partire da ciò che il mondo regala, l’esperienza, il fenomeno. Da qui forse l’allusione del prefatore Castiglione a una sorta di scontro, di combattimento, tra i versi di Minardi e quelli del Mazzoni de La pura superficie: «La parte construens del Concerto, che sembra porlo agli antipodi del nichilismo di un libro cupo e definitivo come La pura superficie di Guido Mazzoni, va ricercata nella fede per la vita come forza biologica che prefigura l’emancipazione sociale».
Lo scontro pare esserci, in effetti, ma solo nelle conclusioni finali, se consideriamo il punto di vista, le imperfezioni stilistiche e le “cadute” ostentate da entrambi gli autori serbano una precisa volontà d’azione e guardano in una direzione storica non dissimile, in un certo modo antiletteraria, che uno risolve con il nichilismo e l’altro con la possibilità di continue aperture alla luce. Ma il messaggio di fondo sembra essere il medesimo: esiste la realtà e non si deve più cantarla assecondando (solo) la lirica tradizionale.
Due, in questo senso, sono gli elementi con cui Minardi costruisce la storia della nuova vita: il primo è senza dubbio il figlio, un nascituro che sembra presente a ogni cambio di pagina, in filigrana. Il secondo è invece rappresentato dalla costellazione di animali del piccolo mondo, dai merli ai roditori. Su questi credo ci si debba concentrare maggiormente, e su testi come L’uccisione del gallo, Tema della fine e L’unione dei merli (senza dimenticare il maiuscolo Materia per aperture alari del finale) in cui l’autore racconta il sentimento di sconforto nei confronti del mondo contemporaneo e dei suoi rapporti con natura e ambiente i cui protagonisti sono i soli capaci, con un lavorìo incessante e ignorato, di attivare il “moto magmatico” della vita.

Motivo per una nuova vita n.1

In qualità di roditore chiese alla noce di dargli del tempo,
perché sarebbe riuscito nell’impresa di forarla.
Data la tecnica balorda vennero a galla le fantasme,
si presentarono quasi in fila, spudorate, quasi in danza.
E non è come patire le pene degli inferi, ma viene
turbato da fitte vulcaniche e qualcosa va a perdere –
e una cosa dolcissima, una sola dolcissima punzione,
una veduta che esalti e la circolazione e il corpo,
che rubi corpo e elevi il tutto dalle bave, solo uno spunto,
date, date il la che condanni all’aperto amore, alare…
Sua moglie avvertì le prime doglie, le numerò, contraeva.
La vita stava per prendere nuovamente il moto magmatico
ed era questa la maniera di scoprire ognuno dei perché –
incrocio ottico di faggio, ciliegio a grappoli e sicomoro,
forse un cipresso, con spazio aperto per l’interpretazione,
dite papale chi sono e se tutti i sognati socialismi
permetteranno ai sé e medesimi di mettersi da parte…
E sogno non è ma una fragranza che si profila a tempo:
prima d’amare o durante bisogna giacere nei limbi.

 

L’unione dei merli

(femmina)

È già trascorso il tempo di cercare
in mezzo al fango e issare ramoscelli,
portarli fino alla grondaia in rame,
formare un covo che somigli al grembo.
Saltella ai bordi di un contenitore
dove un groviglio di bottiglie in vetro
diventa una tastiera di colori
contro la quale viene di beccare.
Caccia il lombrico sopra il corrimano.
Si ritrae buffamente alla vista
di un passante che scruta la scena;
batte con frenesia i remiganti,
dal suono è come se tagliasse l’aria.

(nati da poco)

Ci sono solo cerchi che si aprono
e fanno un poco male, si conficcano.
Poi un ammasso caldo ridiscende
e struscia, preme, lascia scivolare
piccoli corpi molli nella gola.

(maschio)

Un raggio incide e cambia il nero in bianco.
Se ne sta in alto e all’occasione imita,
così facendo attira le mire
dei malintenzionati su di sé.
Basta udire il trillo e accovacciarsi,
confondere il marrone col marrone.

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