Fotografia di Valerio Errani

Nota di lettura di Maria Pina Ciancio

“Spesso un bianco di pagina accoglie”

Dove nascono e come nascono le parole? Il fascino del loro esistere cattura tutti, ma di più chi scrive. E ancor di più i poeti, che sono rapiti dal mistero della creazione, dal loro disporsi sul foglio, cariche di umori, passione ed energia. Così concrete. Segrete. Tra luci e ombra, un’antitesi che è motivo ricorrente in tutta la raccolta. Forse un destino. “Non conosco altra vita se non nelle parole, / quelle mai dette o appena perse”.
Questo di Bonifacio Vincenzi è un libro che si interroga sul senso delle parole e sulla loro storia. Sulla responsabilità dell’uso del linguaggio che è dono e strumento di condivisione, così come sulla sua eredità. Quella della tradizione e dei legami. La raccolta si apre infatti con la dedica al padre e l’ultima sezione racchiude un gruppo di poesie dedicate al genitore scomparso, nel tentativo di ‘metabolizzare il dolore’  -come lui stesso scrive- ma anche per accogliere e custodire, attraverso di esse, l’eredità di un affetto e di un legame, quello della memoria e delle radici. La memoria dell’assenza e delle parole mai dette. L’autore sa che è grazie alla parola che il dolore non inaridisce, ma arricchisce e si fa vita, ecco allora il senso del titolo La vita delle parole che si completa di altre due sezioni Un soffiare di vento gelido nell’aranceto  e La memoria dell’assenza. Sono versi questi di Bonifacio Vincenzi che diventano il luogo della verità in cui recuperare il significato più autentico dell’essere, in contrapposizione a una società ipermoderna, iperconsumistica e omologante, dove il mondo è “una  grande teatro per una grande recita/ collettiva”. La fatica di vivere, le battaglie di tutti i giorni, la perdita, la speranza, il dolore e il male di vivere vengono affidati qui alla poesia e alla possibilità di una epifania miracolosa. In questa raccolta vibrante e accorata, dove domina spesso il verso breve o il frammento che condensa intuizioni e significati profondi, il fulcro centrale è costituito proprio dalle “poesie al padre” che l’autore, quasi per un senso di pudore e per allontanarne il distacco, dispone in chiusura di raccolta.

Da La vita della parola (II ed. Macabor 2021)

Chiedo al sentiero degli ulivi di ridarmi i tuoi passi
ma non c’è cielo ora
che riconosca il tuo sguardo
né passaggio o angolo di strada
a ridare senso al mio cercarti.
Solo uno spasmo di nulla
recita il dolore e il suo trionfo.

*

Lo sguardo è tuo lungo i pioppi
ventosi del sentiero.
Ciò che sento immagino sia
la sintesi di un giorno già violato,
un rimpatrio da troppo tempo atteso
nei pensieri di un altro
che conosce della memoria il peso.
Nello strazio degli alberi spossati
si disperde quel poco che resta
della trama

*

Un varco
una dimensione fortuita,
il sentire che trabocca.

Nella curva invisibile
un silenzio emerge
dalla trama delle ortiche

*

Scrivo di te ancora
e il bisogno mi spinge
potrebbe essere l‘erba alta
che trema nel frutteto
o la solitudine dei passi
nei fiati carichi di volti.
Potrei innalzarmi
dall’inesorabile bianco
della pagina
e sciogliere l’enigma
muschiato del ricordo.
ma resto fermo
in attesa di un prodigio.
Sotto il noce
la tavola imbandita
e tante sedie intorno.

*

Uno strano livore contagia
i volti della memoria,
non più stagioni né paesaggi
niente ritorna per restare.

Al lato del tuo destino
un singolare incrocio ci allontana:
la vita non comprende
la memoria dell’assenza.

 

Bonifacio Vincenzi, calabrese, nel suo vasto repertorio di pubblicazioni, ricordiamo le raccolte di poesia La tempesta perfetta (Aljon Editrice, 2009), Le bambine di Carrol (LietoColle, 2015), Bataclan (LietoColle, 2016) – Premio Francesco Graziano 2016 -, La vita della parola (Macabor Editore, 2020; seconda edizione, 2021); i romanzi Arrivederci, Letizia! (Editrice Il Coscile, 2000); Testimone un cane (Panesi Edizioni, 2015); Il raduno (Ensemble, 2018); Le strade del destino (Macabor, 2023). Attualmente dirige la rivista di poesia «Il sarto di Ulm» e la rivista di narrativa «Il sogno di Orez». È direttore editoriale di Macabor Editore.

Maria Pina Ciancio di origine lucana è nata in Svizzera nel 1965. Trascorre la sua infanzia tra la Svizzera e il Sud dell’Italia e da qualche anno vive a Roma nella zona dei Castelli Romani. Viaggia fin da quand’era giovanissima alla scoperta dei luoghi interiori e dell’appartenenza, quelli solitamente trascurati dai grandi flussi turistici di massa, in un percorso di riappropriazione della propria identità e delle proprie radici. Ha pubblicato testi che spaziano dalla poesia, alla narrativa, alla saggistica. Tra i suoi lavori più recenti ricordiamo Il gatto e la falena (Premio Parola di Donna, 2003), La ragazza con la valigia (Ed. LietoColle, 2008), Storie minime e una poesia per Rocco Scotellaro (Fara Editore 2009), ‘Assolo per mia madre (Edizioni L’Arca Felice, 2014), Tre fili d’attesa (Associazione Culturale LucaniArt 2022), D’argilla e neve (Ladolfi Editore, 2023). Nel 2012 ha curato il volume antologico Scrittori & Scritture – Viaggio dentro i paesaggi interiori di 26 scrittori italiani. Suoi scritti e interventi critici sono ospitati in cataloghi, antologie e riviste di settore. Recentemente è stata inserita nelle collettive: Orchestra (a cura di Guido Oldani) LietoColle 2010; Il rumore delle parole – 28 poeti del Sud (a cura di Giorgio Linguaglossa), Edizioni EdiLet 2015, Sud – Viaggio nella poesia delle donne (a cura di Bonifacio Vincenzi) Edizioni Macabor 2017, Il sarto di Ulm, Bimestrale di poesia, Macabor Editore, luglio-agosto 2020, Dizionario critico della poesia italiana 1945-2020 (a cura di Mario Fresa), Società Editrice Fiorentina 2021 Ha fatto parte di diverse giurie letterarie, ha vinto svariati premi e al Festival Internazionale di Poesia in Versi, in occasione del Premio Nazionale di Poesia “Calabria-Veneto 2023” I edizione, le è stato conferito il Premio alla Cultura per la PoesiaÈ presidente dell’Associazione Culturale LucaniArt e su internet cura il Magazine LucaniArt. Sito web: https://cianciomariapina.wordpress.com/

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