Fotografia di Daniele Ferroni

Nota di lettura di Gisella Blanco

Il protagonista di questi testi di prosa poetica è il maiale: già a partire da questa caratteristica centrale, con chiari riferimenti letterari tra la micro-società storicizzata della fattoria orwelliana e il dramma psico-collettivo e coscienziale del macello ferrariano, si comprende come sia possibile, attraverso la parola poetica, delineare una figura liminare e latistante che, almeno in parte e a determinate latitudini ontologiche, rappresenti ciascun essere umano. La presente sequenza, qui rivista, corretta e riscritta con significative varianti, è l’evoluzione della prima versione de L’ultimo ballerino dell’aia apparsa a stampa per i tipi di Edizioni Lumacagolosa nell’aprile del 2019, a corredo delle significative foto di Daniele Ferroni, con una nota di Giampiero Neri, postfazione di Vittorio Cozzoli e traduzione al russo di Kristina Landa. Il linguaggio di Sissa, altamente proteiforme, mostra la sua cifra di riconoscibilità nella scorrevolezza del dettato in cui né la forma né i contenuti cedono mai a semplicismi espressivi, o ideologici. Il reiterato straniamento tra soggetto e oggetto, tra creatura e materia, tra un voi vocativo-perentorio e una dilaniante assenza di alternativa pronomiale che lascia trasparire un noi derelitto e perduto, dà misura della finitezza della carne e degli stralci di vita nella carne, lasciando un respiro aperto verso un altrove indefinibile.

Totem dell’aia

Con cautela, con lentezza, con paura, con desiderio di silenzio e di calma, di raccoglimento, con concentrazione e preghiera. Con profonda leggerezza, con gesti semplici, elementari, come disegnati col gesso sulla lavagna, col dito sul vetro della finestra o nella polvere, con gentilezza, con le maniche arrotolate, con le mani rosse e bagnate, con un sorriso assonnato, con la gioia della più cupa malinconia, tutto si prepara all’uscita di scena, all’angoscia da ultimo ballerino sull’aia deserta. Con gentilezza e terrore

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Ed eccoli gli uomini dell’alba, con le facce del millenovecento. E la rossa clorofilla del fiore animale. Fugge per i prati d’un tempo, lungo i fossi, a seminare il sangue nero di terrore, a cercare aria fra le zolle d’erba rinsecchita. Riesce a fuggire ferito, come una cometa di sangue impazzita attraverso i campi, nell’invincibile sincerità del tempo. Non senza affanno lo inseguono, lo trovano, lo riconducono al vallo di cenere. Ma intanto ha già intravisto, oltre l’ultimo fosso, un pezzo luminoso d’altrove.

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Quanto bianco si apre nei fiumi del sangue, quanto desiderio d’altre creature, di Dio. Ci guarda. Ancora ci guarda. Cammina verso di noi con l’oriente alle spalle. L’erba sono lenti fili di ghiaccio, minuscole candele dell’alba. Il tempo che rallenta non si lascia contare. Non c’è numero verso la lama.

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Il nostro totem se potesse ci mangerebbe. Mangerebbe i nostri bambini, l’anima dei prati, l’opaco sentire delle nebbie intere, ogni curva dei canali d’acqua, la gioia disperata delle feste. Gli è estranea la salvezza. Il rito non la prevede. Il rito considera solo la siderea luna, marea della terra e del sangue.

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Respira dentro, nell’oceano buio del suo ventre, dentro l’incongruo suo colore che diventa bianco d’anima, stupido angelo del letame, ottuso come l’amore. Con le arterie piene di stelle, piene di tamburi che battono nel lurido gelo che toglie sguardo allo sguardo, con acqua nei secchi, lame piene d’occhi e vapori. Nasce e nasce, nasce, continua a nascere e più muore più nasce, continua a nascere nella nebbia e il profumo traduce il suo grido, come in teatro i passi polverosi di chi porta notizie.

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L’aia è il porto di un’isola dietro il sole. Una corrida d’erba secca di brina e spalti silenziosi. Nebbia e vapore che sale ribollendo dalle caldaie, dalle pignatte, dall’inferno, dai mastelli. Corrida di squilli abissali nel silenzio del mattino. L’odorosa e prelibata morte. Ghiaccio e nebbia. Ogni cosa diventa boccone, fettina, intingolo, traduzione, nuova versione, vita che attraversa i fossi gelati d’inverno.

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Dai vetri di questa finestra chiusa sul bianco della neve prende forza il digiuno. Dal silenzio l’alto sospiro. L’albero di cachi vive di voli raccolti a manciate nell’esitare del mattino. Non cade, resta parola, senza cibo. Notte severa, di guerra, di gioco che non si sazia. Vela issata nella carne, nome arreso dell’inverno, altalena di freddo che conta il tempo che manca.
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Fiorirete di nuovo voi foglie, voi frutti, voi carne d’albero.

 

 

Giancarlo Sissa è nato a Mantova nel 1961. Vive a Bologna. Come poeta ha pubblicato nel 1997 Laureola (Book Editore) con postfazione di Alberto Bertoni, nel 1998 Prima della tac e altre poesie (Marcos y Marcos) con prefazione di Giovanni Giudici, nel 2002 Il mestiere dell’educatore (Book Editore) con postfazione di Alberto Bertoni, nel 2004 Manuale d’insonnia (Aragno) con postfazione di Roberto Galaverni, nel 2008 Il bambino perfetto (Manni) con postfazione di Antonio Prete, nel 2015 Autoritratto (poesie 1990-2015) (italic/pequod) con postfazione di Alberto Bertoni e Persona minore (qudulibri), nel 2020 Archivio del Padre (MC edizioni) con prefazione di Pasquale Di Palmo. Nel 2004 ha ideato e curato il volume Poesia a Bologna (Gallo et Calzati Editori). E’ presente in diverse antologie fra cui L’occhio e il cuore, poeti degli anni ’90 (Sometti, 2000), Il pensiero dominante, poesia italiana 1970-2000 (Garzanti, 2001), Le parole esposte, fotostoria della poesia italiana del Novecento (Crocetti, 2002), Poesia della traduzione (Sometti, 2003), Parole di passo, trentatre poeti per il terzo millennio (Nino Aragno, 2004), Trent’anni di Novecento (Book Editore, 2005), La linea del Sillaro (Campanotto, 2006), Vicino alle nubi sulla montagna crollata (Campanotto, 2008), Calpestare l’oblio (Argo, 2010), 100Thousand Poets for change primo movimento (qudu libri, 2013), I volti delle parole (Fondazione TitoBalestra onlus, fotografie di Daniele Ferroni, prefazione di Sebastiano Vassalli, 2014), Non ti curar di me se il cuor ti manca (qudulibri, 2015 e 2016), Sulla scia dei piovaschi – poeti italiani tra due millenni (Archinto, 2016), Passione Poesia – Letture di poesia contemporanea 1990-2015 (Edizioni CFR, 2016), Centrale di Transito (ceci n’est pas une anthologie) (Giulio Perrone Editore, 2016), Officine della Poesia 1. Bologna (Kurumuny Editore, 2018),Verso le sei di sera in Corte Dandini (peQuod Editore 2018), Ritratti di poeta (puntoacapo Editore 2019), Sospeso respiro – Poesia di pandemia (Moretti & Vitali, 2020) a cura di Gabrio Vitali, Distanze obliterate – Generazioni di poesie sulla rete (puntoacapo Editore, 2021). Dalla collaborazione con il fotografo Daniele Ferroni sono nati nel 2019 L’ultimo ballerino dell’aia tradotto in russo da Kristina Landa con prefazione di Giampiero Neri e postfazione di Vittorio Cozzoli (Edizioni Lumacagolosa) e nel 2020 Lentezza e silenzio e Il silenzio (Edizioni Pulcinoelefante). Del 2019 è le plaquette Il lupo (Babbomorto Editore) e del 2022 è Frontiera (Babbomorto Editore, 2022). Di prossima pubblicazione “Tamen” (Moretti&Vitali Editori. Le sue poesie sono tradotte in diverse lingue europee. Per anni ha prestato opera di “diarista e narratore in scena” per il Teatro delle Ariette e nell’ambito del progetto teatrale “Rosaspina, il tempo del sogno” di Alessandra Gabriela Baldoni. Dal 2010 conduce atelier di scrittura dedicati alle tematiche del Silenzio, della Sincerità, della riflessione autobiografica in prosa e in versi in Italia e all’estero.

Daniele Ferroni (1969) vive e lavora a Villanova di Bagnacavallo (Ra), è sposato con Silvia e ha due figli, Marco e Luce. Sin da giovanissimo si dedica alla fotografia e alla cura di mostre di ricerca fotografica, sulle tradizioni popolari romagnole e sull’ edilizia rurale. Da qui la partecipazione a diverse mostre collettive sul territorio romagnolo. Nel 2004 fonda una sua casa editrice “La lumêga lôva” che diviene nel 2005 “Edizioni Lumacagolosa”. Lavora con numerosi artisti, scrittori e poeti fra cui Michel Butor – il cui sodalizio nasce nel 2003 e si concretizza in numerosi progetti-, Dario Fo e Franca Rame, Pierre Leloup e Myléne Besson, Alda Merini, Mario Rigoni Stern, Ilario Fioravanti, Gian Ruggero Manzoni, Gaetano Orazio, Isabella Bordoni, Vittoria Facchini, Jack Hirschman, Franco Loi, Sebastiano Vassalli, Paolo Ruffilli, Stefano Simoncelli, Leonardo Cemak, Eugenio Vitali, Dante Medina, Vittorio Cozzoli, Valerio Grutt, Francesca Serragnoli, Fabio Franzin, Luigi Mariani, Franca Grisoni, Maddalena Bertolini, Paola Bigatto, Giulia Rusconi, Dato Magradze, Giovanni Tamburelli, Karel Sýs, Maurizio Cucchi, Maria Pia Quintavalla, Isabella Leardini, Giampiero Neri, Lamberto Pignotti, Giancarlo Sissa, Rosita Copioli, Dante Medina, Fabio Pusterla, Mary de Rachewiltz (figlia di Ezra Pound), Leonardo Cemak, Alba Donati, Eugenio De Signoribus. Giusi Quarenghi, Adelelmo Ruggieri, Beatrice Zerbini,… Ha collaborato con le riviste Icaro e Infonopoli, voci dell’Associazione Fonopoli, fondata da Renato Zero. Le sue fotografie sono pubblicate per le case editrici: Einaudi, Condé Nast, Fondazione Tito Balestra, Il Vicolo, I Quaderni di Orfeo di Roberto Dossi, Editrice L’Arcolaio, Puertabierta Editores, Noon Pubblishing House, Pulcinoelefante di Alberto Casiraghy, Raffaelli Editore, Società Editrice “Il Ponte Vecchio”, Qudu Libri, Giuliano Ladolfi editore, Pequod, Feltrinelli, Edizioni Kolibris, Pazzini editore, Gangemi Editore Roma, La Porta Nera di Carlo Oberti, Terra d’ulivi Edizioni (per Andrea Bassani) e Ga.Ele Edizioni, La nave di Teseo, Babbomorto Editore. Ha pubblicato, inoltre, su quotidiani quali: Il Resto del Carlino, Il Corriere di Romagna, La Voce di Romagna e La Gazzetta del Mezzogiorno, Il Giornale, il Corriere della Sera. Sue fotografie sono state pubblicate in Francia, Belgio, Messico, Venezuela, Spagna (Dante Medina), Repubblica Ceca, Svizzera, UK(Fawzi Terim), Portogallo (biblioteca nazionale del Portogallo), Stati Uniti(Simoncelli ed altri) e Georgia (Dato Magradze), Ucraina (Ljudmyla Djadcenko). Per la Fondazione Balestra collabora alla realizzazione nel 2007 del progetto “In viaggio con Michel Butor”, che lo vede in giro per l’Italia al seguito dell’artista francese, e nel 2011 è autore della mostra e del libro d’arte Périple Transalpin all’interno del secondo progetto “Michel Butor. Retour a Longiano”. Nel 2013 è uscito, sempre per la Fondazione Balestra, Nel disordine delle cose, un percorso fotografico dedicato all’opera dello scultore Giovanni Tamburelli. Negli ultimi nove anni si è occupato di un personale “censimento fotografico” dei poeti che, per nascita o per residenza, possono essere ricondotti alla Romagna. Dalla prima parte di questo lavoro è nata una mostra dal titolo Ris-volti inaugurata nel maggio 2012; il volume I volti delle parole, del 2014, rappresenta il compimento dell’intero progetto. Nel 2015 ha pubblicato il volume Il collezionista di vetri, una raccolta fotografica dedicata alla decadenza dei luoghi ed al loro abbandono da parte dell’uomo, con testi di Stefano Simoncelli.Nel 2017 ha pubblicato, per le Editions Notari di Ginevra, Altesses de la basse-cour, con testi bilingue, francese-italiano, di Michel Butor e Giovanni Tamburelli.Nel 2018 ha pubblicato, con Babbomorto Editore, il mini racconto De Gasperi, in sole 63 copie ed ha curato, insieme a Manuela Ricci, la mostra “Aforisma è poesia”, dedicata all’opera di Alberto Casiraghy e Luigi Mariani, che si è svolta a Casa Moretti di Cesenatico(Fc), da sabato 16 giugno a domenica 9 settembreNel 2019 è uscito il suo ultimo lavoro fotografico dedicato alla tradizionale uccisione del maiale in Romagna, con testi di Giancarlo Sissa, dal titolo L’ultimo ballerino dell’aia.Ha pubblicato oltre centotrenta plaquette con le Edizioni Pulcinoelefante di Alberto Casiraghy con il quale collabora sin dal 2003 e libri d’artista con le sue edizioni Lumacagolosa.Dal 2004 al 2022 ha presieduto l’associazione culturale “Civiltà delle Erbe Palustri” – ed ora ne è vice-presidente –  che si impegna nel recupero delle tradizioni del territorio romagnolo e nel tramandare le antiche tecniche di utilizzo delle erbe palustri. La stessa associazione è fondatrice, dell’”Ecomuseo della civiltà palustre” che ha sede a Villanova di Bagnacavallo.Ama la terra e le proprie origini. Ama i cucari (costruttori di fischietti) che attraverso l’argilla, raggiungono la loro massima espressione artistica.

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