Non c’è stato modo, al tempo dell’uscita, di parlare compiutamente de La vita così com’è, agile (a vedersi) libretto lanciato dai tipi di Marco Saya ed esordio poetico di Valentina Murrocu.
Se ne avessi avuto la possibilità avrei detto subito che Valentina è una poetessa, così, per toglierci il pensiero. Una poetessa originale, lontana da tanti morfemi usuali, dai loci noiosi della poesia contemporanea esatta. Una poetessa muscolare, con ferrei riferimenti (Mazzoni e Benedetti su tutti), autrice che causa nel lettore più di un dolore, più di una smorfia, come dev’essere, ritengo, con la poesia quando è vera poesia. Se infatti c’è una possibilità ermeneutica per il testo proposto da Murrocu, deve essere la medesima che offre il titolo della sua prima raccolta: la vita così com’è e dunque schietta, drammatica, puttana e maledetta.
Nei nuovi testi, in questi inediti che qui proponiamo, continua questo mondo dilatato, che procede rendendo impossibile il proseguire, impendendo al lettore di continuare, pena il disgusto per la vita, non per il testo. La poesia sta nel centro, dunque, come afferma la poetessa, tra vita e filosofia, tra azione e pensiero. Al centro, sì, ma di un limbo dove la narrazione pare sospesa tra un mondo e l’altro mondo, uno, quello di qua, pieno di file, di negozi, di attività banali che riguardano la vita di ognuno, l’altro, di là, abitato invece da labrene e mostri, un palcoscenico mezzo scassato dove, tolta la calotta di metropolitana che come un carapace li racchiude, I corpi galleggiano, respirano / sulla superficie delle strade.

 

Di seguito alcuni testi inediti di Valentina Murrocu

I

Il mondo dilatato mi appare senza
spazi, è la mente che si apre,
eppure, la poesia sta per il centro,
il cranio scoperto riconosce
nelle mani lo specchio alieno,
seziono la sedia per coprirla
di segmenti.

La poesia sta nel centro, dunque,
la sedia è segmentata, distruggere
o capire sono atti del medesimo
impulso, divengono istanze –
l’altro mondo, da lontano, non è una realtà
altra, le menti che lo compongono
vivono la vita delle piante –

eppure, l’acqua nei vasi traccia cerchi
il cui contorno si sfascia come nella mente
ampia; se vivere è percepire, dunque,
la somma delle menti è una proprietà,
come uno spasmo nel sonno, l’angoscia
del risveglio.
Distruggere e percepire sono la stessa cosa.

 

II

La metro come la calotta
della mente, guardare dal vetro
i passanti scomposti sui sedili –
quando immetto il mio organismo nel binario
vedo gli altri come viventi aperti, sono morti.

Dire la vita o la morte non è
qualcosa che ci riguarda –
un portatile sulla scrivania è una parete
che si apre di lato, ma una
grande visione nelle cose è un’unica
visione, l’atto della vista come
una pulsione altra.

«Quindi, un solo mondo, non questo,
ma la mente aperta negli oggetti,
la parete in cui proietto qualità
che si oppongono.»

I corpi galleggiano, respirano
sulla superficie delle strade.

 

I contorni degli oggetti

É un periodo che le cose mi vincono senza che capisca,
la mia faglia alla fine del mese come essere per la fine del mese
e tutto si riduce a questo, la vita di allora,
pensarci come si pensa una sequenza o qualcosa di irrelato.

A volte, mentre mi addormento, vedo sparatorie
o e-mail a cui non ho risposto, dico io
perché gli schermi, nel sonno, significhino qualcosa.

Soltanto la corsa mi perfeziona adesso,
mentre faccio jogging penso non ci sia niente
che dia gioia oltre i corpi che urtano,
qui la vita prosegue, allaccio le scarpe.

Mentre in Fortezza attraverso la strada ripenso
all’incidente sulla statale: la macchina distrutta,
il sangue dappertutto, ma lo dimentico,
il regionale per Pisa bloccato.

Spesso interpongo un filtro tra le mie parole
e le vostre, c’è un filtro, dico, che mi protegge
tra i contorni degli oggetti:

i barattoli, le cartine, l’esistenza.

 

Figlie

I commessi nel supermercato,
gli esseri che ci lavorano, non pensano
alle figlie di sei e undici anni, non parlano del dolore,
un dolore è normale – basta per non pensare
alle simmetrie sugli scaffali, al succo di frutta
o alle mozzarelle. Sono prodotti

che rappresentano i conflitti di classe, quando
esco a fare la spesa il dolore dei prodotti
mi rimanda alle asimmetrie
tra chi detiene il potere e chi lavora,
la maternità a ventinove anni,

un matrimonio organizzato
in fretta: questo dolore che comunico si sfalda
alla cassa. Fare di conto, imbustare,
usare parole credibili, giuste sono azioni
che mi attraversano – mentre facciamo

la spesa e urtiamo i carrelli.

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