Ordine. Crescita e sviluppo. Omeostasi e metabolismo – per regolare il proprio ambiente interno, crescere e ritardare il decadimento. Reazione e opportune risposte agli stimoli. Riproduzione – a scopo procreativo, trasferendo informazioni genetiche da una generazione alla successiva. Ed evoluzione, nel tempo [1].

Ma, […] è un parapetto di carta azzurro, a pieghe, il tempo. E la vita […] la curva straordinaria del tuo grembo, la cui linea centrale è un rigagnolo e ci dice del coraggio. Roberto Minardi, attraverso la sua opera Concerto per l’inizio del secolo (Arcipelago Itaca 2020), ci trasporta nell’epica della vita, ne svela sacralità e rituali. Ci offre una memoria collettiva di essa nel mondo odierno: e va oltre.

Perché è fin troppo semplice definire – e rintracciare – il significato di Vita nel suddetto insieme specifico di proprietà fisiche e chimiche, pur compilato da un nutrito gruppo di esperti e scienziati che, della vita, dovrebbe avere opportune conoscenze. Il poeta Minardi coglie ovunque guizzi di vita e ce li mostra, senza alcun riscatto o elevazione: Il sole accende le mosche, […] / mentre molleggiano in aria; / […] Il demente, intanto, canta il suo inno senza furia […]. / Si commuove al pensiero / che il bisogno di quel cane è lo stesso del suo esistere.

Aria, virus, sporcizia, acidi. Mosche e gatti. Intelligenza artificiale e uomo: tutti sono composti di molecole e atomi e particelle infinitesimali. Sono tutti vivi ma, dalla vita, escono tutti diversi: per la complessità degli intrecci molecolari e per l’intima integrazione degli stessi. Per le proprietà intrinseche – o manifeste – mostrate in quiete o attraverso lo sciame di reazioni e risposte all’avvenuta percezione dell’ambiente, e che il vivente produce per vivere, sopravvivere o perpetuarsi. Come colui che prende l’autobus con i graffi, le rughe, il rosso \ delle facce di passeggeri innocui \ con il cane nella gabbia da trasporto \ e sarà il formaggio di cui è pregno il cestino \ o l’odore […] che tiene insieme l’universo \ […] che tiene in bilico il pianeta terra \ mia moglie dice a nostro figlio che manca poco. Come […] la foglia puntellata di giallo e di rosso, molto prossima al suolo, e[…] l’aria guastata dal puzzo di assassinio, i pesci che ingrassano il lago e sbavano per il lombrico. Tutto è vita e, al contempo, il fatto di vivere.

I livelli di interpretazione, per questo, si accrescono e creano molteplici connessioni: ne consegue come una più profonda organizzazione biologica della Vivenza si caratterizza per la raffinata elaborazione – ed esposizione – di un concetto di vita eretto su struttura, funzione e influenza dell’ambiente: non c’è vivente se non nella misura in cui i valori di questi tre parametri restano in armonia. Ogni variazione di uno di essi influisce sull’insieme che reagisce modificando anche gli altri per tracciare una nuova ricerca – ed elaborazione – delle migliori condizioni per la Vivenza [2]. Lo stesso che accade quando […] due figure fendono la nebbia con il loro biancore \ le due figure fendono il mattino, sono esse stesse autunno, \ sono lo spirito della conservazione e il semaforo \ che attendiamo per attraversare. Poi ci si dimentica.

Debbo, di necessità, davvero misurare la vita? La vita non può essere un insieme di proprietà e confine, un tutto ciò che è al di sopra – mentre tutto ciò che è al di sotto non è scintilla. […] L’acqua, lo dice il maestro, è cedevole indi più resistente. \ […] vengo da lì \ .[…] E poco importa da dove arrivo ci ricorda il poeta Minardi.

Presumibilmente c’è poco o nulla da definire. Similmente affermò questo Claude Bernard [3] – a cui si deve, tra l’altro, il concetto di omeòstasi, fondamento della biologia moderna: per il filosofo esiste, non di meno, un’idea direttrice, pertinenza esclusiva della vita e la sua forza evolutiva, ma il fatto che la biologia sia una scienza sperimentale non la obbliga a definire il concetto di vivente ma a caratterizzarne la complessità secondo le leggi fisiche e chimiche della materia [4]. E, ancor meno, la biologia mostra interesse a definire la morte, che è la vita stessa a generare o ampliarne i contorni; allora […] morte all’intesa fra i capi, muoia la sudditanza \ […] protetta sia la lacrima che vuoi offrire \ […] pace alla flora, alle bestioline difficili da amare \ morte alla mia elemosina \ morte alla guerra che ci frulla in testa.

Distruzione, consumo e rigenerazione: ogni dinamismo vivente o del vivente, infatti – dalla contrazione dei muscoli all’attività cerebrale – lede l’organicità di un insieme, lo smembra e ne ricompone i tasselli, metabolici e tissutali, per generare il processo. Il poeta Minardi lo sa bene e raccomanda […] Ammesso che l’anima rientri nell’insieme che trema \ curiamoci di come disponiamo le nostre voci e i corpi.

Perché la vita – sostiene il fisiologo Xavier Bichat (colui che introdusse la nozione di tessuto e identificò nell’architettura organizzativa degli stessi la struttura intima a costruire e dare armonia a un vivente) – è l’ensemble des fonctions qui résistent à la mort. C’è solo morte, dunque? O, meglio, siamo vita in funzione di morte?

[…] Ognuno di noi crede di sapere che cosa sia la morte, perché si tratta di un avvenimento che ci è familiare […]. Può sembrarci […] quasi sacrilego mettere in dubbio la qualità di questa conoscenza […] e il voler utilizzare la ragione in una materia in cui solo il cuore appare essere competente. […]

scrive Robert Hertz, antropologo francese che fece tema privilegiato della sua ricerca la rappresentazione collettiva della morte

Quando poi ci si occupa di un essere umano, ci si accorge che i fenomeni fisiologici non sono tutto a riguardo della morte. All’avvenimento di natura organica si intrecciano e sovrappongono un insieme complesso di credenze, emozioni e azioni che gli conferiscono un carattere particolare [5].

Riti di separazione e aggregazione, azione ed emozioni si affollano per tutta la vita, animale e umana (tralasciamo, ora, la brillante multiformità dei reticoli cristallini in stelle, rocce e intelligenze artificiali). Dunque sia […] luce sul divano con il padre a lato \ ristagno di verdure lesse \ sala da pranzo cuore dell’unione […] e anche lode al […] cane che riposa il muso sulle zampe incrociate \ […] santissima voglia di poltrire che è in natura […] mentre quella volta […] sul ciglione in cui piangesti, nessuno vide, \ sentivi fresco e gli abitanti della terra non c’erano. Proprio in tale dinamismo di circostanze e azioni è da cercarsi la visione di una sua possibile modalità di lettura: ridurre il funzionamento della vita a formule, ponendolo al di fuori della questione della vita stessa o ravvisare, in essa, solamente un movimento di sopravvivenza ne svilirebbe la reale fenomenologia.

È allora possibile, per l’uomo, apprendere la violenza dai roveti, e qualche pietra \ […] con il pugno che non è facile dare e i mancamenti o vedere tremare la sigaretta con […] la vita che s’arresta a ogni calata, \ vita che la si pensa in linea retta \ destino inciso sulla cute delicata. Così come, semplicemente, […] Può essere che tutto si riduca al ricordo del pompino sfrenato.

Il tal modo, quando coscienza e corpo si accingono a sperimentare per conoscere, il tutto diventa esistenza soggettiva: ecco, allora, rivelarsi un vivente e un vissuto per nulla duali ma in connubio, e dove l’esperire l’azione di vivere implica, nel vivente, un’appartenenza al vissuto e per il vissuto.

Un’appartenenza [che è] attiva e tramite la quale il soggetto s’iscrive dinamicamente nel mondo, va verso di lui, vi si investe, se ne nutre. È un’appartenenza che si auto-costituisce senza sosta, che si rinnova e, per così dire, si verifica (così scrive Renaud Barbaras, filosofo e accademico francese, particolarmente interessato alla fenomenologia della vita [6]).

Oppure, ed è il poeta Minardi a dibattere, è più vero che […] avremmo dovuto imparare \ a non comprendere un’acca \ a rimanere in posa da autentici feti \ […] e non preoccuparci delle nostri pelli frivole \ essere punti, pungere restare, insomma, e lasciare che ci si costruisca attorno un riparo senza capire e avere nulla dalla vita? André Pichot – noto per i suoi contributi nei campi di epistemologia e storia della scienza – nel suo ‘Histoire de la notion de vie’ afferma che quanto San Agostino diceva del tempo può divenire chiara verità sul vivente:

Qu’est-ce donc que la vie? Si personne ne me le demande, je le sais; mais si on me le demande et que je veuille l’expliquer, je ne le sais plus.

Il senso nella vita e la specificità di essere (un) vivente, per il pensiero filosofico e scientifico occidentale, ha poco di nozione che non implichi il riferimento alle formule biochimiche delle sue funzioni. Il poeta Minardi sa quanto è fasullo poiché esiste il dono di un […] nutrimento lieve e un sentiero di campagna \ […] la beatitudine di un venticello che flette i rami \ rivolta il petto […] e anche […] un pensiero folle e uno puntuale \ […] oltre a[…] gocce di inferno distillato per capire.

Lo stesso Pichot, al pari di un precedente Bernard, intuisce l’incapace e colpevole azione della biologia molecolare moderna di collocare nella perfetta identità della materia – e delle leggi che la governano – l’unicità del vivente [7]. Come a dire, insomma, […] era estate perché ogni mattone forato inquietava \ sebbene nessuno spavento ebbe luogo […].

Qu’est-ce donc que la vie? Ciò che sempre resta da definire, e il fondamento stesso di un ordine che ognuno intimamente conosce, ammette Pichot. Nel tentativo di definire la vita è però stata tracciata una linea a un arbitrario livello di complessità e dichiarato: può essere Vivo o essere Morto, può essere che […] Dio voleva annunciare qualcosa \ […] o era l’estate che stona i cervelli \ […] incapace di tacere la visione.

Eppure, questa dicotomia fatica a esistere poiché difficile è trovare distinzioni tra viventi e un vivente inanimato: un insieme di atomi – microbo, roccia, reti neurali artificiali o cervello umano – è tale e non diventa improvvisamente vivo o muore oltre (o sotto) una certa soglia. Bene lo sa anche il poeta Minardi e suggerisce […] Segui \ fra tutti il più claudicante, quello con il viso meno preciso… perché […] gli storti mettono a repentaglio i vari sonni.

Ciò che abbiamo tra le mani (e sottopelle) è questa, una nuda vita: l’ipotetico grado minimo come semplice esistenza biologica – filo conduttore di molte delle ricerche di Giorgio Agamben e focalizzato da Martin Heidegger il quale, dando voce all’impossibilità di una ontologia della vita, ipotizzò un “nur-noch-lieben”, un “solo-più-vita” (o nuda vita, appunto) la cui consistenza ci è preclusa. Un residuo e il fondamento della vita conosciuta, insomma, e che, nel caso umano, incontriamo ovunque persa in affanno tra commerci e azioni politiche e, spesso, trasformata da questi in un bene economico [8]. Finché la vita decide di […] prendere nuovamente il moto magmatico \ ed era questa la maniera di scoprire ognuno dei perché.

Nuda Vita. Si torna, dunque, al principio. Ordine. Crescita e sviluppo (e tutto quanto segue ma, stavolta, con una scintilla di maggiore consapevolezza). In questo mistico Ouroboros senza inizio o fine, Vita coincide con Ritorno. Così a nulla servono le definizioni ma occorre solo essere […] partoriti di nuovo \ divenire il più fidato nemico di noi stessi \ stupirci per l’ultimo lembo di sole che vela l’arena, piangere, sempre tra Vita e Morte, perché come Roberto Minardi sa bene, dove batte il pugno chiuso non vi è niente.

 

da Concerto per l’inizio del secolo (Arcipelago Itaca 2020)

Testimonianza del rettilineo

prendo l’autobus con mio figlio e i derelitti
due anziani con poco cervello e un bel sorriso
la signora, quantomeno, lui ha i capelli incollati
e l’odore acre viene dal loro look, dall’intimo loro

prendo l’autobus con mio figlio e in fondo
un giovane in tuta parla al cellulare a voce alta
riporta l’aneddoto dell’ufficiale arrogante
ripete la mia ragazza la mia ragazza la mia ragazza

credo provi un certo dovere a essere scurrile
prendo l’autobus con i graffi, le rughe, il rosso
delle facce di passeggeri innocui e derelitti
prendo l’autobus con il cane nella gabbia da trasporto

cane che dalla retina annusa il passeggino di mio figlio

sarà il formaggio a cubetti di cui è pregno il cestino
o l’odore che non alita ma tiene insieme l’universo

l’odore che tiene in bilico il pianeta Terra
mia moglie dice a nostro figlio che manca poco.

 

L’ordine del sud

Eri malvagio col cane stupido, in compagnia,
però non orinasti nella vaschetta limacciosa
dove ogni pulce pomeridiana era una stella.
Per essere creduto meglio facevi un verso strano.
Le calze grosse, il latte caldo, uno schiaffo sulla guancia,
davano la misura di tua madre e del suo strigliare.
La natura si fonde alle infrastrutture dalla macchina;
tuo padre mai a corto di sentenze e il vento sui peli…
Apprendesti la violenza dai roveti e qualche pietra:
una volta, non a lungo, rotolasti nella polvere con uno,
con il pugno che non è facile dare e i mancamenti.
La volta sul ciglione in cui piangesti, nessuno vide,
sentivi fresco e gli abitanti della terra non c’erano.

 

Contrappunto n.4

In cucina i suppellettili ci sono e in abbondanza,
per tagliare, scorticare, abbrustolire, azionare
forze centripete e frulla in testa un’idea balzana…
Scorderai gracchi di rane, paesaggi luneggianti,
la potestà dei tuoi cari fabbricatori, inventori
d’un figlio principiante. Avrai la testa corretta.
Ti parrà tutto normale: la tecnica assai realista
con cui ritraggono i duchi, le loro fidanzatrici,
il volontariato d’obbligo, l’olio di oliva frammisto
ai pantaloni scontati, il culto del fatuo, il siero
per stirare le guance, i pulcini trasportati
sopra il nastro che li isola, l’azionista ligio e serio
che s’istilla negli sforzi altrui, nel loro creare,
mentre afferma che il soffio dei tuoi avi è trapassato.
Crescerai nell’ammortare le retoriche ormai vane.
Scoppierai dei palloncini con il dito sullo schermo,
per apprendere da subito a evitare ingenuità.
Chi t’appella è tuo padre, colui che il pudore ha perso.
Tua madre ha gli abbracci imbevuti di rivolta.
Né io né lei cantiamo «se il capitale non circola,
se non si può avere». Tu ci vedrai mangiare
con la passione del rito, chissà se comprenderai.

 

BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA.

1. Perché la vita, in realtà, non esiste – Le Scienze, 7 dicembre 2013.
2. Appunti sull’idea di vita tecnica a partire dalla Kritik der urteilskraft. Per un’archeologia della tecnica moderna – di Emanuele Clarizio,
Università di Milano.
3. Per una breve storia della nozione di vita – di Riccardo De Santis, Scienza & Filosofia n°1, 2009.
4. Forma e individualità nel determinismo biologico di Claude Bernard – di Annamaria Contini, i castelli di yale, online anno II, numero 2, 2014.
5. Contribution à une étude sur la représentation collective de la mort – di Robert Herzt – Academia.Edu.
6. L’evoluzione del concetto di vita in Renaud Barbaras. Da Introduction à une phénoménologie de la vie a Dynamique de la manifestation – tesi di Laurea in Studi Filosofici di Simone Rocchi, anno accademico 2015 – 2016.
7. Agamben, nuda vita, oikonomia – Minima et Moralia, 29 novembre 2011.
8. Qual è la vita che difendiamo? – di Lucetta Scaraffia, L’Osservatore Romano, 9 settembre 2009.

 

Roberto Minardi (Ragusa, 1977). Nel 1999 si è trasferito in Inghilterra, a Londra, dove risiede tuttora lavorando come insegnante di lingue. Dal 2005 al 2006 ha vissuto a Panama, dove ha tradotto poeti locali e pubblicato la sua prima plaquette in versione bilingue. Nel 2007 la Archilibri di Comiso (RG) ha pubblicato Note dallo sterno. Nel 2014 viene premiato con la pubblicazione della silloge Il bello del presente dalla casa editrice Tapirulan. Nel 2015 esce La città che c’entra (Zona Contemporanea), silloge che è stata segnalata all’edizione del 2016 del Premio “Montano”. A questa raccolta è liberamente ispirato il mediometraggio The city within, realizzato in collaborazione con il regista Tomaso Aramini. È autore egli stesso di alcuni video sperimentali. Oltre che in volume, suoi testi sono apparsi su riviste letterarie (Tratti, Semicerchio, La Mosca di Milano, deSidera), online (Atti impuri, Poesia 2.0, Carteggi Letterari, Atelier), su antologie di concorsi (Poesie al mondo, Tapirulan, Premio Anna Osti) e sull’archivio multimediale Phonodia dell’università Ca’ Foscari di Venezia. Sue poesie sono state tradotte in inglese, spagnolo e turco. È stato co-fondatore del progetto poetico “dopotutto [d|t] (una poesia italiana fuori)”. Alcune registrazioni di suoi componimenti si possono ascoltare nel canale YouTube PoesieRM.

Sito web: www.dopotuttonet.wordpress.com

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