Particolare di una fotografia di Simone Consorti

Dalla nota dell’autore “C’era una volta Simone Consorti”

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Una volta morto, non ci sarà nessuno a parlare di me alla prima persona, né al presente né al passato. Nessuno, davanti al mio specchio, potrà dire io c’ero. Tutt’al più potrà affermare C’era una volta Simone Consorti, anche se la vita non sempre è una favola.
2
C’era una volta un ragazzo di tredici anni che non leggeva e non scriveva poesie, un ragazzo di quattordici anni che leggeva solo Mark Twain ma non scriveva, c’era una volta un ragazzo di diciassette anni che scriveva le sue prime poesie in rima. C’era una volta un ragazzo di vent’anni che buttava le poesie del ragazzo di diciassette anni. C’era una volta un ragazzo di venticinque anni che buttava le poesie del ragazzo di vent’anni. C’era una volta un uomo di quarant’anni che non ha buttato più niente, nemmeno gli appunti.

[…]

10

D. Uno dei temi del libro è il tempo, e quest’autunno di cui parlavi, più che un autunno autunno, è un momento sospeso. Aleggia ovunque una sorta di indecifrabile attesa.
R. Esatto. Per me l’attesa è la preghiera più discreta. Aspettarsi una cosa senza chiederla è la dimostrazione più estrema di fiducia o di fede che possa esserci. Infatti la fede la intendo come capacità di attendere oltre che di credere.
D. Ma l’attesa di qualcosa che non verrà non potrebbe condurre, come conseguenza estrema, all’ateismo?
R. Il contrario. Potrebbe portare ad abituarci ad aspettare, cioè ad avere ancora più fede. Potrebbe rafforzare questa attitudine, rendendola autentica al pari di una presenza.
D. Tuttavia aspettare non è in contraddizione con il cogliere il presente e vivere l’attimo? Che ne pensa del carpe diem?
R. Niente.

[…]

 

da Voce del verbo mare (Arcipelago itaca 2022)

 

Tre riflessioni nel mare

I
Certi mari certi laghi e certi specchi
si fanno proprio belli
prima di riflettermi
ma non ho mai capito
se è compassione o inganno
perché son proprio quelli
gli specchi che mi sopravviveranno

II
Il rumore della goccia
non è il suono della pioggia
in quanto ogni goccia
si posa e non si poggia
e ciò nonostante sarà lei
e non la preghiera o l’amore
a far traboccare il mio mare

III
Almeno quanto il cielo all’orizzonte
e in certe notti d’inverno
perfino più enorme
Eppure per saziare le tue onde
hai bisogno di mangiarti le mie orme

*

Thomas Bernhard

Dei me stesso che sono e non sono
io mi sento uno
ma non uno e trino
perché il secondo non comunica col terzo
che ha tolto la parola al primo

Ci si vede dico al cieco
ci si sente dico al sordo
tanto tra noi c’è un accordo

Questo grazie all’avo del mio discendente
cioè al discendente del mio avo
di cui vi parlavo

D’altronde allo Steinhof
i colloqui son previsti
dalle tredici e zero zero
alle sedici e zero zero
perché qui il regolamento
è un regolamento molto severo

*

La mia metà ha passato la frontiera

La mia metà ha passato la frontiera
e dice che mi aspetta
senza fretta

L’altra mia metà è ancora qua
vittima di solitudine e di moltitudine

Basterebbe un passo
indietro o in avanti
per essere uno
uno tra tanti

La mia metà ha passato la frontiera
in una notte d’inverno
di un giorno di primavera

L’altra mia metà si è fatta in tre
per ritrovarsi
ma ora deve sia seguirsi
che aspettarsi

*

Invece io son convinto che l’autunno

Solo nelle poesie francesi o in qualche quadro
le foglie cadono

Invece io son convinto che l’autunno
sia quel momento dell’anno
immobile sospeso
incastrato proprio in mezzo
fra ciò che è finito
e ciò che è iniziato da un pezzo

Mi piace zoppicare per le strade
in cerca della foglia che non cade

*

Voce del verbo mare

“Il vero infinito è il passato remoto
perché per l’eternità
nessuno potrà toglierci
ciò che è terminato già”
disse lui con un tono un po’ rude
“Semmai il passato prossimo
perché è iniziato ma non si conclude”

Poi riuscirono a litigare
perfino su come coniugare
l’infinito del verbo mare

*

Qualcosa è Paradiso

Qualcosa è Paradiso
se quando lo ricordi resta intatto
anche se è già infranto

Se mantiene un senso
una forma
un biglietto di ritorno
una memoria

Qualcosa è Paradiso
se puoi dargli appuntamento tra cent’anni
senza sentirti già in ritardo

 

Simone Consorti è nato nel 1973 a Roma, dove insegna in un liceo. Ha esordito con L’uomo che scrive sull’acqua ‘aiuto’ (Baldini e Castoldi 1999, Premio Euroclub 2000, Premio Linus). Ha pubblicato i romanzi Sterile come il tuo amore (Besa 2008), In fuga dalla scuola e verso il mondo (Hacca 2009), A tempo di sesso (Besa 2012), Da questa parte della morte (Besa 2015), Otello ti presento Ofelia (L’erudita 2018), La pioggia a Cracovia (Ensemble 2019). Ha pubblicato diverse raccolte di poesia, tra cui Nell’antro del misantropo (L’arcolaio 2014) e Le ore del terrore (L’arcolaio 2018). Le sue piéces Berlino kaputt mundi e Sterile come il nostro amore sono andate, con successo, in scena rispettivamente al Teatro Agorà e al Teatro Antigone di Roma tra il marzo e il giugno del 2018. Si occupa di street photography. In questo ambito ha tenuto mostre personali in Italia e partecipato a collettive in Francia e Russia.

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