Dalla prefazione di Paolo Di Paolo “I sottoscala del cuore”

Al posto di una introduzione, sarebbe stato più efficace – e più originale – proporre, per questa raccolta di poesie, una mappa. Una carta geografica su cui segnare spostamenti, soste, passaggi. Nomi di città, strade. Michele de Virgilio dice – in sede quasi proemiale – della bellezza di “escludere il mondo” (la solitudine e l’intensità della scrittura che cerca di rendere limpida l’esperienza). Eppure, nei fatti, non lo esclude; lo include – quasi letteralmente – nello spazio poetico. Include – nelle poesie low cost aperte da un’epigrafe non a caso firmata da un grande fotografo – sentieri di montagna in salita, fiumi e ponti di città europee, campanili e targhe, portici e fessure nei muri. Una volta inclusi questi pezzi di paesaggio, attiva «il pulsante della scrittura» perché guadagnino senso, perché siano davvero e fino in fondo toccati. […] La mappa di Tutte le luci accese di Michele de Virgilio non è facile da disegnare perché contiene, oltre ai luoghi, le persone. Trattate tuttavia anch’esse come pezzi di paesaggio – zone del mondo parecchio più vaste di quanto ne occupino o occupassero davvero. Luci accese, appunto. de Virgilio, da narratore in versi, fa di quel po’ di luce una storia, guidato da un moto di tenerezza mai retorica, talvolta direi persino fisica, verso l’esistente – quello più prossimo e quello meno prossimo. La vita familiare, l’infanzia – con certe madeleine «molto particolari» restituite dai «torrenti» della memoria. Un centro di salute mentale e i suoi “abitanti”. Un portalettere e una voce origliata senza volerlo. Mettiti in ascolto. Guarda a fondo. In un caffè vedi tutte le donne che hai amato. Nel fumo di un sigaro una parte di vita «indesiderata». Milioni di uomini potenziali in un fiotto di sperma. La delusione nello sguardo di un gatto. de Virgilio non spegne nessuna luce, prova a illuminare tutto. Lavora sul tratto di silenzio che c’è fra le pupille e come, dice lui, «i sottoscala del cuore». Costringe il lettore a seguirlo, a sostare lì, per quaranta secondi – il tempo di una canzone, di una poesia – e per un secolo, per migliaia di anni luce.

 

Da Tutte le luci accese (Giuliano Ladolfi Editore, 2018)

GUARDANDO I DUE LEONI SUL PORTALE D’INGRESSO DELLA CATTEDRALE DI ALTAMURA

Per essere precisi, è da 784 anni
che si guardano. Nei loro occhi un’intensità
che nemmeno Cesare
e Cleopatra ai tempi dell’Università.

Eppure la gente si ostina
a crederli inanimati. Nessuno
che si prenda la briga
di fissarli negli occhi
per vederli abbracciati.

*

UNA MADELEINE MOLTO PARTICOLARE

L’odore fresco dell’amuchina,
sparato nel naso la mattina, mi ricorda
la fine dei miei turni comunitari. Quando mi disinfettavo le mani
dalle mani strette
nel gesto cristiano del consolare oppure
in quello dell’asciugare
le lacrime fino a farle dirottare
in porzioni di risate. Dirò di più.
Mi fa pensare
a tutto quello che facevo con le mie mani:
eseguire profili glicemici; dare
affettuose pacche sulle spalle; avviare pullmini;
strutturare le docce nelle consegne;
e ancora, sfilare termometri dalle ascelle;
preparare terapie; dare paghette.

Oltre i torrenti
della memoria, mi ricorda
quando a una certa ora chiudevo tutto
e la vita vera diventava storia: sorgeva fuori
come un’alba celeste
da lungomari caraibici: e avanti con donne, amici, birre da ingollare, pizze
cotte in forno a legna da mangiare.

Fuori dal recinto delle cose organizzate
io vivevo le mie ragazzate e loro sopravvivevano.
Ma se non altro io me ne accorgevo e loro, ahimé,
non lo sapevano.

*

GLI ANNI

In un solo momento sono caduti
tutti gli anni per terra.
Non c’è stato verso di ricomporli,
né di ordinarli. Il vero ordine
era nel disordine
maestro dei volti e dei cin cin. In ogni miracolo
dettato dai pezzettini di incastrarsi
alla perfezione ai volti, ai seni,
ai risvolti delle ore attese nell’emozione
che si faceva calda e più limpida
soprattutto negli ospedali,
davanti a quei corpi imbevuti di storia
la storia che non conosce, la storia
che non sa, che pone l’accento
solo sulle ferite
trasferite dalle pupille ai sottoscala del cuore
e non dalle vene ai telegiornali.

 

Michele de Virgilio è nato il 24 Marzo 1988 a Molfetta, ma vive e lavora in provincia di Cuneo. Laureatosi in tecniche della riabilitazione psichiatrica presso l’Università degli Studi di Bari, nel 2010 pubblica per i tipi di Sentieri Meridiani (Fg) una silloge poetica dal titolo Ho visto uomini cadere (Menzione speciale al Premio Nabokov ed.2011). Nel 2013 viene menzionato tra i giovani pugliesi più degni di attenzione nel saggio del 2013 A Sud del sud dei santi, Lietocolle, a cura di Michelangelo Zizzi. Nello stesso anno, un suo racconto arriva finalista al premio John Fante. Nel 2017 suoi contributi appaiono su: Atelier Poesia; Centro Cultural Tina Modotti di Caracas; Robinson di Repubblica; Zondidisagio; Il Cartello; Poetarum Silva. Nel 2018 pubblica per i tipi di Giuliano Ladolfi Editore (Borgomanero) una raccolta di poesie dal titolo Tutte le luci accese (Prefazione di Paolo Di Paolo).

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